SolSeraph – Recensione

Sviluppatore: ACE Team Publisher: SEGA Piattaforma: PS4 Genere: God Game Giocatori: 1 PEGI: 3 Prezzo: 14,99 € Italiano:

Non è la prima volta che ci occupiamo di titoli che cercano di realizzare un crossover tra generi, anche se non sempre con risultati ottimali. Non è passato molto dalla nostra recensione di Hell Warders, ad esempio, che proponeva un mix tra un tower defense e un RPG fantasy. Con SolSeraph, ultima fatica di ACE Team e SEGA, è invece il cosiddetto god game (con una decisa sfumatura di tower defense, a essere onesti) a fondersi con l’action platform, per un risultato interessante ma non esente da limiti tecnici e di gameplay. Scopriamolo insieme nella nostra recensione.

solseraph recensione

In principio era…

In principio era il Caos, ma un giorno Padre Cielo e Madre Terra lo allontanarono e crearono il mondo. Dopo essersi dedicati alle stelle e al sole, alla terra e all’acqua, alle piante e agli animali crearono finalmente l’uomo. Ma le divinità giovani, arroganti e crudeli nutrivano un desiderio di rivalsa sull’umanità, a cui era stato fatto il dono della memoria e della narrazione, e per questo la tormentarono con calamità naturali, disperdendo i popoli nel mondo e costringendoli a lottare per la sopravvivenza.

La sequenza iniziale ci introduce alla storia dell’universo di SolSeraph, mettendoci poi nei panni del semidio Elio, il cavaliere dell’Alba, a cui spetta il compito di aiutare i popoli a difendersi dalla minaccia delle divinità giovani. Tra costruzione di villaggi e strutture difensive, manipolazione del meteo per fertilizzare i terreni e lotta diretta ai mostri e alle divinità, dovremo diventare i salvatori dell’umanità.

Strategia e azione

L’idea di base di SolSeraph non è originale, ma richiama palesemente quella di un amatissimo gioco del passato. Parliamo di ActRaiser per SNES, un titolo che risale al lontano 1990 ma che ha rappresentato un’ispirazione fortissima per ACE Team. Il concetto di fondo è esattamente lo stesso: nei panni del dio Elio dovremo aiutare le popolazioni del mondo di gioco a svilupparsi, mettendoli in condizione di reperire risorse e facendo in modo che sappiano difendersi dai temibili mostri inviati dalle divinità giovani. Di tanto in tanto potremo assumere forma umana e calarci direttamente negli antri da cui provengono queste creature, per indebolire il boss di turno fino a sconfiggerlo in un incontro finale.

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Il titolo si suddivide nettamente in due diverse fasi di gameplay. La prima ci mostra, dall’alto, il mondo e le sei popolazioni che possiamo aiutare. Controllando Elio in forma divina possiamo selezionarne una e accedere a una mappa più ravvicinata da gestire secondo le modalità del god game. Queste mappe presentano aree nebulose, che nascondono gli antri nemici in cui dobbiamo intrufolarci. In queste sezioni, assunta la forma umana, passiamo all’action platform e alla lotta diretta contro i nemici, per completare livelli più o meno estesi.

Una gestione molto semplificata

Lo sviluppo delle popolazioni è gestito con modalità più che semplificate. Partiamo da una situazione iniziale in cui possiamo costruire solo case, fattorie per la produzione di cibo e segherie per il recupero di legno e arriviamo ben presto a sbloccare strutture difensive e strutture di supporto. Il tutto è molto all’acqua di rose. Dimenticatevi la complessità di certi strategici e preparatevi a edifici pronti in pochi secondi e senza alcuna animazione di costruzione e a nessuna opzione di potenziamento delle strutture. Non costruirete bei villaggi, insomma, ma strutture di difesa circondate da capanne il cui unico scopo è fornire uomini per contrastare i mostri.

Al centro del villaggio c’è un focolare, che va difeso strenuamente dalle creature che, a ondate, arrivano per distruggerlo. Tra guerrieri e arcieri, spuntoni sulla strada e interventi diretti con le nostre abilità divine (fulmini ed evocazioni saranno la nostra arma più importante) dobbiamo cercare di fermare i nemici e accumulare abbastanza risorse da costruire un santuario vicino alle aree nebulose. Solo così possiamo allontanare le nuvole ed entrare negli antri.

Verso il boss

Gli antri, per l’appunto, ci garantiscono l’accesso ad aree platform che potremmo raggruppare in due tipologie. In alcune ci muoviamo in una zona molto ristretta in cui i nemici compaiono arrivando dal fondo o dai lati, in altre siamo noi a procedere in livelli a scorrimento orizzontale o sviluppati in altezza. In ogni caso, eliminati i mostri e raggiunta la fine del livello, otteniamo un bonus salute e torniamo alla mappa del villaggio. Il tutto va ripetuto per ogni area nebulosa, fino a rendere disponibile l’antro del boss.

Quest’ultimo non si differenzia molto dagli altri, se non per la lunghezza e per la presenza, alla fine, di un nemico più impegnativo dei normali. Non ci sono, in realtà, grandi difficoltà e complessi pattern da memorizzare, per una battaglia che portiamo casa spesso al primo tentativo. Ucciso il boss otteniamo il suo potere speciale, da usare nel resto del gioco.

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Quotidiana amministrazione

SolSeraph non è un gioco brutto, ma poco ambizioso. Il meccanismo, pur molto semplificato, funziona e intrattiene, ma solo per un paio di popolazioni. Più si procede, più si ha la sensazione di ripetere le stesse azioni senza grandi differenze. Costruire case, impostare le difese, allargare i confini per trovare nuove risorse, rinforzare le difese, liberare gli antri. Mai un imprevisto, mai una novità se non qualche struttura che viene aggiunta alla ruota di costruzione.

Anche la parte platform non brilla. I nemici sono pochi e per nulla intelligenti. Ognuno attacca in modo diverso, ma si ha sempre la meglio in una manciata di colpi, senza contare che lo scudo ci protegge da quasi tutte le minacce. La vera difficoltà sta nel salto da una piattaforma all’altra, che, a causa di una risposta non precisissima all’input del controller, può portarci alla morte costringendoci a ricominciare da capo. Nel complesso, comunque, c’è un che di freddo e meccanico nel gameplay, che rema contro al coinvolgimento e rende SolSeraph un titolo appena sufficiente.

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Dal punto di vista della grafica il gioco non si difende male, soprattutto nella realizzazione delle ambientazioni delle sezioni platform. Sebbene costituite da elementi ripetitivi, questi sono abbastanza realistici, al punto che il design dei nemici (un realismo cartoonesco, per così dire) quasi stona al loro interno. Bene il tentativo di variare le caratteristiche del territorio nelle diverse aree geografiche, anche se di fatto percepiremo ben poche differenze, mentre sono piuttosto banali e limitate le animazioni del protagonista e dei nemici.

A livello audio gli effetti sonori delle battaglie, sia nella modalità strategica che in quella platform, sono appena accettabili. Nessun doppiaggio accompagna l’avventura, narrata attraverso il testo se non per quanto riguarda la cutscene introduttiva in inglese, e la colonna sonora di sottofondo rimane piuttosto anonima.

Trofeisticamente parlando: 100% indolore

I dodici trofei di SolSeraph, che non includono il Platino e propongono al massimo una singola coppa d’oro, sono legati di fatto al completamento di tutte le aree del gioco. Una volta compresi i meccanismi, non sarà difficile ripulire tutti gli antri e arrivare ai boss finali, decisamente abbordabili. Gli unici ostacoli potrebbero essere la boss rush legata al trofeo d’oro e la necessità di finire un antro senza subire danno, ma è una difficoltà dovuta a certe imprecisioni nei controlli più che alle specifiche richieste.

VERDETTO

SolSeraph ripropone su console di nuova generazione un'idea risalente agli anni Novanta e realizzata da ActRaiser. In entrambi i giochi il god game si combina con l'action platform per un'esperienza che dovrebbe prendere il meglio dei due generi. Dovrebbe, perché, almeno in SolSeraph, il risultato è un gioco né carne né pesce, che incuriosisce all'inizio e stanca molto presto, senza personalità e che non osa mai superare i limiti di un manierismo imperfetto.

Guida ai Voti

Jury Livorati
Classe ’85, divido il tempo tra la moglie e i tre figli e le più svariate passioni. Amo la lettura, la scrittura e i videogiochi e recito dal 2004 con l'Associazione Culturale VecchioBorgo. Eterno bambino, amo la vita e guardo sempre allo step successivo, soprattutto se è più in alto del precedente. Sono grato a PlayStationBit per avermi fatto scoprire la (sana) caccia ai trofei e i Metroidvania.