The Inner Friend – Recensione

Sviluppatore: Playmind Publisher: Playmind Piattaforma: PS4 Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 19,99 € Italiano:

E’ noto ormai riferirsi ai videogiochi come “esperienze”. Esistono, assolutamente, dati oggettivi da valutare, come il gameplay o la qualità tecnica, ma l’esperienza è quella che alla fine fa pensare al giocatore di averci guadagnato veramente qualcosa. Tra i titoli più blasonati e recenti in cui poter riassumere il concetto di esperienza troviamo Death Stranding o What Remains of Edith Finch, per esempio; The Inner Friend si colloca proprio tra questi videogiochi così concettuali e intimi. Il titolo sviluppato da Playmind è una brevissima ma brillante avventura horror che fa del suo fulcro la forte introspezione, catapultando il giocatore in ambienti onirici distorti e capaci di far correre più volte dei brividi lungo la schiena di chi è al controller. Mettetevi comodi, dunque, è preparatevi a fare un viaggio tra i più remoti incubi infantili cercando di riparare la psiche di un uomo ormai distrutto.

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Hai un amico in me…

Purtroppo ciò che succede in The Inner Friend non può essere del tutto presentato con le solite frasi di rito. Sarebbe sbagliato darvi il benvenuto in questa recensione, più nello specifico in questo titolo, data la sua natura estremamente angosciante. Attenzione, però, non ci troviamo a Silent Hill. Qui le paure dei giocatori non verranno portate al limite, semplicemente il gioco vi lancerà subito in scenari onirici terrificanti, senza se e senza ma. La trama del gioco risulta essere difficile da spiegare e come molti dei titoli odierni sarà compito del giocatore costruire una personalissima lore e tirare le somme alla fine. Il gioco si svilupperà negli incubi infantili del protagonista, che troveremo su un letto, in un lugubre appartamento giusto all’inizio dell’avventura; il personaggio inizierà ad avere degli incubi e ciò che faremo sarà il lanciarci letteralmente nella sua mente per poi ritrovarci in una stanza vuota con una crepa sulla parete. Ciò che controlleremo sarà un’entità simil bambino-manichino che si rivelerà essere l’Ombra, una parte del subconscio che cercherà di riparare agli incubi e riportare la calma nella mente del protagonista. Superata la crepa nella parete, si inizierà a precipitare, senza uno scopo apparente, salvo poi capire che bisognerà entrare nelle costruzioni presenti in questo loop per ritrovarsi negli effettivi livelli di gioco, di cui non è chiaro l’ordine.

I livelli, costruiti veramente bene a livello artistico, non saranno altro che corridoi che vi faranno elaborare il perché, magari, quel dato luogo avrà avuto una ripercussione così negativa sul protagonista. Il livello nella scuola, per esempio, potrà far immaginare gli anni bui passati tra quelle mura, un periodo della vita che ognuno di noi ha vissuto, lasciando quindi non poco spazio all’immedesimazione e ai ricordi che qualcuno magari ha superato, mentre altri hanno preferito sotterrare e dimenticare. Il giocatore, come Ombra, avrà il compito di ripercorrere questi scenari onirici e di cercare di arrivare a capo di come fermare gli incubi e riportare alla luce i ricordi piacevoli nella mente del protagonista, ricordi che avranno forma di oggetti che andranno poi a ricostruire la stanza con la crepa nel muro.

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… un grande amico in me

Ora, se concettualmente e visivamente The Inner Friend funziona, e anche molto bene, appena prenderete il controller però vi renderete conto che qualcosa non va per il verso giusto. Playmind, probabilmente molto orientata a offrire un’avventura dalle tinte horror più visiva che altro, avrà, purtroppo, dimenticato che, senza una buona parte giocata, il titolo potrebbe far storcere il naso a molti giocatori. Il gioco pecca nel gameplay, che risulta essere scarno e poco curato, basato sulla pressione di pochi tasti che faranno interagire l’Ombra con collezionabili e oggetti di gioco che serviranno per la risoluzione degli enigmi. Questi ultimi non particolarmente ispirati, almeno per chi ne ha risolti tanti nella propria “carriera” da videogiocatore, e che non faranno altro che far sperare in una rapida risoluzione, non del livello ma del gioco in toto. Arrivati più o meno alla metà, non si potrà far altro che iniziare a notare quanto effettivamente siano ripetitive alcune situazioni, che avranno il solo scopo di allungare un brodo che poteva essere molto migliore se condito con i giusti ingredienti.

Purtroppo il gameplay risulta essere una parte fondamentale di un titolo strutturato in questo modo. The Inner Friend non è un’avventura grafica, un walking sim o un film interattivo, il gioco ha fasi platform estremamente dinamiche che diventeranno frustranti a causa dell’input lag, collisioni su oggetti dello scenario che bloccheranno i movimenti del personaggio e una telecamera che molte volte farà un po’ quello che le pare. Molto positivi i caricamenti, che non vi faranno attendere troppo (tra un game over e l’altro).

Più di un amico in me

A farla da padrona troviamo atmosfere sapientemente costruite e una colonna sonora incalzante, che farà divertire i fan di sintetizzatori e suoni tipicamente anni Ottanta, come le composizioni di Giorgio Moroder, ma che i non conoscitori del genere avranno già apprezzato in serie TV come Stranger Things, a cui The Inner Friend ruba, in buona fede, anche qualche concept artistico dei personaggi.

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Ma il gioco vale effettivamente la candela? Tirando le somme, il titolo risulta essere estremamente soggettivo; per gli amanti del cinema, dei buoni racconti e dell’introspezione, The Inner Friend è una perla. D’altro canto, complice un gameplay poco ispirato, a tratti ripetitivo e con pochi momenti conditi da ciò che è terrore assoluto, il giocatore più concreto e avvezzo al videogioco come “intrattenimento” potrebbe veramente rimpiangere l’acquisto. Tantissime ottime idee, quindi, trasportate egregiamente su schermo e capaci di lasciare il segno in chi si approccia a questo titolo, ma purtroppo non abbastanza positive da riuscire a passare oltre gli evidenti problemi tecnici che, però, fanno ben sperare per i progetti futuri di Playmind, casa di sviluppo da tenere d’occhio.

Trofeisticamente parlando: The Inner Trophies

Purtroppo The Inner Friend risulta essere sprovvisto di Platino. Una scelta che forse limiterà un po’ l’acquisto da parte dell’utenza legata alle coppe PlayStation. I trofei di gioco in totale sono dodici, non particolarmente ostici da guadagnare e che comprenderanno azioni da svolgere durante determinati livelli e il raccoglimento degli amati collezionabili, che porteranno anche a un finale segreto. Vale quindi la pena di aguzzare la vista e raccogliere questi ventuno oggetti sparsi nel mondo di gioco!

VERDETTO

The Inner Friend è un horror psicologico caratterizzato da forte introspezione, buone atmosfere e un ottimo comparto audio. Meno ispirati invece il lato tecnico e il gameplay, capace di regalare non poche rogne al giocatore e che spezza continuamente la sensazione di angoscia del titolo, facendolo diventare a tratti noioso o frustrante. Consigliato solamente se si è pronti a lanciarsi in un'avventura poco giocata, e magari scontata, a un prezzo inferiore rispetto a quello originale.

Guida ai Voti

Raffaele Verde
Anche se i videogiochi sono la sua passione, fin dalla tenera età, continua, ancora oggi a cercare di capirci qualcosa, ovviamente senza riuscirci.