The Sorrowvirus: A Faceless Short Story – Recensione

Sviluppatore: Adam Sklar Publisher: eastasiasoft Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS5) Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 14,99 € Italiano:

Se siete appassionati di horror, la recensione di The Sorrowvirus: A Faceless Short Story fa sicuramente al caso vostro. Il titolo sviluppato da Adam Sklar e pubblicato da eastasiasoft affronta tematiche crude e importanti, pronendo però un punto di vista molto particolare. Saranno bastate la storia e qualche jumpscare a convincerci? Entrate nel mondo di Wyatt e scopritelo con noi.

Una storia breve

Come già svelato nel nostro incipt, uno dei punti forti di The Sorrowvirus: A Faceless Short Story (da qui in poi solo The Sorrowvirus) è sicuramente la trama. I giocatori vestono infatti i panni di Wyatt Heyll, un ragazzo affetto da numerose malattie fin dalla giovane età. In questo futuro distopico però esiste una cura che può salvare tutti quei soggetti che di base sarebbero condannati a una morte più o meno lenta. Si tratta del Sorrowvirus che dà il nome al gioco, un farmaco sperimentale in grado di far cadere i malati in un mondo chiamato Purgatorio.

Qui gli individui sembrano essere in grado di guarire dai propri mali in maniera quasi miracolosa. Tutto bellissimo, penserete, ma dov’è la fregatura? Ebbene, nessuno sa che gli sfortunati a cui viene somministrata la cura sono costretti a vagare e morire nel Purgatorio all’infinito, rivivendo i propri ricordi. Solo seguendo la giusta strada ci si potrà liberare e (forse) guarire. Impersonando Wyatt quindi i giocatori si trovano a vagare per spazi angusti e oscuri, cercando di risolvere puzzle ambientali più o meno complessi per sopravviere.

Il vero twist è che non esistono barre della salute o mostri da eliminare: il nemico del nostro giovane malato è il tempo. Rimanere troppo a lungo senza sapere che ora sia porterà infatti il nostro alla follia, condannandolo a morte. Per questo nei mondi onirici e lugubri di The Sorrowvirus sono sparsi degli orologi con cui interagire per prolungare il nostro viaggio e, di conseguenza, la sua sofferenza.

Orrore in prima persona

A livello di gameplay, The Sorrowvirus è un gioco estremamente semplice. Il giocatore deve infatti muoversi in una serie di ambienti chiusi, con lo scopo di risolvere dei puzzle ambientali. La maggior parte delle sfide richiede di trovare i giusti oggetti e piazzarli in un modo preciso, oppure attivarne una serie nella giusta sequenza. Il tutto è proposto in salsa quasi retro, come fatto dal recente Tormented Souls. Niente di trascendentale quindi, se non fosse che ogni run che viene affrontata dai giocatori è casuale.

I viaggi nel Purgatorio sono infatti solo simili, mai uguali, l’uno all’altro, pur mantenendo lo stesso scopo di base. Wyatt è infatti chiamato a salvare alcune bambole dalla prigionia, per trovare la pace e risolvere i suoi conflitti interiori. Tutto molto poetico e pittoresco, se non fosse che questa scelta si schianta contro sfide troppo banali e mal illustrate al giocatore.

All’inizio dell’avventura non esiste infatti alcun tipo di tutorial, sebbene sia facile intuire che osservando alcuni oggetti ci verranno forniti dettagli e che alla comparsa di una mano a schermo sarà possibile interagire premendo il tasto apposito. Tutto viene gestito con una visuale in prima persona che mette in evidenza una grafica fin troppo datata, anestetizzata dalla scarsa luminosità che fa dimenticare l’assenza di troppi dettagli.

Somebody save me

L’elemento senza dubbio più peculiare di The Sorrowvirus è la scelta di affidare la salute del giocatore alla conoscenza dell’ora, possbile interagendo con pendole sparse nei livelli. Questi strumenti svolgono anche l’utile funzione di checkpoint, permettendo in caso di sconfitta di non dover ripartire da capo. Questo aiuta anche in caso il tempo a nostra disposizione si esaurisca, sebbene il gioco sia abbastanza generoso in questo senso.

Il vero dramma arriva nel momento in cui si pensa di spegnere la console per proseguire l’avventura in un secondo momento. The Sorrowvirus infatti non contempla alcun tipo di salvataggio. Mettere in pausa e uscire dal gioco comporta quindi la necessità di ripartire dall’inizio, rifacendo tutto quello che si è già fatto fino a quel punto. Questa scelta stride in maniera pesante con la necessità di pause di ragionamento, utili a comprendere come superare determinati puzzle.

Nonostante questo, è doveroso segnalare che il titolo di Adam Sklar ha una longevità molto limitata. La campagna principale può essere completata in un’ora circa, accedendo così a uno dei finali disponibili. Niente di clamorosamente lungo, quindi, ma comunque un tempo sufficiente a tenere impegnati i giocatori oltre magari una soglia ideale da dedicare ai videogiochi.

Ridi che ti passa

Detto del gameplay, è il momento di analizzare il lato tecnico di The Sorrowvirus. Abbiamo già accennato a una grafica tutt’altro che scintillante, in cui le tonalità scure la fanno da padrone e dove gli elementi più importanti sono bene in evidenza mentre quelli secondari sembrano invece trascurati. Buona la paletta cromatica scelta, compresi effetti per quelle che sembrano anime dannate del Purgatorio (con tratti alieni). La grafica cupa favorisce anche un buon numero di scarejump, studiati per far saltare il giocatore sulla sedia senza però traumatizzarlo in maniera eccessiva.

A supportare tutto questo ci pensa una colonna sonora che non vanta grandi tracce musicali, ma che si concentra maggiormente sugli effetti speciali. Il mondo di The Sorrowvirus è pieno di rumori, risate cupe e chi più ne ha più ne metta. Un vero e proprio cliché dell’horror, in grado però di regalare qualche brivido e qualche preoccupazione. Superate le prime run però, metabolizzato anche che non verremo mai attaccati da nessun mostro, questo effetto andrà scemando.

Lo stesso problema di calo di tensione si ha anche relativamente alla longevità. A puzzle relativamente banali e ripetitivi, in cui prendere oggetti e portarli dal punto A al punto B, si aggiunge infatti una storia che potrebbe osare molto di più ma che si affida solo a una serie di fascicoli che svelano man mano la trama. Su questo fronte poteva e doveva essere fatto qualcosa in più.

Trofeisticamente parlando: tieni d’occhio l’orologio

Un gioco che può essere completato in un’ora non può avere certo un Platino lungo. Non stupisce quindi che la lista trofei di The Sorrowvirus: A Faceless Short Story possa essere completata senza troppi patemi in un paio d’ore circa. Oltre a terminare i vari capitoli, è necessario recuperare alcuni oggetti specifici e assistere al True Ending del gioco. Niente di complicato, soprattutto per i cacciatori più esperti.

VERDETTO

Nonostante alcune lacune e una certa ripetitività di fondo, abbiamo voluto premiare l'idea interessante di The Sorrowvirus: A Faceless Short Story con la sufficienza. La trama tragica, alcuni spunti interessanti a livello di gameplay e la necessità di controllare l'ora per evitare la pazzia sono sicuramente elementi intriganti in un horror che però non riesce mai a ingranare una marcia superiore. L'intero (breve) viaggio si fa in prima, senza necessità di spremersi le meningi per risolvere gli enigmi o andare oltre l'ovvio. Il tutto sa di occasione sprecata, perché le premesse per fare bene c'erano davvero tutte. Anche così, comunque, ci sentiamo di suggerire The Sorrowvirus a tutti gli appassionati di horror che vogliono provare un'esperienza leggera diversa dal solito.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.