Smoke and Sacrifice – Recensione

Sviluppatore: Solar Sail Games Publisher: Curve Digital Piattaforma: PS4 Genere: Azione/Avventura Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 19,99 € Italiano:

Una madre, per il bene dei propri figli, è sempre pronta a tutto, persino a dare la caccia a esseri sovrannaturali. Su questo concetto si basa Smoke and Sacrifice, un ambizioso indie dello stesso stampo di Don’t Starve, che promette una maggiore focalizzazione sul comparto narrativo, pur non disdegnando il genere survìval, questo intrecciato a tante meccaniche da altri generi. Le premesse sono buone, ma non bastano di certo a dare un giudizio complessivo sul titolo, che andiamo ad analizzare in questa recensione.

Praise the sun!

Il mondo misterioso di Smoke and Sacrifice è pieno di pericoli, dominato da oscurità e gelo, dietro cui si celano immonde creature intente a uccidere a vista chiunque gli si pari davanti. Solo una ristretta cerchia di persone è riuscita a sopravvivere alla devastazione grazie ai soli artificiali, meccanismi in grado di replicare le proprietà del Sole, gli unici mezzi che garantiscono al villaggio un buon raccolto. Ma tutto ha un prezzo. Per permettere alla comunità di vivere in pace e con l’albero del Sole sempre attivo è richiesto alle madri il sacrificio di tutti i primogeniti.

Così ha inizio la storia di Sachi, costretta per il bene comune a sacrificare suo figlio Lio, che a causa di uno strano dispositivo – a seguito di un rituale – scomparirà nel nulla. Passano ben sette anni dal sacrificio, ma la madre è ancora in pena per suo figlio. D’un tratto i soli artificiali smettono di funzionare e permettono ai mostri di avvicinarsi, e allo stesso tempo un sussurro di una figura misteriosa rivela alla protagonista che Lio potrebbe essere ancora vivo, da qualche parte. Aggirata la Chiesa, Sachi riesce a intrufolarsi all’interno dello strano marchingegno e a farsi trasportare in un mondo sotterraneo abitato da ostilità, tra perfide creature e una misteriosa nebbia nera, capace di far perdere la memoria a chi la oltrepassa.

Comincia così la tragica avventura di Sachi, una storia valida e articolata che ricompenserà il giocatore con le risposte che cerca passo dopo passo. Una componente narrativa di tutto rispetto, che però fa prendere il sopravvento troppo spesso a missioni secondarie ripetitive, NPC poco credibili (in quanto si limitano collettivamente a ripetere le stesse linee di dialogo) e tanti tempi morti.

Crea, distruggi, ripeti

Quello di Smoke and Sacrifice si presenta come un mondo aperto in 2.5D (interamente disegnato a mano) con visuale isometrica. Lo scopo del gioco sarà quello di attraversare l’ambiente, che presenta molteplici biomi, e recarsi nei punti d’interesse elencati sulla mappa sbarazzandosi delle creature avversarie e raccogliendo quanti più oggetti possibili per costruire il proprio equipaggiamento. Il titolo, in ambito gameplay, si concentra con tutto sé stesso sul sistema di crafting, questo onnipresente e a tratti sfiancante, che costringerà minuto dopo minuto a creare armi, armature e oggetti vari intenti a rimpiazzare quelli in utilizzo, che si deteriorano troppo rapidamente. Diversamente dagli altri survival, Smoke and Sacrifice non presenta le classiche barre di fame e sete del personaggio, limitandosi a quella della salute, la quale è possibile riempire solo mangiando e bevendo oggetti grezzi o preparati, e alla barra della luce, un indicatore del mana. A tal proposito, il gioco offre una incredibile quantità di ricette da craftare e svariate possibilità di approccio grazie agli innumerevoli tipi di armi, da bastoni a spade fino a bombe e trappole. Sarà essenziale considerare il passare del tempo, con cicli giorno-notte che fanno la differenza sul campo di battaglia. Ci riferiamo alla nebbia oscura, che nelle ore notturne invaderà il mondo intero e costringerà il giocatore a creare delle speciali lampade (che, come tutti gli altri oggetti del gioco, si scaricheranno in pochissimo tempo).

Passeremo dunque la maggior parte del nostro tempo a collezionare oggetti utili per costruirne di nuovi, mentre l’azione passerà quasi in secondo piano. Questa è ridotta al minimo sindacale. Il movimento della protagonista risulta particolarmente lento e goffo, e di certo non accorrono in aiuto le meccaniche di attacco e schivata. A queste si aggiunge la possibilità di parare gli attacchi, che è quanto di più scomodo si possa immaginare. Premere il tasto relativo alla parata, infatti, scaricherà di molto la barra della luce e avvolgerà per pochi secondi Sachi in una barriera, che limiterà pesantemente i movimenti del personaggio. Considerando l’utilità della barra della luce, che rappresenta la carica di una misteriosa collana che prenderà il posto delle lanterne se scariche, parare diventa più un rischio che una sicurezza. Come se non bastasse, non è presente alcun sistema di level up, e ciò rende futili e snervanti gli scontri con i mostri che non rilasceranno gli oggetti di cui abbiamo bisogno. Una meccanica giusta quella del dosare le battaglie, ciononostante i mostri ci staranno sempre alle calcagna e, se veloci abbastanza, potrebbero non mollare la presa fin quando non ce ne sbarazzeremo, costringendoci a far deteriorare i nostri oggetti inutilmente.

Il mio peggior nemico è un carlino

Dopo qualche ora diventa evidente l’eccessivo backtracking proposto dal gioco, che costringe i giocatori a tornare nelle zone già esplorate per raccogliere i materiali utili per costruire gli oggetti necessari, come gli stivali e i cappotti, necessari per proteggersi dalle zone innevate. Sono fortunatamente accessibili dei tubi di trasporto, che, per l’appunto, trasportano il giocatore da un punto all’altro della mappa dietro richiesta di un tipo di monete difficile da reperire. E’ assente il salvataggio automatico, e questo potrebbe rendere ancor più frustrante l’esperienza di gioco. Non bisogna mai sottovalutare nessun mostro, in quanto dei nemici innocui all’apparenza – come le vespe – potrebbero nascondere delle hitbox sbilanciate e una quantità di danni spropositata che, unite alle trappole disseminate per il mondo e i crash improvvisi del titolo durante l’azione, in men che non si dica, vanificherebbero ore e ore di viaggi. Segnaliamo però un frame rate sempre stabile, con qualche problema di poco conto solo in caso di numerose esplosioni.

Nonostante il gioco sia interamente disegnato a mano, il level design di Smoke and Sacrifice è poco ispirato, in particolare ci riferiamo alla dubbia scelta di collocare due tipi di terreno diametralmente opposti uno di fianco all’altro. Fa un po’ strano camminare nella palude e con un solo passo trovarsi in una zona completamente innevata, senza un minimo di “introduzione”, anche se il gioco di Solar Sail offre ben sei biomi tra foreste, paludi, ghiacciai e zone industriali steampunk. Buono, però, il character design e lo stile di realizzazione degli equipaggiamenti, questi di vario tipo e tutti visibili su Sachi in ogni dettaglio, dai cappotti di pelliccia alle armature. Curioso il design dei nemici, che presenta tante tipologie di mostri. Vi sono mostri generici quali i blob e le vespe e poi polli giganti indemoniati, dinosauri e persino i pugbear, letteralmente dei carlini grossi come orsi. Povere d’altro canto le animazioni e dubbie alcune scelte di design legate alla narrazione, come il fatto che in sette anni non cambi assolutamente nulla nel villaggio e nell’aspetto dei personaggi. La situazione non migliora in ambito audio, con musiche anonime coperte dagli esagerati suoni ambientali.

Trofeisticamente parlando: gotta catch ‘em all!

Il set di trofei di Smoke and Sacrifice conta diciassette trofei di bronzo, tredici di argento e quattro d’oro più un abbordabile Platino. Essenzialmente bisognerà portare a termine la storia, compiere delle missioni secondarie e catturare determinati tipi di mostri. Nulla di estremamente complicato, bisognerà soltanto esplorare e armarsi di tanta pazienza.

VERDETTO

Smoke and Sacrifice ha molto più da dire rispetto a quanto si possa immaginare a primo impatto. E' un buon titolo che non fa affidamento più di tanto sull'aspetto classico dei survival, pur esagerando su determinati elementi, come il crafting e il backtracking, con minore cura negli aspetti action. Le sorprese in ambito narrativo, tuttavia, ci spingono a consigliare il titolo agli amanti del genere e a chi è alla ricerca di una bella storia, con qualche riserva.

Guida ai Voti

Andrea Letizia
Cresciuto a pane, Kamehameha e Crash Bandicoot, inglesizzato grazie a Kingdom Hearts. Grande amante degli action RPG e dei platform, dei cani e del wrestling.

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