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The Evil Within – Recensione

Publisher: Bethesda Developer: Tango Gameworks
Piattaforma:
 PS4 (disponibile anche per PS3) Genere: Survival Horror Giocatori: 1 PEGI: 18

L’autunno 2014 è astrologicamente iniziato, e con esso anche le uscite di alcuni fra i titoli più attesi degli ultimi tempi: i classici sparatutto, come da tradizione, vedono la loro rinascita in quel di novembre, così come le avventure degli Assassini ed altri capisaldi del mercato. Generalmente ottobre rappresenta, appunto, la mensilità che funge da antipasto per i veri pezzi da novanta del mondo videoludico… ma non è questo il nostro caso.

The Evil Within

La paura fa novanta

Tango Gamesworks e Bethesda hanno spezzato il ciclo pubblicando The Evil Within, survival horror che già dai primi video esposti in occasione dell’E3 seppe intrappolare le menti di milioni di spettatori convertendole all’opprimente attesa che li separava dal disco fisico. Se si aggiunge poi il fattore denominato Shinji Mikamicreatore di Resident Evil e collaboratore attivo di altre perle del calibro di Dino Crisis e Devil May Cry, non è difficile credere che le aspettative per il titolo sopracitate siano state da subito elevatissime.
L’incipit narrativo che introduce al mondo di The Evil Within è semplice ma di un coinvolgimento pressoché certo: Sebastian Castellanos, detective a tempo pieno, assiste impotente al massacro dei suoi colleghi. Dopo una fase concitata cade in un’imboscata e perde i sensi. Al suo risveglio, realizza il fatto di essere imprigionato in un mondo opprimente ed inquietante, assieme a spaventose creature che vagano attraverso i cadaveri di quelli che sembrano esseri umani. L’unico scopo della sua avventura sarà dunque quello di combattere per la propria sopravvivenza in modo da scoprire cosa si cela dietro questo scenario infernale.

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E’ infatti l’atmosfera quella che il gioco riesce a ricreare in maniera paurosamente perfetta fin dai primi minuti di gioco: i luoghi che si dovranno esplorare in compagnia del detective, siano essi ospedali fatiscenti o prigioni sinistre, trasmettono una miscela di inquietudine ed ansia che raramente i titoli del medesimo genere sono stati in grado di condividere. Ciononostante questa scelta di level design cozza leggermente con il realismo mentale che il giocatore crea attorno alla propria mente, in quanto si denotano alcuni dettagli scenografici abbastanza forzati che hanno l’unico target di spaventare ad hoc lo sfortunato protagonista.
Sebastian Castellanos è infatti un personaggio ben costruito e modellato da parte dei ragazzi di Tango Gamesworks, grazie al suo carisma e alla determinazione il più delle volte auto-innestata, con la quale arriverà fino in fondo alla propria missione. Il detective lotterà con le unghie e con i denti contro gli abomini che a mano a mano si presenteranno sul suo cammino, pur non nascondendo un terrore che crescerà ad ogni passo percorso, in quanto ogni avversario potrebbe essere l’ultimo.

The Evil Within

The Evil Within è suddiviso in capitoli, ciascuno dei quali verrà notificato, una volta completato, da una schermata fissa in-game. Questa scelta da parte degli sviluppatori è utile non solo per aggiornare il giocatore sulla progressione dell’avventura, ma più che altro per dare la velleitaria sensazione di respiro tra una sezione e l’altra.
Gli obiettivi all’interno del titolo sono molto basilari, poiché saranno sempre condensabili nella raccolta di una chiave utile a sbloccare un passaggio inagibile, attivare un interruttore, e così via, ma per uno specifico motivo esplicitato dalla stessa Bethesda: lasciare la mente del videogiocatore libera da qualsiasi pensiero in modo da far percepire più direttamente i colpi di scena e le conseguenti reazioni date da un determinato evento.

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Soprattutto dal punto di vista del combattimento contro i nemici, Sebastian sarà in grado di utilizzare un discreto arsenale offensivo, che varia dalle classiche armi da fuoco alle più dirette e brutali armi corpo a corpo, perfettamente potenziabili e costruibili, così come le abilità del protagonista (grazie a dei barattoli di gel recuperabili per i livelli).

Io non ho paura (quindi facciamo a pugni)

Da sottolineare è anche il combat system dei nemici, che sembra strizzare più volte l’occhio ai Ganados di Resident Evil 4 e che quindi riesce a mettere in difficoltà senza troppi pensieri il giocatore a causa della velocità dei movimenti. Da questo punto di vista è imperativo agire con cautela ed efficacia: i luoghi stretti non concedono infatti una seconda opportunità, soprattutto nel caso di una mira claudicante in compagnia di parecchi avversari. La strategia è un altro fattore che riveste difatti un ruolo di prim’ordine all’interno del gioco. In un brevissimo intervallo temporale si dovrà scegliere la strada più efficace al fine di liberare la via dai pericolosi nemici: armi, fuga, trappole da piazzare e così via. D’altro canto, una volta superato lo “scoglio”, The Evil Within riesce ad infondere un senso di soddisfazione notevole, che spinge quasi in maniera morbosa e masochistica a proseguire per vedere cosa il software ha ancora in serbo per il detective.

The Evil Within

Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un’opera encomiabile. La parte grafica presenta una nitidezza ed un gioco di ombre in grado di far trasparire da ogni singola texture (anche se queste talvolta mostrano una risoluzione vecchia scuola) un alone di oppressione e desolazione unico, catalizzando i nervi del giocatore in un connubio di sensazioni inquietanti che si amalgamano perfettamente con i 30 frame al secondo perennemente stabili. La fedele torcia di Sebastian sarà infatti l’unica amica sempre pronta ad illuminare il tenebroso percorso. La parte del leone è comunque assunta dal comparto sonor: gli sviluppatori sono stati in grado di caratterizzare anche il più insignificante cigolio per incanalare attenzione ed allerta perenne nel viso di chi interagisce con il titolo.

httpvh://www.youtube.com/watch?v=GTKD0bsUlYo

Commento finale

The Evil Within è una scossa di terrore. L’ultima fatica Bethesda riesce ad incidere più che bene nell’universo dei survival horror e, per quanto non raggiunga le vette di prodotti del calibro di Resident Evil 4 a causa del concetto di gioco flebile ed alla trama meno coinvolgente, si ritaglia uno spazio sopraffino grazie alle ambientazioni ed al sistema di upgrade ben congeniati. L’acquisto è vivamente consigliato agli amanti del genere che ricercano, dopo anni di attesa, un gioco che sappia catturare, nel senso più profondo del termine, la mente, spronando il suo utilizzo a discapito dell’impulsività: dopotutto, il male è dentro ognuno di noi.

8/10

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Lorenzo Bologna
La mia vita è stata da sempre legata al mondo dei videogiochi; il tutto ebbe infatti inizio con la PlayStation 1 e Crash Bandicoot (non sono così vecchio). Da allora la droga è entrata in circolo facendomi dipendere in maniera indissolubile al mondo Sony. Agente di commercio e, nel tempo libero, Newser, Valutatore di guide ai trofei, Moderatore, Arredatore ed Idraulico.