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Wolfenstein: The New Order – Recensione

Publisher: Bethesda Softworks Developer: MachineGames
Piattaforma: PS4 (disponibile anche su PS3) Genere: FPS Giocatori: 1 PEGI: 18

La saga di Wolfenstein, da qualsiasi punto la si guardi, emana storicità. Oltre alla sceneggiatura che prevede una collocazione temporale degli avvenimenti nel passato relativamente recente, i primi Wolfenstein rivestono un ruolo di assoluta importanza nello scenario videoludico: Castle Wolfenstein (1981) è uno dei pionieri del genere stealth, mentre Wolfenstein 3D (1992) contribuì in maniera assolutamente determinante alla diffusione di quello che oggi è il genere saturo per eccellenza, quello degli sparatutto in prima persona.

Wolfenstein The New Order

Hitler era un dittatore. E vegetariano. Ma, in fondo in fondo, anche un cyborg.

Catapultati nel 1946, ci troviamo nei panni dell’agente William Joseph “B.J.” Blazkowicz, intento a fronteggiare prima in cielo e poi in campo aperto un esercito nazista al colmo del suo potere e sul punto di conquistare il mondo, grazie ad enormi passi avanti fatti in campo tecnologico. Le cose non andranno per il meglio, mettiamola così, e dunque finiremo in uno stato comatoso a causa del quale perderemo il contatto con la realtà per svegliarci 14 anni dopo, nel 1960, in un manicomio, accuditi da una bella infermiera polacca che risponde al nome di Anya. Durante il nostro “lungo sonno”, le cose, se possibile, sono ancora peggiorate, e quello che sembrava solo un incubo è diventato realtà: i nazisti hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, conquistando la capitale della resistenza europea, Londra, ma anche Mosca e New York. La Statua della Libertà e l’Empire State Building sono andati in frantumi, mentre nel 1954 la Germania è arrivata sulla Luna, fatto emblema di progressi scientifici semplicemente incredibili, che hanno avuto un riscontro, nemmeno a dirlo, anche in ambito bellico, con lo sviluppo di robot assassini pronti ad annientare qualsiasi forma di protesta, o il potenziamento di normali cani da guardia con implementazioni robotiche, pronti a farvi saltare sulla poltrona con le loro comparse rabbiose, repentine, del tutto inaspettate.

Anya, la bella infermiera polacca che ci salverà il deretano. Come vedete, è di una bellezza molto acqua e sapone: un segno di maturità pure questo.
Anya, la bella infermiera polacca che ci salverà il deretano. Come vedete, è di una bellezza molto acqua e sapone: un segno di maturità pure questo.

La sceneggiatura di base, come avrete capito, non si discosta eccessivamente da quelli che sono i pilastri della serie e non offre molto di nuovo, almeno ad un’occhiata rapida e un po’ generalista. Già, perché con il passare dei capitoli, sedici in totale, i personaggi si rivelano essere meravigliosamente caratterizzati, sia quelli primari che quelli secondari: Blazkowicz, che all’apparenza, e solo all’apparenza, sembra il classico protagonista imbecille da sparatutto in prima persona odierno, tutto muscoli, urlate e proiettili sparati, dimostrerà di avere una personalità tutta sua, molto ben definita, capace di conquistare e fare affezionare chiunque segua le sue peripezie. Le vicende narrate a schermo riescono, inoltre, a coinvolgere il giocatore grazie alla maturità con cui sono trattate le tematiche che ne scaturiscono, anche grazie ad una “regia” virtuale delle eccellenti cut-scenes a tratti assai brillante e decisamente più interessante di quello che Hollywood, nella maggior parte dei casi, fa arrivare nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.

L'atmosfera e il design generali sono molto ispirati
L’atmosfera e il design generali sono molto ispirati

Tutto questo per dirvi che gli sviluppatori si sono concentrati moltissimo sulla campagna “single player” di Wolfenstein: The New Order, e il fatto di non offrire una componente online risulta essere stata una scelta giustificabile e giustificata, almeno da parte del sottoscritto, considerando la cura e l’amore per i dettagli presenti “offline”. Il coraggio di andare in controtendenza rispetto agli FPS più blasonati, come Call of Duty o Battlefield, avvicinandosi a quella che è la filosofia di Bioshock, non può che essere applaudito di gusto, anche tenendo conto del fatto che la longevità del titolo è molto elevata, almeno rispetto agli standard attuali. Si parla di oltre una decina di ore di gioco circa per arrivare al termine dell’avventura principale, con ben cinque livelli di difficoltà diversi, intercambiabili in qualsiasi momento, tanti collezionabili sparsi per i livelli di gioco e addirittura, udite udite, una campagna parallela, sia a livello di trama che di gameplay, in base ad una fondamentale scelta fatta nelle fasi iniziali del titolo, che vi lasceremo il “piacere” di scoprire da soli (il virgolettato è doveroso visto il tenore della scelta che dovrete fare…).

La furia della feccia nazista non risparmierà neppure un manicomio...
La furia degli sporchi nazisti non risparmierà neppure un manicomio…

Non siamo soliti parlare così a lungo della trama di un videogioco in sede di recensione preferendo dare ampio spazio anche alle meccaniche di gioco, che comunque sviscereremo nel prossimo paragrafo, non temete, ma questo era solo per farvi capire quanto chi sia sempre alla ricerca di una storia bella e intensa, troppo spesso prerogativa esclusiva di libri e film, debba prestare molta attenzione a Wolfenstein: The New Order.

Google

Falcidiare la feccia crucca

Il gameplay di questo Wolfenstein è un riuscito tentativo di sincronizzare passato e presente del genere degli sparatutto in primo persona, venendo a volte a contatto con il futuro. Passato perché gli sviluppatori non hanno scordato la storia del brand e la sua natura quasi arcade. Niente auto-rigenerazione della vita al riparo dal fuoco nemico, in Wolfenstein, o almeno questa componente oggi così diffusa risulta essere molto parziale e limitata: ad indicare il vostro stato di salute c’è infatti un classicissimo numero che inizialmente va da zero a cento e che proseguirà oltre con i necessari potenziamenti energetici. Per rigenerarvi dovrete mettervi alla ricerca di altrettanto classici “kit medici”, oppure tentare il tutto per tutto scovando elmetti e giubbotti antiproiettili, che porteranno alla comparsa di un altro numerino a fianco di quello della vita, che indicherà lo spessore della vostra “corazza”. Tutti provvedimenti e scelte che fanno molto “old school”, e che sanno proprio di roba buona e giusta.

httpvh://www.youtube.com/watch?v=MgTSfJEf_jM

httpvh://www.youtube.com/watch?v=9RVVHXdMmog

Gli sviluppatori hanno comunque scelto di venire incontro alle esigenze dei giocatori più giovani, come anticipato, inserendo un sistema di copertura di killzoniana memoria nel gameplay, la possibilità di lanciarsi in scivolata sparando allo stesso tempo, e una discreta varietà di armi, che pur non essendo numerosissime riescono comunque a coprire in maniera sufficiente tutte le varietà possibili: pistola, fucile d’assalto, fucile da cecchino e fucile a pompa hanno risposto tutti presente. Non manca anche un sistema di sviluppo dell’ottimo Blazkowicz, non particolarmente profondo ma piuttosto originale: per ampliare le vostre abilità in fase stealth, ad esempio, dovrete eseguire proprio un certo numero di uccisioni stealth, ad esempio. Più adotterete un certo tipo di stile di battaglia, più diventerete abili in quello, sostanzialmente.
Tocca ora a due menzioni particolari: la prima va alla possibilità, per la gioia di tutti i fan della serie, di imbracciare la doppia arma, per una minore precisione ma una duplice potenza di fuoco. A goderne è soprattutto il divertimento, visto che sterminare nazisti come se non ci fosse un domani sparando fuoco e piombo a tutto schermo è sempre e comunque una gran figata, se mi passate il termine tecnico per sottolineare il mio entusiasmo in merito. La seconda va ad un’arma speciale, una sorta di fucile energetico dotato di duplice funzione, richiamando in causa la componente futuristica a cui ho accennato ad inizio paragrafo: una, quella classica di “fuoco”, con cui farete (letteralmente!) esplodere il crucco di turno; l’altra, quella che permetterà al fucile di emettere una fiamma ossidrica, ottima per sciogliere catene e reti metalliche, e che permetterà a noi di accedere ad aree altrimenti impossibili da raggiungere. Da sottolineare anche la piega prettamente “trash” che il gioco si concede soprattutto nelle fasi più avanzate del gioco, con somma nostra gioia: non mancano esseri umani ridotti a brandelli o teste esplose con tanto di fontanella di sangue a seguire, tanto per citarne solo un paio.

William Joseph “B.J.” Blazkowicz, il protagonista: sembra il tipico personaggio insignificante e anonimo del solito FPS odierno, SEMBRA.

Di Wolfenstein: The New Order fino ad ora abbiamo parlato solo bene, ma è tutto veramente all’acqua e rose? Purtroppo no, perché oltre alla sequenze in cui dovremo seminare piombo a volontà, ci sono anche quelle che almeno in teoria dovrebbero essere stealth. In realtà queste ultime, sia per un level design mai veramente brillante, sia per un’intelligenza artificiale a tratti imbarazzante (diciamo anche soprattutto per quest’ultima), si rivelano piuttosto piatte e il più delle volte evitabili con l’approccio “alla Rambo”, decisamente più divertente e meglio sviluppato. Se non altro a differenza di titoli come Dishonored o Thief, in cui la scelta data al giocatore di agire con la furtività o la violenza è clamorosamente fittizia, dato che optando per la seconda si finisce per diventare carne da macello nel giro di pochi istanti, in Wolfenstein la facoltà di agire in base alle proprie preferenze è realmente presente. Ci riserviamo qualche riserva anche per le pseudo boss fight presenti, comunque rare, ma mai spettacolari e anzi piuttosto noiose.
Chiudiamo la recensione con una breve analisi dei comparti audiovisivi: gli sviluppatori si sono giocati il tutto per tutto, per cui Wolfenstein girerà sulla vostra PlayStation 4 a 1080p, con 60 fotogrammi al secondo. Nel complesso l’impatto grafico non è dei più micidiali, ma il gioco scorre con una fluidità eccezionale – anche a livello di caricamenti, complice la corposa installazione da una cinquantina di GB circa -, caratteristica fondamentale per un FPS degno di tal nome. Buono anche il doppiaggio, in italiano, che ha sicuramente aiutato a rendere ancora più cinematografiche le cut-scenes che abbiamo già avuto modo di elogiare sopra. Applausi con tanto di richiesta di “bis” vanno ai brani musicali presenti, niente di meno che canzoni realmente esistenti opportunamente – e genialmente – modificate in salsa “Terzo Reich”: trovate in giro per l’articolo in sequenza, a mo’ di esempio, “House of the Rising Sun” nella versione resa celebre dai “The Animals” e successivamente quella concepita per Wolfenstein: The New Order.

httpvh://www.youtube.com/watch?v=T1rTMDAo-LA

Commento finale

Wolfenstein è tornato, signore e signori, con la sua atmosfera storica, horror, fantascientifica, bellica e a tratti pure un po’ trash. Una campagna single player tra le più belle degli ultimi anni farà presto dimenticare la totale assenza di modalità di gioco online (una scelta, questa, consapevole da parte degli sviluppatori), così come un solido gameplay che gioca ad oscillare tra passato e presente. Peccato solo per un IA a tratti intollerabilmente tonta e delle sezioni stealth da rivedere. Se, comunque, siete disposti a chiudere un occhio, e la caratterizzazione dei personaggi , una bella trama e un’atmosfera forte contano parecchio per voi in un videogioco, siete liberi alzare il voto qui sotto di un punto.

8/10

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Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.