Little Big Workshop – Recensione

Sviluppatore: Mirage Game Studios, Massive Miniteam Publisher: HandyGames Piattaforma: PS4 Genere: Strategico Giocatori: 1 PEGI: 3 Prezzo: 19,99 € Italiano:

Oggi vi proponiamo la recensione di Little Big Workshop, gestionale di Mirage Game Studios che ignora qualsiasi emendamento sindacale per dar vita a fabbriche iperproduttive.

Andiamo a lavorar

La storia di Little Big Workshop è quanto di più semplice ci possa essere per un titolo di questo genere. Da novelli imprenditori, dovremo prendere in mano una piccola azienda e portarla ai vertici mondiali. Per farlo partiremo dal basso, iniziando con una coppia di lavoratori inesperti e un po’ pigri e qualche macchinario basilare e poco tecnologico. Ottenendo fama e denaro potremo ampliare la nostra ditta e diversificare la produzione, realizzando prodotto in vari materiali.

La base di Little Big Workshop è tutta qui, un gestionale piccolo che fa la voce grossa. Una sola modalità, la carriera, permette di cimentarsi nella sopra citata missione di diventare macchine da soldi, mentre da un comodo menù delle opzioni è possibile aggiustare alcuni parametri di gioco. Nella sua semplicità, il titolo di Mirage Games Studios offre però una serie di meccaniche interessanti e innovative. L’opera è così in grado di incuriosire e intrigare sia i giocatori occasionali che i fan del genere.

Meglio di Amazon

Abbiamo volutamente parlato dei giocatori meno esperti perché Little Big Workshop è un prodotto che prende tutti per mano e guida nell’apprendimento. Le fasi iniziali, in cui sono presenti un paio di stanze e qualche sparuto macchinario, fanno infatti da ampio tutorial e illustreranno i semplici comandi adattati alla perfezione per il DualShock.

Le meccaniche di base sono anch’esse molto semplici: è sufficiente selezionare un prodotto e creare un progetto scegliendo materiali e strumenti per dare il via alla realizzazione. Questa viene fatta in autonomia dai lavoratori, che scelgono i banchi su cui lavorare i materiali. Una volta terminata la produzione l’oggetto potrà essere consegnato o venduto.

La vendita può avvenire a clienti fissi, con cui potremo aumentare l’affiancamento, oppure al mercato. Questa è una funzione inedita per il genere e molto interessante: proprio come nel mondo reale, i prezzi subiranno variazioni in base a domanda e offerta. Vendere al momento sbagliato comporterà una perdita rispetto ai costi di produzione, ovviamente dannosa per la nostra piccola, grande azienda.

Una ditta in espansione

Data la sua natura di gestionale, in Little Big Workshop non manca la possibilità di espandere e migliorare la propria azienda. Con l’aumento delle richieste infatti è necessario acquistare nuovi macchinari e assumere personale.

Questo rende però importante gestire al meglio le aree della fabbrica, creando nuove stanze e lasciando spazio per sale relax. L’assenza di riposo infatti farà crollare i dipendenti rendendoli inutili per un lungo periodo di tempo, molto più di quello richiesto per un buon caffè. Pur non essendoci controlli sindacali, sarà quindi buona norma tenere il morale alto per far lavorare ogni operaio al meglio.

La puntualità è infatti uno degli elementi più importanti di Little Big Workshop. Ritardare nella consegna di un ordine a un cliente oppure arrivare dopo la chiusura del mercato comporterà a volte una perdita di denaro importante. Arrivare al fallimento è comunque molto difficile. La curva di difficoltà di Little Big Workshop è molto dolce e non si rischia quasi mai la bancarotta, se non con acquisti scellerati.

Un ulteriore aiuto alla fabbricazione deriva dalla possibilità di collegare più piattaforme. Questo consente a lavoratori diversi di fabbricare un singolo prodotto, velocizzando ulteriormente il processo.

Dal produttore al consumatore

Uno degli aspetti meglio riusciti è il comparto grafico, che per certi versi ricorda i giochi in legno degli anni Ottanta. L’intera area della fabbrica è piazzata su un foglio di carta millimetrata e il tutto sembra la simulazione di un gioco di miniature di un bambino.

Nonostante questo, Little Big Workshop sembra quasi fin troppo banale in certi frangenti. La mancanza di varietà nelle meccaniche accentua questa sensazione di monotonia, tanto che suggeriamo di affrontare la sfida a piccole dosi. Simpatica anche l’idea di poter rinominare i propri lavoratori, così da creare magari la fabbrica con i propri amici o famigliari.

Un plauso va fatto anche alla colonna sonora, davvero molto interessante e perfetta per questi tipo di gestionale. Anche gli effetti sonori fanno la loro figura, con tanto di voci deformed per i personaggi che ricordano il classico The Sims. Buona anche la longevità: diventare i migliori direttori di fabbrica del mondo richiederà svariate ore e una perfetta pianificazione. Purtroppo però non si arriverà a durate colossali come per i capisaldi del genere, ad esempio le oltre cento ore di Two Point Hospital.

I completisti inoltre potranno cimentarsi nel DLC The Evil, già disponibile sul PlayStation Store e perfetti per aggiungere al gioco un pizzico d’imprevedibilità (e di malvagità).

Trofeisticamente parlando: coppe di legno

Come in qualsiasi gestionale che si rispetti, anche in Little Big Workshop ottenere il Platino sarà una questione tutt’altro che breve. La lista trofei non nasconde però insidie esagerate, tanto che sarà necessario concentrarsi sul successo della propria fabbrica per ottenere tutte le coppe.

VERDETTO

Little Big Workshop è, per parafrasare il suo titolo, un piccolo grande gioco. Si tratta del gestionale perfetto per i neofiti del genere, che potranno apprendere le basi in maniera semplice e rapida. La curva di difficoltà è dolce, ma riesce a regalare grandi soddisfazioni. Ai livelli alti, comunque, è richiesta una buona abilità di programmazione. Una monotonia di base e l'assenza di grandi innovazioni non gli permettono di eccellere, ma consigliamo Little Big Workshop a tutti coloro che cercano un'esperienza leggera e divertente.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.