Vaporum – Recensione

Sviluppatore: Fatbot Games Publisher: Merge Games Piattaforma: PS4 Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 29,99 € Italiano:

Un protagonista sperduto in mezzo al mare, senza memoria; una torre metallica che troneggia minacciosa sulle acque; la sensazione che l’unica via percorribile sia quella dentro al mostro metallico, sebbene difficoltà e pericoli non mancheranno… L’incipit non può non far venire alla mente BioShock, il capolavoro di Ken Levine, ma siamo di fronte a tutt’altro gioco, ossia Vaporum dei Fatbot Games, che nulla c’entra né come trama che come tipo di gioco. Vediamo di cosa si tratta.

Steampunk dungeon crawler? Sì, c’è quasi tutto…

Il gioco è programmatico fin dal sottotitolo: riporta infatti la dicitura “steampunk dungeon crawler”. E siamo senza alcun dubbio di fronte a un dungeon crawler in piena regola, con il nostro personaggio e gli antagonisti intenti a muoversi al pari di pedine sulla scacchiera, come se stessimo usando delle griglie cartacee in un TRPG. La sensazione è quindi quella di un movimento “d’altri tempi”, tipica di questo genere di giochi e di certo non in voga nei GdR contemporanei. Per quanto riguarda la componente stilistica, c’è da dire che alcuni elementi (il design generale e quello di alcuni nemici, ad esempio) sono prettamente steampunk, nello specifico un dieselpunk abbastanza pulito; altri al contrario (il design di scudi e spade, per dirne alcuni) paiono squisitamente fantasy, rifacendosi all’immaginario tipico di giochi come Diablo.

Into the Monster, un passo (incerto) alla volta

Come già detto, l’incipit narrativo ci consegnerà il nostro personaggio, con visuale in prima persona, dentro alla torre; scopriremo presto che si tratta dell’Arx Vaporum, la misteriosa struttura che dà il nome al gioco. Nei primissimi minuti ci verrà chiesto di scegliere uno dei quattro exo rig disponibili; questi esoscheletri danno differenti bonus alle statiche del nostro personaggio e, per dirla come in un gioco di ruolo classico, determineranno la classe cui apparterremo. Gli esoscheletri potranno essere potenziati con circuiti che garantiranno diverse abilità, dal potenziamento del combattimento alla possibilità di usare scudi avanzati, dall’aumento del danno dei gadget all’incremento della resistenza, e così via; otterremo un circuito ogni volta che saliremo di livello o trovandoli nei livelli (ruolisticamente parlando, saranno i nostri punti abilità). Compiuta la scelta, il nostro compito sarà quello di farci strada nel dungeon, per cercare di ricordare chi siamo, capire cosa è successo e cosa c’entriamo con tutto questo.

Evitando ogni genere di spoiler, bisogna ammettere che la trama non ci entusiasmerà per la sua originalità e che la narrazione non brillerà per il ritmo; ci sono degli spunti interessanti, ma non troppo originali. Discorso diverso per le sensazioni trasmesse. La claustrofobia e il senso di avventurarci in una struttura morente ci accompagneranno fino alla fine, rendendo in pieno il feeling del gioco.

Il gameplay, come anticipato, è quello tipico di un dungeon crawler, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Il combattimento dovrebbe essere in tempo reale, ma il vero e proprio tempo di ricarica di ogni arma unito al movimento a griglia lo rendono piuttosto a turni “nascosto”. Utilissima sarà la possibilità di stoppare il tempo per rendere il gioco a turni a tutti gli effetti e avere il tempo di ragionare nelle situazioni di maggior concitazione. Il movimento è l’aspetto più critico del titolo; essendo obbligati a usare l’analogico (i direzionali servono per altro), spesso – soprattutto all’inizio – rischieremo di “andare lunghi”, girarci nel modo o nel momento sbagliato, spostarci quando non lo desideriamo e viceversa, fino a finire magari in un buco nel pavimento con relativo game over (e imprecazioni annesse). La gestione del movimento penalizza quindi fortemente il titolo e sarà il giocatore a doversi adattare per andare oltre a queste problematicità. Il tipo di movimento penalizza l’IA dei nemici: dovendo muoversi su di una scacchiera, a volte si riuscirà a “fregarli” anticipando le mosse.

Esplorando il dungeon

Per farci strada nei vari livelli avremo a disposizione diversi tipi di armi da mischia (pugnali, mazze e così via) e da fuoco (vari fucili e pistole), oltre a poter contare su armature, scudi e al resto della dotazione standard di un gioco di ruolo. Per la componente “incantesimi” avremo invece a disposizione gadget che infliggono effetti di stato (avvelenamento, shock, e simili) o con altre capacità (difesa o controllo, per esempio) che richiederanno energia per essere utilizzati. Inizialmente i combattimenti potranno essere ostici per la legnosità del movimento già evidenziata; per affrontarli al meglio sarà dunque necessario fare pratica con questa meccanica, oltre ad aiutarsi con il freeze del tempo per ragionare. I vari puzzle che il gioco ci sottoporrà saranno piacevoli, a un livello di sfida medio; il level design è tale per cui a ogni piano dovremo esplorare l’intera mappa per trovare ciò che ci servirà per proseguire, il che non risulterà mai un’impresa eccessivamente ardua. Tutto questo, unito agli scontri, ci intratterrà per circa cinque ore alla difficoltà standard, almeno alla prima run; detto ciò, uno dei trofei del gioco ci chiederà di ultimarlo in novanta minuti, quindi il tempo impiegato può essere decisamente inferiore. Il gioco prevede anche una difficoltà facile e due gradi difficoltà maggiori, disponibili già dalla prima run; per aumentare il livello di sfida potremo scegliere anche di attivare le modalità Old School (privandoci della mappa) e quella Elite (eliminando la possibilità di salvare se non all’inizio di ciascun livello).

Grafica e sonoro sono da titolo indie, quindi vanno considerate con l’adeguato metro di giudizio. Detto ciò, il sonoro ha suggestioni a volte datate, come la musica negli scontri principali che richiama un gusto molto anni Novanta. La grafica avrebbe potuto essere forse un po’ meno rozza, ma è comunque sufficiente per un titolo di questo genere. Inutile dire che la nostra avventura nell’Arx Vaporum sarà assolutamente in solitaria: non è previsto alcun tipo di online. Il gioco non prevede l’italiano nemmeno per i sottotitoli; per seguire la (non complicatissima) trama sarà bene quindi avere un po’ di dimestichezza con l’inglese.

Un’occasione mancata?

Com’è allora Vaporum? Di cosa stiamo parlando? Forse di un’occasione mancata, almeno a metà. I presupposti non sono troppo originali, ma comunque discretamente buoni; certe trovate stilistiche sono inoltre abbastanza interessanti. La realizzazione però non è stata delle migliori; in particolare il movimento, come già detto, penalizza fortemente il titolo, tanto che all’inizio la voglia di spegnere tutto e passare ad altro non mancherà. Portando un po’ di pazienza e abituandosi alle logiche e, soprattutto, alle meccaniche del gioco, allora scopriremo un dungeon crawler onesto, volendo anche piacevole, che ci potrà intrattenere per qualche ora.

Trofeisticamente parlando: meglio puntare ad altro

Vaporum presenta trentotto trofei più quello di Platino; non possono essere definiti trofei ostici se non per quello della speedrun, che ci costringerà a qualche grattacapo in più. Piuttosto, la lista è concepita in modo da dover rigiocare il titolo più volte. Ad esempio, un trofeo richiederà un certo numero di uccisioni, ma potremo ottenerlo solo addizionando quelli di più run, e così via. Se puntate a qualcosa da ottenere velocemente, il consiglio è di cercare altrove.

VERDETTO

Un dungeon crawler onesto, che avrebbe potuto essere qualcosa di più con una realizzazione tecnica differente. Non brilla per originalità, né per la trama né per il gameplay; più convincenti invece le atmosfere e certe scelte di graphic design. C'erano i presupposti per avere qualcosa in più, ma ci si ferma alla sufficienza. Da provare, ma solo quando sarà calato decisamente di prezzo.

Guida ai Voti