NeverEnd – Recensione

Sviluppatore: Duck Publisher: Sometimes You Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Roguelike Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 3,59 € Italiano:

Il successo straripante di The Binding of Isaac: Rebirth, oramai datato 2014, ha letteralmente lanciato il genere roguelike in un contesto dungeon crawler a dei livelli che probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato. Da quel giorno molte aziende (prevalentemente indipendenti) hanno cercato di cavalcare l’onda del successo creata da McMillen e Himsl, riuscendo delle volte a rinnovarne lo stile o a catapultarlo in un altro concept (come successo con il bellissimo EVERSPACE), altre a riproporre la stessa opera con qualche spruzzata di personalizzazione qua e là. Questo è il caso di NeverEnd, che viene venduto sullo store al prezzo di una piadina kebab ma che vi farà rimpiangere di essere rimasti a stomaco vuoto.

Una trama ricercata

La trama di NeverEnd è ricercata, in senso stretto. Difatti, per conoscerla, è necessario andarla a leggere sullo store online dove potremo acquistare il titolo, dato che durante l’avventura non avrete alcun tipo di accenno a riguardo. Leggendo la descrizione scopriremo quindi che il protagonista è un semplice avventuriero che si risveglia misteriosamente in un’altra dimensione in cui il mondo è collassato.

Questi dovrà cercare di fuggire sfruttando le proprie abilità per difendersi dai mostri che popoleranno questo luogo nefasto, e saltuariamente usufruendo dell’aiuto di qualche essere apparentemente amichevole che gli consentirà di migliorare il proprio equipaggiamento. Come già detto, durante il gioco non ci sarà alcun accenno a tutto questo, ma per professionalità era nostro dovere infondervi questa informazione, anche perché non ci sarà molto altro di cui parlare.

Via, adesso si gioca!

Siamo dunque arrivati al momento cruciale di un roguelike: giocare! Purtroppo per NeverEnd, quello che dovrebbe essere il suo cavallo di battaglia si rivelerà essere la propria pietra tombale. “Perché?”. La risposta non tarderà ad arrivare. E’ legnoso. Purtroppo il gameplay non è stato progettato nel migliore dei modi, e questo renderà tutto il gioco un’esperienza immonda per chi si accingerà a provarlo. L’avventura inizierà con un solo bastone, il controllo direzionale degli attacchi è molto rudimentale e spesso carente, mentre le animazioni e gli script di attacco e movimento sia vostri che dei nemici saranno solo abbozzati.

Anche la meccanica della parata, disponibile fin da subito con lo scudo, risulterà presto stressante, poiché non è possibile eseguire dei parry e sarà possibile difendersi solo frontalmente, e questo non farà altro che riflettere nuovamente i problemi di scarsa fluidità dei comandi. Le cose non miglioreranno cambiando l’equipaggiamento, che renderà più vario il gameplay ma non per questo migliore, soprattutto quando inconsapevolmente acquisterete l’arco pensando che possa essere  pratico poter utilizzare degli attacchi a distanza, trovandovi tuttavia fra le mani un arnese inutilizzabile.

A noi dispiace sempre affossare i titoli “piccoli” (perché è a quelli che dedichiamo maggiori attenzioni), cercando di essere delicati quando proponiamo delle critiche, ma in questo caso ci sentiamo di dire che si è superato il limite della decenza, soprattutto su console fissa. Questa qualità tecnica è a malapena accettabile su telefono (ovviamente come app gratuita). Potrebbe essere accettata su console se ci fossero delle idee come cornice dell’opera, oppure se si volesse trasmettere un messaggio. In questo caso si tratta del riciclo dell’idea di qualcun altro, mal riproposta e di cui gli sviluppatori stessi dovrebbero vergognarsi. In sostanza adesso si gioca, ma fra poco non più.

La casualità è ovunque

Essendo un dungeon crawler, è logico che la struttura delle stanze sia generata casualmente, rendendo quindi ogni run teoricamente unica. Tale casualità, in NeverEnd, viene spezzata sul nascere a causa di due problemi. Il primo riguarda i nemici, di soli tre tipi (ragni, zombi e lupi), che possono essere trovati anche nelle loro versioni “maxi” e a cui si aggiunge il boss. Il secondo riguarda la finta varietà delle ambientazioni. Tutte le stanze sono quadrate, della stessa dimensione, con la stessa struttura di base. Potrete trovare stanze pacifiche dove non ci sarà da combattere, le quali si divideranno nelle stanze “shop” in cui potrete migliorare il vostro equipaggiamento e nelle stanze “di passaggio”, in cui semplicemente non trovate nulla (a parte alcune volte una piscina quadrata che, come in ogni gioco di scarsa qualità, provocherà il game over al primo tuffo).

Ma il problema nasce dove c’è da combattere, location vuote senza oggetti dello scenario con cui interagire se non qualche condotto del gas posizionato totalmente a caso intorno al quale possiamo muoverci per evitare gli attacchi nemici. Si poteva fare decisamente di più, soprattutto nel numero di modelli utilizzabili per arricchire lo scenario, quantomeno dal punto di vista visivo.

Non basta chiudere gli occhi

Se state pensando che lo stile grafico poligonale poco dettagliato e monocromatico sia la cosa peggiore del titolo dopo il gameplay, vi state sbagliando. Purtroppo gli screen in sovrimpressione non possono trasmettere dei suoni, ma d’altro canto vi salvate da un’altra tortura che questo gioco propone, dalla quale invece noi non siamo potuti fuggire. La colonna sonora è qualcosa di raccapricciante: un solo motivetto, quasi giocoso e scherzoso che, oltre a essere brutto dal punto di vista compositivo, è anche fuori dal contesto del titolo e dalle sensazioni che dovrebbero muovere il protagonista a fuggire da questa dimensione apocalittica.

Sembra quasi che la trama sia venuta fuori da una fanbase e non sia stata scritta dagli sviluppatori, ma poi ci rendiamo conto che non esiste una fanbase di questo titolo, e quindi accettiamo il fatto che anche come colonna sonora abbiano preso un granchio. Non si va meglio con gli effetti sonori, essendo i suoni dei fendenti di spada simili a quelli dei bazooka del primo Worms. NeverEnd si rivela essere un completo disastro. Non basta qualche sporadica buona idea come l’inserimento della mappa o la possibilità di reclutare delle creature alleate a rendere questo titolo meritevole. Steam pullula di questa roba, la nostra speranza è che il filtro qualitativo del PlayStation Network stia più attento in futuro.

Trofeisticamente Parlando: EndNow

Per ottenere il Platino di questo titolo sarà necessario completare il gioco, uccidere tutti i mini-boss senza morire, e completare il gioco utilizzando solo il bastone iniziale. Esiste comunque un glitch che vi permetterà di avere le vite infinite, rendendo le varie run molto più semplici, ma sarà possibile sbloccarlo solamente dopo aver superato una quarantina di stanze in maniera legittima.

VERDETTO

Un titolo che non offre nulla se non frustrazione e disgusto. Un apparato tecnico che risulterebbe raccapricciante anche per un'app gratuita per telefono, una difficoltà intrinseca dovuta alla legnosità dei comandi e a un controllo delle angolazioni non fluido lo rendono difficile anche da sopportare per più di un'ora. Un titolo che non ci saremmo mai augurati di vedere sul PlayStation Store. NeverEnd è, almeno per noi, uno dei peggiori titoli dell'intera generazione.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.