Primo PianoRed Faction: Armageddon - Recensione

Red Faction: Armageddon – Recensione

Publisher: THQ Developer: Volition
Piattaforma: PS3 Genere: Sparatutto Giocatori: 1 (Online: 1-4) PEGI: 18 Installazione: 1.9Gb

Mi chiamo Darius Mason. Da molto tempo ormai la mia famiglia combatte per la Red Faction, una libera associazione nata con l’intento di mantenere la pace. Il mio destino è già stato scritto nel mio futuro. Sono stato raggirato, qui, su Marte, il Pianeta Rosso. Tra insospettabili alleati e nemici nascosti, chi ha fatto tutto questo dovrà pagare. E pagherà.

Spacca, aggiusta, spacca, aggiusta…

Deve essere un po’ questo quanto frullato nella testa del buon Darius una volta ritrovatosi catapultato nelle viscere di Marte. Una gran brutta faccenda, quella che si è trovato ad affrontare. Facciamo però un piccolo passo indietro: che cos’è questo Red Faction Armageddon? Armageddon è il seguito di quel Guerrilla che fece capolino su PlayStation 3 nel 2009 e che stupì per una peculiarità, quella di poter distruggere tutto, ma proprio tutto. Protagonista di quel Red Faction era però il “nonno” di Darius, anch’egli membro della Fazione Rossa molti anni prima. Stiamo parlando di uno sparatutto in terza persona di stampo relativamente classico che introduce qualche nuovo elemento di gameplay ad una più che nota formula di gioco: distruggere o creare, per poi distruggere, creare e distruggere ancora, grazie a una delle principali novità introdotte dagli sviluppatori – attivabile mediante pressione del tasto L2 – ossia l’abilità di plasmare dal nulla materiali per riparare scale, percorsi ed altro ancora, aprendosi diverse vie per raggiungere la meta. Durante il tempo passato dall’uscita del primo capitolo, la serie di Red Faction sembra essere stata pesantemente contaminata dal capolavoro horror Dead Space, sia per quanto riguarda gli ambienti claustrofobici, sia per la possibilità di tracciare tramite GPS il percorso da seguire.

Darius Mason mette in mostra il suo dispositivo hi-tech

Se c’è un elemento che discosta Armageddon dalle ultime perle dell’industria è il mancato inserimento di un sistema di coperture, di difficile implementazione probabilmente a causa dell’estrema malleabilità degli scenari. Di tale mancanza, durante gli scontri a fuoco, piuttosto che quando si ricorre al mitico maglio (una roba da fare invidia al martello di Thor), se ne sente eccessivamente il peso, un po’ anche perché siamo nel 2011, e uno sforzo lo si poteva pur fare. Tale assenza, toglie quasi totalmente quella leggera componente tattica che ha fatto la fortuna di titoli come Uncharted, rendendo le sparatorie di Armageddon estremamente ripetitive, specie nelle prime fasi di gioco, quando si è muniti delle sole pistole e del fucile base.
La ripetitività è in generale uno dei difetti che più minano lo smalto del gioco. Detto questo occorre una doverosa precisazione: per una scelta quasi del tutto inspiegabile, il gioco si spacca letteralmente in due tronconi. Nella prima parte si sta il 90% del tempo a piedi, e la noia giunge dopo veramente poco tempo, anche a livello narrativo. Di tutt’altro tenore è la seconda metà del gioco, in cui ci troveremo a bordo di robottoni, mech e navicelle spaziali, e saremo dunque padroni di una potenza di fuoco senza precedenti, degna di Satana dopo una bella smutandata. Inutile dire che momenti tanto emozionanti quanto esaltanti si sprecheranno: come se non bastasse, anche la narrazione prenderà un’accelerazione non indifferente. Come detto, la soluzione adottata da Volition è quasi inspiegabile: i ragazzi potrebbero avere deciso di creare volontariamente tale spaccatura al fine di regalare al giocatore la sensazione accentuatissima di essere dei veri e propri dispensatori di morte. Obiettivo perseguito, certo, ma al prezzo di annoiare il giocatore per quattro ore circa: sta a voi decidere se il vostro livello di pazienza è bastevole a non appendere il DualShock 3 al chiodo ben prima che si cominci a ragionare.

Fai "Ciao" con la manina!

… e spacca ancora!

Nessuna particolare critica può essere mossa agli sviluppatori per quanto riguarda i comparti visivi e auditivi. Il primo, in particolare, è di buon livello, anche se nessun giocatore abituato alle odierne produzioni potrà veramente meravigliarsi. Va detto però che il motore grafico, dovendo sostenere l’eventualità, se non altro, che tutto quanto appare su schermo possa essere distrutto, è stato spremuto più che a dovere: non particolarmente ispirata è però la caratterizzazione dei nemici, estremamente rassomiglianti ai cari necromorfi apparsi nel già citato Dead Space, in variante marziana. Lodevole la mancanza di qualsivoglia problema di frame rate e la credibilissima, come già nel primo capitolo, distruzione e conseguente crollo di qualsiasi edificio.

Architettura avanzata

Affermazioni analoghe possono farsi a proposito della colonna sonora, così spesso (e volentieri?) bistrattata nel mondo di cui stiamo parlando, quello videoludico. Niente per cui mettersi ad applaudire davanti al televisore, chiaro, ma come si dice, ogni brano è capace di fare il proprio sporco lavoro, conferendo la giusta atmosfera, che sia sollievo, tensione o paura, alla situazione che appare su schermo.
Per quanto il grosso del gioco sia la modalità per giocatore singolo (l’avventura di Darius su Marte durerà intorno alle 8 ore a un livello di difficoltà medio), una menzione va fatta anche al multigiocatore, rigorosamente online o al massimo via lan, con buona pace dello split screen. Il gioco prevede una sola modalità, chiamata Infestazione, per un numero massimo di 4 giocatori. Suddetta modalità, pur non presentando nulla di nuovo (stiamo parlando delle solite orde di mostri di difficoltà e numero crescente che dovremo affrontare in sequenza), si rivela ben fatta, perché oltre ad essere coerente con sé stessa – nel senso che il numero di nemici è sempre proporzionale al numero di giocatori, tanto da poterla giocare anche da soli – sono presenti numerosi scenari (con 30 “wall” di alieni per ognuno di essi) e, quando si gioca in compagnia, si ha sempre la lodevole sensazione di trovarsi gomito a gomito e spalla a spalla con i propri compagni, alimentando dunque un senso di squadra non indifferente.
Di buon livello anche l’arsenale a disposizione del giocatore, che propone un buon mix di fantasia e distruzione, pur non raggiungendo i vertici dei giochi made in Insomniac Games, da sempre sinonimo di follia ed eccellenza in questo ambito.

Commento finale

Le frecce all’arco di questo Red Faction non sono poche, e soprattutto sono valide: una seconda metà di avventura al cardiopalma, una buona atmosfera di fondo, una buona varietà di armi e soprattutto la loro potenza distruttiva da integrare in una modalità online convincente. Il problema è che sono altrettanti i motivi pronti a levigare le punte delle frecce di prima, e qui ci riferiamo alla prima parte di avventura, alla mancanza di un sistema di coperture, e a una modalità online che, per quanto buona, risulta estremamente povera in termini quantitativi. Un gioco riuscito a metà, insomma. Il voto ne è la diretta conseguenza, per i troppi difetti che un acquisto da 70 euro o giù di lì non dovrebbe avere: il punto in più è dovuto alla forma del gioco, sonora e visiva, sopra la media, oltre a un protagonista, Darius Mason, che non manca di qualche battuta alla Drake.

6/10

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.