Mary Skelter: Nightmares – Recensione

Sviluppatore: Compile Heart Publisher: Idea Factory Piattaforma: PS Vita Genere: Action RPG Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 39,99 € Italiano:

Al solo sentir parlare di Compile Heart, molti videogiocatori di tutto il mondo si limitano a ricordare la famosa serie di Hyperdimension Neptunia dimenticandosi, o ignorando del tutto, che questa software house è una delle poche a provare a sperimentare grazie ai suoi titoli minori. Tra un capitolo dedicato a Neptune e l’altro, questo talentuoso studio nipponico non ha però mai saputo fare bottino pieno con i suoi lavori, principalmente per colpa di alcune meccaniche poco innovative e per un comparto grafico quasi mai all’altezza.

Questo Mary Skelter: Nightmares vuole però distaccarsi dal trend non sempre positivo che ha caratterizzato la storia di questi giovani sviluppatori. Il setting, diversamente dai toni allegri e spensierati di molti dungeon crawler da loro prodotti, è molto dark e a tratti minaccioso; la leggera presenza di fan service è piacevole, ma mai pesante; alcune interessanti ma poco innovative meccaniche ruolistiche fanno di questo titolo un gioco con una personalità propria. Questa personalità in particolar modo viene perfettamente trasmessa dalla profondità dei personaggi interpellati, tutti ottimamente caratterizzati e sviluppati. Non perdiamoci però in inutili chiacchiere e se volete sapere se questo interessante JRPG è riuscito a sorprenderci, non vi resta che continuare la lettura con la nostra recensione completa.

Sangue, incubi e… Marchen

Questo Mary Skelter: Nightmares stravolge, almeno narrativamente, quelle che sono le abitudini di Compile Heart: inondare tutto di procaci donnine fregandosene della caratterizzazione o dell’empatia. In questo titolo è possibile invece trovare un cast di personaggi molto valido, ottimamente sviluppato e dai caratteri diversi e mai scontati. In particolare, ogni personaggio riflette su di sé in maniera diversa quello che è il mondo oscuro in cui è costretto a vivere, facendo trasparire, oltre a una percezione diversa della realtà, un diverso modo di vedere le cose che contribuisce a rendere ognuno di loro semplicemente unico.

Come anticipato nelle righe precedenti, il setting scelto per questo titolo è quanto di più cupo e inquietante si possa immaginare. Una delle più grandi città del Giappone infatti è stata attaccata da un misterioso essere che ha imprigionato i pochi fortunati che sono riusciti a sopravvivere al suo tremendo attacco. Proprio in questa prigione, sorta nell’enorme cratere che ha inghiottito la metropoli, Jack e Alice cercano di sopravvivere come meglio possono alla minaccia dei Marchen, spietate creature che giorno dopo giorno torturano e controllano i poveri prigionieri.

Le vite dei giovani vengono però stravolte dalla comparsa di Red Riding Hood, una sensuale fanciulla che sostiene di essere una Bloody Maiden, ossia coloro che riescono a tener testa a questi temibili demoni. Oltre a essere dotate di particolari abilità, le Bloody Maiden, che sono solo ragazze, hanno necessità di nutrirsi regolarmente di sangue per evitare di impazzire e trasformarsi in veri e propri vampiri. Una volta in salvo e scoperta la sua reale natura, Alice si unisce al Blood Team, un’organizzazione nata con l’obiettivo di liberare tutti i prigionieri dei Marchen. Se il destino di Alice pare ben chiaro, per Jack ci sono non poche sorprese. Il Bloody Skelter, lo stato di alterazione di cui abbiamo parlato prima, ha bisogno infatti di essere controllato e il giovane viene a conoscenza che, per cause ancora sconosciute, il suo sangue è proprio quello che serve alle Bloody Maiden per non impazzire.

Le prime ore di intensa, a volte eccessiva, narrazione proseguiranno a ritmi discontinui per tutto il corso della campagna principale, che potrà essere completata in una cinquantina di ore. Il titolo ha saputo però sorprenderci proprio per la sua narrazione a tratti profonda ed emozionale, ben lontana da quella superficiale e ingenua che caratterizzava alcune recenti produzioni di questo studio nipponico.

Una difficoltà mal calibrata

Fin dai primi duelli appare troppo chiaramente che questo Mary Skelter: Nightmares è un titolo non adatto a tutti. L’apparente facilità e linearità delle azioni che andremo a fare è in contrasto con l’eccessivo livello di sfida degli scontri con i demoni, molto spesso tediosi e mal calibrati. Andiamo con ordine però. La struttura di base non è molto diversa da quella di altri dungeon crawler quindi, oltre a esplorare attentamente l’intero dungeon e accaparrarsi tutte le risorse e attrezzature possibili, si deve fare i conti con il boss finale che sarà un cliente tutt’altro che amichevole.

Il sistema di combattimento, per quanto piuttosto basilare, ha bisogno di molto tempo prima di essere padroneggiato perché si divide sostanzialmente in due parti: quello caratteristico delle Bloody Maiden e quello di Jack. Mentre le giovani guerriere hanno a disposizione un vasto arsenale di armi e abilità, il compito di Jack è quello di difenderle ed evitare il Bloody Skelter. Il giovane ha infatti la capacità di difendere le guerriere usando il suo corpo come scudo e di poter donare il proprio sangue per evitare problemi maggiori.

Per quanto riguarda l’aspetto più ruolistico, il gioco dispone di una vasta categoria di oggetti equipaggiabili, tutti rientranti in una precisa categoria. Tra di essi sono presenti alcuni particolari item che possono essere letteralmente donati alle ragazze per accrescere il loro affetto nei nostri confronti, avvicinando il videogiocatore verso la propria prediletta. La personalizzazione però non si limita all’equipaggiamento, infatti oltre alla modifica della classe si può personalizzare il proprio set di skill e abilità per adattarle al meglio alle diverse situazioni.

Il più grande problema di Mary Skelter è, come detto in precedenza, la difficoltà generale che inonda il titolo fin dai primi minuti di gioco. La curva di apprendimento delle meccaniche di battaglia è fin troppo punitiva e la possibilità di salvare in ogni istante riesce solo parzialmente a controllarla. La semplicità dell’esplorazione si scontra inevitabilmente con la difficoltà nell’apprendere le migliori strategie contro determinate tipologie di nemici che risulta (a volte) frustrante e tediosa. Il grinding riesce a mettere una leggera pezza a questo problema, ma questo dovrebbe essere una scelta del giocatore e non un obbligo per continuare l’avventura. Sotto questo aspetto si poteva fare di più.

Un titolo difficilmente valutabile

Dopo aver fatto i conti con la narrativa e il gameplay, dobbiamo fare lo stesso con l’analisi del comparto tecnico, storicamente la nemesi principale per i ragazzi di Compile Heart. Se consideriamo che il titolo è stato sviluppato per Vita e quindi con tutti i limiti del caso, la grafica riesce a fare quanto richiesto e, anzi, per spezzare una lancia a loro favore, abbiamo molto apprezzato il sistema di esplorazione a caselle in prima persona.

Se da un lato non abbiamo apprezzato l’assenza di modelli poligonali dei nostri protagonisti, dobbiamo comunque sottolinearne l’ottima caratterizzazione di questi e di come richiamano in maniera allegorica i personaggi delle favole più famose, come Biancaneve e la Bella addormentata. Il comparto audio, invece, come molti titoli dall’impronta nipponica, riesce a creare una soundtrack di motivetti molto gradevoli all’udito e che, nelle varie situazioni, riescono a trasmetterci l’ansia e le paure dei momenti più angoscianti.

Senza dubbio Mary Skelter: Nightmares può farsi apprezzare dai puristi del genere, ma alla lunga difficilmente potrà risultare interessante verso il giocatore medio che cerca sempre qualcosa di semplice e immediato. La valutazione, proprio per i motivi sopra citati, risulta difficile e complessa a causa della presenza di pregi e difetti similmente importanti. Se da un lato abbiamo una componente narrativa ottimamente sviluppata e personaggi profondi e mai banali, dall’altro abbiamo una curva d’apprendimento fin troppo complicata da domare e una componente tecnica che, nel 2017, non riesce a soddisfare appieno. Nonostante questo possiamo solo che complimentarci con Compile Heart e incitarli affinché sfornino sempre più titoli slegati dal loro Hyperdimension Neptunia fin troppo ingombrante.

Trofeisticamente parlando: trophy nightmares

L’elenco dei trofei, che potete già consultare sul nostro forum, rappresenta una sfida tutt’altro che semplice, non tanto per le richieste dei singoli trofei quanto per una difficoltà generale che rende il tutto più complicato. I trofei d’oro, in particolare, richiedono il raggiungimento di determinati traguardi che, considerando appunto grinding e difficoltà, fanno aumentare il tempo per l’ottenimento del Platino di molte decine di ore. Senza dubbio, come lo stesso titolo ci vuole informare, anche la caccia a questo ambito trofeo sarà appunto… un incubo. Una sfida per pochi!

VERDETTO

Mary Skelter: Nightmares ha saputo sorprenderci principalmente per merito di una natura molto diversa da quella a cui ci avevano abituati i ragazzi di Compile Heart. Una storia cupa e matura, personaggi ottimamente caratterizzati e una narrativa solida sono i pilastri su cui è stato costruito questo titolo. Nonostante questo, però, il gioco soffre di un livello di sfida talmente alto da risultare a tratti frustrante e tedioso. Anche il lato tecnico, comparto audio escluso, soffre di fin troppe incertezze pur considerando l’hardware di riferimento. Siamo però sicuri che, sebbene il titolo risulti ostile a gran parte dei videogiocatori, i puristi del genere potrebbero trovare pane per i loro denti.

Guida ai Voti

Ivan Presutto
Ivan, tra studio e basket, riesce a ritagliarsi il suo angolo della giornata per immergersi nel magico mondo dei videogiochi. Gioca un po' di tutto ma i generi preferiti sono: gli shooter (TPS e FPS) e gli action (in particolar modo quelli con una forte componente stealth). Se gli date un controller... sogna!