Primo PianoUncharted 3: L'Inganno di Drake - Recensione

Uncharted 3: L’Inganno di Drake – Recensione

Publisher: Sony Computer Entertainment Developer: Naughty Dog
Piattaforma: PS3 Genere: Action/Adventure Giocatori: 1 (Online: 2-10) PEGI: 16 Altro: 3D

La nuova avventura di Nathan Drake è già arrivata nei negozi e, con il dovuto tempo necessario per testare il comparto online offerto da Naughty Dog, mi accingo finalmente a pubblicare la recensione di Uncharted 3: Drake’s Deception. Soddisfatto? Non del tutto. Per spiegare meglio le motivazioni è difficile non addentrarsi un po’ sugli sviluppi della trama, per cui segnalo che la lettura potrebbe rovinare qualche sorpresa a chi Uncharted 3 non l’ha ancora acquistato.

In giro per il mondo

Londra è buia. I vicoli desolati. Nathan Drake veste un inconsueto abito elegante, e si appresta ad entrare in un piccolo e malfamato pub insieme al suo amico e collega Victor “Sully” Sullivan. Al bancone il barista sa già perchè i due cacciatori di tesori sono lì, e con un cenno li indirizza verso il piano superiore. Ad attenderli è Talbot, uomo d’affari dallo sguardo vispo e arguto che, in cambio dell’anello di Sir Francis Drake che Nate porta al collo sin dalla prima avventura, offre un’ingente quantità di sterline. I nostri due eroi però fiutano qualcosa di sospetto e decidono di non chiudere l’affare. Questa decisione manda su tutte le furie Talbot che, scortato da tanti loschi personaggi all’interno del pub, si rende partecipe di una rissa degna dei migliori film di Bud Spancer e Terence Hill.

In netta inferiorità numerica, però, Nate e Sully non riescono a reggere lo scontro e finiscono sul retro del locale, sanguinanti, in mezzo ad un mucchio di immondizia. E’ qui che fa la sua comparsa Katherine Marlowe, nobil donna di mezza età dall’aspetto avido, che sembra già conoscere i due avventurieri. E’ da tempo che cerca di avere quel prezioso e raro anello, e sembra disposta a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di ottenerlo. Charlie Cutter, uno degli scagnozzi affrontati nel pub, spara a Drake e Sully dopo che la Marlowe ruba al primo l’anello, ma si sa, gli eroi non possono morire, e Charlie si rivela essere un doppio giochista: tutta la sequenza è stata inscenata, ed i tre sono complici.

Sono proprio un figo...anche nell'immondizia

E’ in questo momento che comincia la vera avventura di Drake. Con il supporto di Sully, Cloe, Charlie e Elena – il nostro eroe seguirà le tracce di Sir Francis Drake fino ad arrivare nei più aridi deserti dell’Arabia. Sebbene i vari spostamenti aprano le porte ad una maggiore varietà delle ambientazioni, si avverte un frazionamento più marcato delle varie sequenze di gioco. Tale elemento era già entrato in scena in Uncharted 2, ma nella seconda avventura di Drake gli spostamenti da un posto all’altro erano maggiormente integrati con l’evoluzione della trama. Uncharted 3, invece, sembra forzare la narrazione, dando l’impressione che sia proprio quest’ultima a svilupparsi attorno alle varie ambientazioni.

Ciò è accentuato dalla filosofia con cui proprio Naughty Dog ha deciso di sviluppare il gioco: si pensa ad alcune scene mozzafiato da realizzare, e come metterle insieme viene dopo. Se da un lato avere la scena dell’aereo, quella della corsa tra i vicoli della città, la nave da trasporto e l’assalto sui cavalli risulta piacevole dal punto di vista della pura esperienza di gioco, dal lato narrativo appare abbastanza forzato. Lo si nota nell’introduzione di personaggi secondari realizzati con l’unico scopo di fare da collante tra i vari spezzoni di gioco, e nella fattispecie mi riferisco a Salim, lo sceicco che ci aiuterà a fermare Talbot e la Marlowe. In Uncharted 2 lo stesso ruolo era rivestito da Tenzin sulle vette innevate, ma in quel caso il personaggio era stato integrato ed introdotto in modo migliore per accompagnare lo sviluppo narrativo.

Talbot lavora per Katherine Marlowe. L'anello di Sir Francis Drake è l'oggetto dei loro desideri.

Una piccola nota di disappunto la pongo anche sul modo in cui sono stati trattati alcuni personaggi principali. Da un lato abbiamo il meraviglioso ritorno di Sullivan, la cui relazione affettiva con Nate ci viene raccontata in modo ricercato e assolutamente convincente, mentre dall’altro abbiamo il totale ignoramento del triangolo amoroso Nate-Cloe-Elena che era stato introdotto nel secondo episodio. La bruna femme fatale entra ed esce di scena come se niente fosse, assumento un ruolo addirittura meno rilevante di quello di Salim. Ben caratterizzato invece Charlie, tra crisi claustrofobiche, battute taglienti e crisi momentanee: anche in questo caso, però, il personaggio viene tagliato fuori in maniera un po’ troppo drastica, lasciando un po’ l’amaro in bocca.

Orgasmo visivo

Inutile perdersi in troppe parole: Uncharted 3 rappresenta il più alto traguardo visivo raggiunto in questa generazione di console. La quantità di dettagli, la qualità delle texture, le animazioni, gli effetti luce, le ombre, la direzione artistica, i paesaggi, la linea d’orizzone: davvero incriticabile. Alcune righe vanno doverosamente spese per premiare il lavoro del team Naughty Dog ed in particolare il modo con cui si è spinto per realizzare fuoco, acqua e sabbia, i tre elementi che maggiormente caratterizzano quest’ultima avventura di Drake. Le fiamme che invadono lo chateau in Francia sono realizzate con maniacale cura (sebbene siano un po’ troppo esagerate, al punto da sentirsi all’interno dell’inferno in una frazione di gioco), ed il comportamento dell’acqua all’interno della nave è quantomai verosimile. Il gradino più alto del podio, però, spetta alla sabbia, l’elemento che più lascia di stucco: vedere come questa scivoli sulle dune al passaggio di Nate e come si deformi passo dopo passo non può che lasciare a bocca aperta chiunque.

 

Nemmeno il migliore degli screenshots riuscirà ad proporre la maestosità del deserto creato dai Naughty Dog

Spendo alcune parole per parlare della fase in cui Nathan si ritrova disperso nel mezzo del caldissimo deserto di Rub’ al Khali, nonchè la parte che più mi ha entusiasmato dal punto di vista visivo ma che ritengo sia stata sfruttata in modo deludente. Il risultato visivo ottenuto dal team di sviluppo è davvero meraviglioso, e colpisce come anche un paesaggio privo di elementi (se non le dune) sia stato realizzato con un livello di dettaglio tale da lasciare sbalordito anche il più miope dei videogiocatori. Le dune che si perdono a vista d’occhio fino all’orizzonte, il sole cocente, le animazioni di Nate, il senso di stanchezza conferito dai controlli raggiungono, oserei dire, la perfezione. Allo stesso tempo però, uno scenario talmente unico e incantevole viene limitato a pochi minuti di gioco in cui, tra un fade in ed un fade out, il nostro eroe riesce finalmente a raggiungere una città fantasma. Al giocatore rimane troppo poco di questa ambientazione, che sarebbe potuta essere stata sfruttata per una sezione esplorativa basata su visioni ed effetti fata morgana da integrare nel gameplay, in modo da dover far usare il cervello agli utenti. Purtroppo, invece, rimane semplicemente nella nostra memoria come una rapida sequenza di passaggio.

Il caro vecchio gameplay

Ma non sarà che Uncharted 3 è talmente bello da vedere, che alcuni problemi di gameplay rischiano di passare inosservati? In questa recensione non farò finta di non aver visto il modo in cui la critica specializzata in giro per il mondo ha accolto il gioco Naughty Dog: a cascata sono arrivati tantissimi perfect scores ed Uncharted 3 è stato considerato de molti il migliore capitolo della serie, nonchè miglior candidato come gioco dell’anno. Nessuno ha in mano la verità assoluta, è chiaro, ma chiudere un occhio sul gameplay al fronte di un comparto senza precedenti non rientra nella mio personale criterio di valutazione di un gioco.

Un mare in tempesta? Non è un problema per il nostro eroe!

Il punto su cui mi sento di criticare in modo più marcato Uncharted 3 riguarda l’interazione tra le meccaniche shooter, l’intelligenza artificiale dei nemici e il nuovo sistema di combattimento a mani nude. La mia avventura è stata affrontata a difficoltà Hard, nel tentativo di confrontarmi con il gioco in modo impegnativo ma allo stesso tempo appagante: il risultato non è stato quello da me atteso.

I titoli di alta qualità, ad un aumento della difficoltà di gioco fanno corrispondere un migliore comportamento dei nemici, una migliore intelligenza artificiale. Questo era senza ombra di dubbio uno dei punti in cui Naughty Dog avrebbe avuto totale campo libero per migliorare Uncharted, ma il team ha preferito continuare con la formula “più difficile significa che muori prima”. Spesso e volentieri mi sono trovato circondato da una quantità spropositata di nemici armati di uzi, RPG, fucili a pompa e fucili da cecchino, e l’unico modo per fare piazza pulita è stato un trial and error in certi casi addirittura frustrante. Il level design, comunque, mi ha permesso di provare diverse strategie di approccio, ma ancora una volta si è spesso trattato di dovermi trovare nel punto giusto al momento giusto per riuscire a ripristinare l’energia del povero Drake.

I combattimenti a mani nude fanno l'occhiolino a Batman

Naughty Dog ha anche elaborato un sistema di combattimento a mani nude più profondo e ben funzionante capace di rendere l’azione di gioco più coinvolgente, ma ancora una volta a mettere il bastone fra le ruote ci ha pensato la squilibrata quantità di proiettili, granate e nemici presenti su schermo. Una volta infatti ingaggiato uno scontro con un nemico, risulta molto difficile abbandonarlo per tornare in copertura, ed è questione di secondi prima che i nemici di turno vi facciano andare a tappeto. Questo sbilanciamento non l’avevo notato nei precedenti episodi, e Uncharted 3 è il primo capitolo della serie che ho deciso di non affrontare a Distruttivo. Non si tratta più di abilità del giocatore, bensì di fortuna.

Per quanto riguarda le sparatorie, la mira risulta più rigida e leggermente più difficile da gestire, ma dopo alcune ore di gioco la mano ed il cervello si abituano anche a questo. Una delle novità offerte da Uncharted 3 consiste il alcune sezioni di gioco in cui bisognerà scalare verticalmente alcuni edifici e, allo stesso tempo, far fuori nemici che ci spareranno dall’alto. Queste fasi funzionano discretamente bene, ma non aggiungono tantissimo alla formula di gioco originariamente offerta dal titolo. Fanno il loro ritorno anche le sezioni stealth in cui sarà utile (ma non necessario) mettere KO tutti I nemici senza farci notare.

Charlie è davvero un'ottima new entry nel cast di Uncharted

Dal punto di vista prettamente ludico, quindi, Uncharted 3 offre poco in più rispetto a quanto fatto dal suo predecessore, e il mancato bilanciamento delle difficoltà – accompagnato da un’intelligenza artificiale non troppo brillante – mettono il bastone tra le ruote alla formula di gioco. Il modo migliore per godersi l’avventura, quindi, è quello di giocare a difficoltà Normale o, perchè no, Facile. In una decina di ore si può portare a termine l’avventura single player che, in una conclusione che ricorda molto il secondo episodio della saga, si chiude in modo un po’ sbrigativo e superficiale.

Focus sull’online

Negli scorsi anni è capitato più volte di vedere i fan di un gioco in fermentoso dubbio riguardo l’integrazione di modalità online in titoli orientati principalmente verso il single player. “Così non sfrutteranno le proprie energie per il singleplayer” dicevano. Uncharted 2, così come inFamous e altri ancora, era riuscito però a confermare come potesse essere possibile fondere modalità offline ed online in un equilibrato mix di qualità. Con Uncharted 3, invece, sembra che Naughty Dog abbia concentrato tutti i suoi sforzi per confezionare una più completa e profonda modalità online. Il risultato è senza dubbio di ottimo livello, ma forse si torna a pensare che l’implementazione di tale modalità abbia fatto mettere in secondo piano il focus sul singleplayer.

Una mappa in movimento? Perchè no!

Giocabili anche in LAN, sono disponibile diverse modalità di gioco, alcune cooperative ed altre competitive. Le prime sono slegate dalla trama principale de L’Inganno di Drake, e consentono a tre giocatori in contemporanea di divertirsi abbattendo orde di nemici e portando a compimento diversi obiettivi di gruppo. Niente di particolarmente complesso, ma il divertimento è assicurato e il gioco risolta solido e convincente. Più varie sono però le modalità competitive, che offrono diverse varianti di gioco alle già note Saccheggio, Tutti contro Tutti o Obiettivo a squadre. Molto interessante una modalità di gioco in cui una squadra deve fare di tutto per collezionare tesori, mentre l’altra deve impedirlo ad ogni costo. Non mancano scontri a squadre (e questa volta è stata aperto un gran portone alla realizzazione dei Clan) o modalità ad obiettivi individuali.

Ogni arma sarà fortemente personalizzabile

In ogni tipologia di scontro da noi scelto, noteremo come sarà di fondamentale importanza essere dotati di armi adatte alle diverse circostanze, ed è proprio su questo aspetto che Naughty Dog si è concentrata maggiormente. Ogni arma, primaria o secondaria che sia, può essere potenziata con perks da noi acquistabili con i soldi virtuali ottenuti durante le partite. Mirini migliori, velocità di ricarica potenziata, grandezza dei caricatori aumentata e così via. Si aggiungono anche perks che migliorano le nostre abilità acrobatiche, come la velocità con cui potremo salire le scale, agrapparci, scattare, e via discorrendo.
Gli scontri sono molto vari, e in modo assolutamente random vengono dati bonus alle varie squadre, rendendo totalmente imprevedibili le sorti di ogni partita. E’ tutto ben equilibrato, e al fattore divertimento si aggiunge un discreto editor del personaggio, adatto agli amanti della personalizzazione estrema.

Commento finale

Uncharted continua ad affermarsi come indubbio sinonimo di qualità, ma la terza avventura di Nathan Drake e soci è affetta da difetti che non possono essere ignorati. Pensando all’impatto e al livello qualitativo de Il Covo dei Ladri (l’intro ed il livello in movimento sul treno fanno scendere una lacrima di gioia), appare evidente come con Uncharted 3 si sarebbe potuto fare di più sia dal punto di vista del gameplay che da quello dei contenuti. La modalità online sembra essere il punto forte del gioco, ma rimane una bella esperienza di rete confinata ai fan della serie. Forse elogiare a dismisura i Naughty Dog potrebbe farli adagiare sugli allori.

8/10

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Alex Camilleri
Fondatore e admin. Nel lontano 2008 apre UPSBlogIt, un blog personale dedicato al mondo PlayStation. Il progetto cresce rapidamente ed evolve dopo tanti anni in PlayStationBit. Adesso sviluppa videogiochi.

4 Commenti

  1. Sono d’accordo per lo più con tutta la recensione..
    E come è stato scritto in essa:
    [SPOILER]
    [SPOILER]
    [SPOILER]
    Il finale de “L’inganno di Drake” è praticamente identico a quello de “Il covo dei Ladri”…

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