Curse of the Sea Rats – Recensione

Sviluppatore: PQube Games Publisher: Petoons Studio Piattaforma: PS5 (disponibile anche per PS4) Genere: Metroidvania Giocatori: 1-4 PEGI: 7 Prezzo: 19,99 € Italiano: Audio + Sottotitoli

Una vita avventurosa ed impavida, ricolma di insidie e tranelli, queste son sempre state le prospettive e le brame di un pirata. Non c’è da meravigliarsi se sin da bambini siamo sempre rimasti affascinati, quasi catturati oniricamente dalle storie sulla pirateria. Partendo da questo presupposto, prende piede prepotentemente Curse of the Sea Rats, un titolo indie sviluppato da Petoons Studio e pubblicato da PQube. Ma vediamo nel dettaglio cosa effettivamente è stato in grado di trasmetterci questo metroidvania e se, in qualche misura, sia riuscito a rievocare la nostra infanzia.

Pirati con baffi e coda

La storia di Curse of the Sea Rats comincia nel 1777 sulla costa irlandese, quando ormai la pirateria è quasi giunta alla sua epica conclusione. Una nave ammiraglia dell’Esercito Reale, carica di malvagi pirati e prigionieri in attesa di giudizio, salpa dai Caraibi alla volta della Gran Bretagna. Durante il travagliato viaggio di ritorno, la strega pirata Flora Burn, lancia un incantesimo utilizzando un antico amuleto che trasforma chiunque si trovi a bordo… in ratti.

Non contenta del suo operato, la strega rapisce il figlio dell’Ammiraglio e si dà alla fuga con la sua ciurma pirata. Inebetito ed addolorato, quest’ultimo raggiunge un accordo con gli ultimi rimasti, offrendo loro la libertà in cambio del salvataggio del figlio. Subito dopo l’inizio della nostra avventura veniamo a conoscenza di Wu Yun, emissario dello Shen dei mari del sud, intrappolato nel suddetto amuleto.

Egli ci spiega come l’occhio del serpente, pietra dal potere mistico utilizzata per maledire l’intero equipaggio, abbia viaggiato per secoli attraverso tutto il mondo. Passando di mano in mano, chiunque ne fosse in possesso, aveva sempre ricevuto la sua benevolenza, addebitando un prezzo onesto per questo. Nonostante qualcuno avesse cercato di distruggerlo, l’occhio del serpente era sopravvissuto, osservando il mondo. Spiega inoltre come recentemente Flora Burn lo abbia rubato nei Caraibi, di come stia iniziando a gestire questo potere e di quanto esponenzialmente crescano le sue abilità.

Bello si ma… non troppo.

I presupposti per un grande titolo certamente non mancavano, una trama semplice ma d’impatto che se sfruttata a dovere sarebbe potuta essere oro. Questo piacevole preambolo tuttavia, viene totalmente surclassato da un’esperienza di gioco piatta ed insipida, ricca di problemi legati quasi esclusivamente al sistema di combattimento.

L’impostazione degli scontri difatti risulta fin troppo classica, basandosi su 3 attacchi principali: un tasto per attacco/difesa, uno per il salto e uno per i consumabili. E’ presente un sistema di abilità uniche per ciascun personaggio, ma il risultato è un mappazzone che tenta invano di mescolare elementi RPG e soulslike. Gli sviluppatori hanno cercato indarno di rifarsi a titoli di una caratura elevata quali Hollow Knight, Castelvania e persino Dark Souls, con un risultato del tutto insufficiente.

Il gameplay frana quasi immediatamente nel banale, tra scontri e bilanciamento della difficoltà. Nel primo caso vi è una sufficiente varietà, considerando la presenza di quattro eroi specializzati nel corto e lungo raggio e di una discreta ricchezza di nemici. Tutto ciò risulta però monocorde e deludente e scade nell’ovvia ripetitività di scontri sempre identici tra loro.

Il titolo presenta poi una curva di difficoltà incredibilmente ripida nelle prime fasi, tale da costringere il giocatore ad un farming ossessivo tale da raggiungere un livello adeguato per fronteggiare il primo boss. Ciononostante, una volta superato questo ostacolo, il titolo invertirà la rotta (e visto il tema è proprio la definizione giusta), diventando improvvisamente facile e rovinando di fatto l’esperienza globale. Questa inaspettata conseguenza la si potrebbe attribuire alla scelta – inspiegabile – degli sviluppatori di inserire personaggi sproporzionatamente più forti di qualunque nemico, boss inclusi.

Prendiamo ad esempio Buffalo Calf e Akane Yamakawa: entrambi possiedono la capacità di colpire dalla distanza in maniera del tutto illimitata. Il primo in particolare è in grado di utilizzare un’abilità paralizzante che stordisce gli avversari dandovi il tempo di finirli. Dov’è la sfida dunque? Quella che dal principio sembrava un gioco punitivo e complesso fallisce quindi proprio sotto questo aspetto.

Oscillando tra luce e oscurità

Mettendo momentaneamente da parte gli aspetti tecnici del titolo, sarebbe bene ritagliare uno spicchio all’aspetto artistico. La mappa di gioco di Curse of the Sea Rats, si dipana man mano che proseguiremo nelle varie zone di gioco, alla stregua di Bloodstained: Ritual of the Night.

I vari luoghi sono ben distribuiti e realizzati: si passerà da una scogliera chiara ed abbagliante a tetre caverne sature di insidie. Un mondo bello da guardare, senza ombra di dubbio, ma deficitario dal punto di vista dell’esplorazione. Andando avanti difatti, non si ha mai quella sensazione di essersi persi qualcosa e, tolte un paio di eccezioni, tutto risulterà troppo lineare e prevedibile.

Persino le poche quest secondarie che ci verranno affidate da vari personaggi non fanno altro che aggravare questa mancanza. Non si ha mai la sensazione di essersi persi o di non sapere dove andare, facendo sfociare l’esplorazione in un’esperienza monotona ed eccessivamente “su binari”. Persino dal punto di vista sonoro Curse of the Sea Rats non eccelle. Un’unica, insistente e fastidiosa cantilena ci accompagnerà per l’intera avventura: si poteva fare decisamente di più, dato che il tema piratesco offre senza dubbio innumerevoli spunti.

Il Platino di Curse of the Sea Rats

La lista di Curse of the Sea Rats è composto da ben 36 coppe, tra cui 24 bronzi, 5 argenti, 6 ori ed ovviamente il Platino. Il titolo presenta 4 trofei mancabili, di cui 3 legati ai vari finali e solo uno legato ad un quest secondaria, in cui avremo tre tentativi per completarla, falliti i quali, il personaggio sparirà dalla mappa. Al momento non è possibile ottenere il Platino del titolo, andando ad aggravare una situazione già critica di suo, avendo 6 trofei affetti da bug, tra cui il finale buono. Bene, ma non benissimo, soprattutto per i cacciatori incalliti.

VERDETTO

E’ triste, anche un po’ mortificante, quando un titolo su cui avevi grandi aspettative, risulta una delusione. A parte probabilmente i primi venti minuti di gioco, Curse of the Sea Rats non riesce mai a prendere il volo, restando ancorato (ironicamente) a terra dall’ineluttabile banalità da cui viene pervaso. Se questo non fosse abbastanza, ci aggiungiamo l’impossibilità di assistere al vero finale, quello buono, dato che l’ingresso nell’ultima zona di gioco è interdetto da un clamoroso crash. Il consiglio è di meditare a lungo sulla possibilità di acquistare il titolo dato che, come noi, anche voi potreste rimanere delusi. Se però il team dovesse riuscire a sistemare i vari problemi e modulare meglio la curva di difficoltà, chissà cosa Curse of the Sea Rats potrebbe diventare.

Guida ai Voti

Giuseppe Annoscia
Accanito lettore, grande appassionato di sport e videogiochi da che ha memoria (per mascherare il fatto che non lo ricordi), di tanto in tanto attore e ballerino. Sembrerebbero menzogne, ma Giuseppe assicura personalmente che non lo sono. Articolista diligente , ligio e operoso , sempre disponibile e attivo (tranne quando riposa le sue stanche membra). Nel tempo libero si dedica alla sua più grande passione: i PLATINI, difatti lui crede non ci sia soddisfazione maggiore che centare un game (a parte coccolare i suoi 3 gattini).