Primo PianoDark Souls II - Crown of the Sunken King - Recensione

Dark Souls II – Crown of the Sunken King – Recensione

Publisher: Bandai NamcoDeveloper: From Software
Piattaforma: PS3 Genere: RPG Giocatori: 1 (Online: 2-4) PEGI: 12 Prezzo: 9,99

I mesi estivi sono da sempre un periodo morto per i videogiochi. Le grosse pubblicazioni sono già uscite o si fanno belle per comparire assieme alle prime foglie ingiallite sugli alberi, e i videogiocatori che non hanno modo di sdraiarsi su una calda spiaggia tropicale recuperano qua e là qualcosa a cui giochicchiare in attesa dei primi freddi e di qualche novità.
Quest’anno però From Software ha deciso di accompagnare i players più tenaci e coraggiosi nell’afoso periodo che va da Luglio a Settembre, con ben 3 DLC (uno al mese) del suo acclamato gioco di ruolo. Stiamo parlando, per essere precisi, di Dark Souls 2, seguito di quei Demon e Dark Souls che hanno riportato in alto l’asticella di difficoltà nei giochi, scesa sempre più vertiginosamente negli ultimi anni.
Abbiamo quindi messo a ferro e fuoco la prima delle espansioni del pacchetto “The Lost Crowns”, ossia “Crown of the Sunken King”. Vediamo assieme com’è andato il nostro viaggio nelle profondità di Drangleic.

Dark Souls 2 Crown of The Sunken King Wallpaper
La prima delle tre corone, tanto bella quanto difficile da prendere. Riusciete a metterci le mani sopra, o perirete nel tentativo?

Sudore e imprecazioni

Ci siamo lasciati qualche mese fa con la sconfitta di Nashandra e l’affermazione del nostro dominio incontrastato sulle terre di Drangleic. Ma ora una nuova minaccia fa la sua comparsa su questa terra maledetta. Si tratta di tre corone, appartenute a re Vendrick. Questi strumeti sono intrisi di un potere incredibile, ma per recuperarle dovremo affrontare tre guardiani, uno per ognuno di questi potenti manufatti. Eccoci quindi pronti a calarci nelle profondità dei regni per dare il via a questa nuova mortale avventura.
In un luogo scuro e malsano, un braciere ornato da lunghi serpenti, ardente di una fiamma cerulea e circondato da lastre incise che riportano incise frasi minacciose, fa da passaggio per addentrarci nel luogo infestato. Con questa introduzione molto romanzata muoviamo i primi passi nell’ambiente di gioco, ma dobbiamo fare una piccola digressione, perché notiamo subito una differenza sostanziale rispetto al DLC del primo Dark Souls, ossia “Artorias of the Abyss”, che sarà inevitabilmente metro di paragone. La differenza di cui parliamo è che l’ingresso nella zona aggiuntiva è stato notevolmente semplificato.
Mentre nel precedente capitolo al giocatore era richiesto di salvare un particolare personaggio e completare una piccola side-quest, qui abbiamo la possibilità di entrare direttamente nella nuova location, evitando complicate trafile. Ovviamente questo può essere visto sia in positivo che in negativo, a seconda dei gusti dell’utente, ma, a parere puramente personale, ho apprezzato maggiormente la scelta fatta per il DLC di Artorias, in quando il doversi cercare l’ingresso si accostava meglio allo stile non user-friendly del gioco.
Tornando all’avventura, una volta toccato il braciere, eccoci davanti a una grossa porta in pietra, dietro la quale si erge davanti ai nostri occhi un’immensa Ziggurat che richiama lo stile Maya, perfetta nella sua immobiltà, animata qua e là da giochi di luci e ombre delle torce. Arduo compito del giocatore sarà proprio quello di arrivare in fondo a questa enorme piramide e, vuoi il caldo, vuoi un’aumentata difficoltà generale, sarà una discesa sudata e ricca di lanci di anatemi e maledizioni varie.

DLC dark souls 2
Si tocca il braciere e ci si prepara a morire… Più e più volte…

Un salto nel vuoto

A livello puramente estetico, la nuova ambientazione ritorna ad essere ispirata e ben realizzata, fattore che era andato perso in alcuni luoghi che parevano meno curati e più banali rispetto a quello a cui From Software ci aveva abituato negli anni. Qui la zona rocciosa sotterranea, la piramide e tutto quello che la circonda sembrano veramente avvolti nel mistero, e lasciano il giocatore stupefatto di fronte all’immensitè e alla magnificenza del tutto. Senza entrare nel merito della trama, che vi lasciamo scoprire, vi basti sapere che passerete dalla perlustrazione dell’esterno fino ad arrivare a una discesa nei meandri della Ziggurat, per trovare il terribile nemico che si cela sul fondo.
Gli elementi che più caratterizzano la mappa di gioco sono la sua labirinticità e lo sviluppo in verticale. Il giocatore si troverà a vagare per la moltitudine di scale e di anfratti presenti attorno alla struttura principale, alla ricerca della giusta via da imboccare, via che molto spesso è celata dietro un muro illusorio, o si crea attivando determinati interruttori. Gli interruttori sono appunto un’altra variabile che strizza l’occhio al primo Dark Souls: sparsi per la mappa infatti i giocatori troveranno una moltitudine di leve o pulsanti attivabili anche mediante il lancio di frecce, che modificheranno il terreno o creeranno scorciatoie. Sotto questo aspetto From Software ha ascoltato le critiche dei fan che lamentavano un’eccessiva linearità delle zone di gioco, introducendo molte variabili che lasciano ai giocatori il piacere della scoperta.
Inoltre la mappa, come già detto, si dimostra essere particolarmente sviluppata in altezza. Dapprima ci ritroveremo a salire vari piani di rampe e di scale per arrivare alla cima della piramide, dopodichè faremo il percorso inverso, per giungere nelle viscere della struttura e trovare il boss finale. Ovviamente a questa particolare scelta si somma il fattore caduta. Molto spesso, pensando di poter arrivare in un determinato punto, salterete ma vedrete comparire la tanto nota scritta “Sei Morto” in sovraimpressione, finendo la vostra avventura con un bel volo nel vuoto. Sebbene tutto ciò possa in qualche modo incrementare ulteriormente la difficoltà, a volte la cosa risulta frustrante, soprattutto considerato che non vi sono molti falò a fare da checkpoint.

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L’antica Ziggurat aspetta solo voi. Assieme a tutte le sue trappole micidiali e alle sue voragini

Mostruosamente banali

Detto della mappa, passiamo a parlare di un altro elemento fondamentale, ossia i nemici. In “Crown of the Sunken King” i nostri antagonisti sono più cattivi che mai. La resistenza e i danni inferti sono notevoli, e nel corso della nostra esplorazione passeremo dall’affrontare grossi guerrieri armati di mazza, a maghi lancia-malocchi, trovandoci addirittura davanti dei nemici all’apparenza invulnerabili. A voi scoprire come sconfiggere questi temibili avversari, noi ci abbiamo messo un bel po’ di vite e di imprecazioni prima di trovare il bandolo della matassa.
Nonostante questo, alcuni avversari paiono ancora di scarso livello, attaccando in modo lento e prevedibile e subendo puntualmente e inevitabilmente i nostri backstab. Il miglioramento rispetto al gioco principale sono comunque netti, fornendo al giocatore una sfida intrigante.
Parlando del lato puramente estetico, siamo invece di fronte a una stitichezza di idee che non ci si aspetta di trovare da creatori così preparati. Il design dei nemici è anonimo, banale e poco dettagliato. Di certo non ci rimarranno a mente come il temibile Demone Capra (sento di provare del bene, verso quest’essere: passare da “Dario Caprai” a “Demone Capra” deve essere un attimo, d’altra parte NdD) o il malvagio Manus, sempre per citare il DLC del primo capitolo, ma del resto non è facile trovare sempre design azzeccati.
Più complicati, più grossi e più malvagi dei minions sono invece i tre boss, due primari e uno secondario, pronti a farci la pelle. Anche qui non vogliamo rivelarvi nulla dei nemici che affronterete, ma vi basti sapere che la caratterizzazione dei due boss principali è molto migliore rispetto a quella degli avversari sparsi per la mappa di gioco. In particolare il boss finale è animato meravigliosamente, e il combattimento, epico e coinvolgente, ha il grande pregio di lasciare il giocatore con la soddisfazione di aver completato un’impresa. Il che, fidatevi, non è cosa da poco.
Una piccola nota di demerito invece per quanto riguarda il Boss opzionale, che si trova in una zona secondaria della mappa, raggiungibile tramite una serie di passaggi segreti, che si rivela abbastanza anonimo e fuori luogo rispetto al resto dell’ambientazione. Pur non essendo esteticamente bello, comunque, vi assicuriamo che sconfiggerlo non sarà certo facile, soprattutto se deciderete di provarci senza l’aiuto di nessuno.

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Alcuni nemici hanno un design un po’ approssimativo, come queste… Bocche con le gambe. I boss fortunatamente sono esteticamente più godibili

Ogni rosa ha le sue spine

Insomma, a parte qualche piccolo difettuccio qua e là, la Corona di questo re sembra lucida e brillante. Purtroppo però, pur mostrando numerosi miglioramenti, questa prima espansione di Dark Souls II mostra un problema evidente, che era già presente nel gioco principale e che non è stato corretto al meglio, ossia la carenza di una vera e propria trama. Alla fine del primo Dark Souls i giocatori sono rimasti con tante domande e alcune risposte, in una trama nebulosa ma perfettamente tracciata. “Artorias of the Abyss” è nato per permettere ai fan di tutto il mondo di fare chiarezza su alcuni dei punti più oscuri della storia, consentendogli di unire i pezzi di un enorme puzzle che coinvolge tutti i personaggi (buoni e cattivi) visti all’interno del gioco.
Il DLC di questo seguito invece sembra messo lì per caso, tanto per aggiungere elementi a una storia già di per sé per nulla chiara. Più che di mistero infatti dovremmo parlare di incomprensibilità, infatti non ci si spiega quale sia il filo conduttore che tiene unite la trama del gioco a quella dell’espansione. Stiamo però parlando della prima parte di un blocco di tre, e quindi può sempre essere che From Software colmerà quest’assenza di collegamenti spiegando tutti gli aspetti di queste corone nei successivi pacchetti. In ogni caso, a parte la carenza (speriamo solo momentanea) di trama e qualche problema di minore entità, siamo di fronte a un prodotto di qualità, alla luce anche della sua longevità, che va dalle 3 alle 5 ore per un completamento totale.

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Che sia questo un piccolo pezzo di un mosaico molto più grande? Dovremo aspettare un altro mese per saperne di più.

Commento finale

Crown of the Sunken King si dimostra essere un DLC di qualità, ben realizzato ma con ancora qualcosa da sistemare. La ritrovata difficoltà tipica della serie e un’ambientazione intricata e ricca di strade nascoste faranno la felicità dei fans. Unico grande peccato, l’assenza di una vera e propria trama che ci faccia capire perchè mai dovremmo recuperare queste famose corone. Speriamo quindi che la svolta si avrà con le prossime due espansioni, convinti che questa sia solo una prova generale di un concerto destinato ad andare in crescendo.

7/10

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Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.

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