Revenant Saga – Recensione

Sviluppatore: Exe-Create Publisher: KEMCO Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita, Mobile) Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 14,99 € Italiano:

Uno dei titoli di punta di KEMCO è Revenant Saga, RPG vecchio stile sviluppato da Exe-Create (e, no, non con RPG Maker) che cerca in tutti i modi di essere un JRPG tradizionale, di quelli fatti bene… senza riuscirci. Personalmente bazzico nel mondo dei giochi di ruolo da quando ero piccola, ma mai mi era capitato di giocare un pasticcio del genere, fatto di infiniti dialoghi in cui i personaggi parlano troppo ma dicono davvero poco, ci sono allusioni non-sense, grafica che lascia a desiderare e musichette in loop che tartassano il sistema nervoso. Ma forse è meglio andare con ordine.

revenant saga recensione

Quella trama un po’ così

Il gioco comincia con il protagonista Albert segnato dalla prematura morte dei genitori per via di una misteriosa e contagiosa epidemia che sta colpendo diverse persone. Entra qui in scena la sua amica d’infanzia, Anna, che senza vergogna alcuna cerca allegramente di consolarlo dicendogli che ormai erano passati due mesi dal loro decesso e che era giunta l’ora di guardare avanti, manco fossero andati in vacanza. Karma vuole che nello stesso momento sbuca dal nulla un… tizio – conoscente? Abitante del villaggio? Persona a caso? Non l’ho capito – che avvisa la ragazza che i suoi genitori sono in punto di morte, presi improvvisamente anche loro dall’epidemia.

Dopo ore di dialoghi in cui l’azione è veramente poca e la trama va avanti a rilento, il buon Albert (l’unico personaggio con un minimo di cuore in mezzo a crudeli paesani e dottori pazzi) viene attirato dal dottor Moreau che gli promette una miracolosa medicina che potrebbe aiutare gli “appestati” a guarire. Per aiutare l’amica e onorare la memoria dei suoi genitori, Albert raggiunge il laboratorio del dottore (e qua, finalmente, si possono cominciare ad assaporare le fantastiche meccaniche di gioco di cui parlerò più avanti) scoprendo, sempre dopo secoli di dialoghi (i più lunghi che abbia mai dovuto affrontare), che è proprio il dottor Moreau la causa dell’epidemia e dell’ascesa dei Revenant, mostruosi ibridi demoni/non-morti che uccidono esseri viventi.

Albert, dopo varie peripezie (sempre di trama, azione poco e niente), resta vittima per metà dell’esperimento di Moreau e sarà costretto a convivere con un demone dentro di sé. Sempre per forza di trama passano due anni e ritroviamo Albert girovagare per il mondo con il demone Magnus, che cercherà per tutto il tempo di prendere il sopravvento sul suo lato umano (almeno fino ad allora senza riuscirci) e inscenando divertenti battibecchi con il suo ospite. Qua incontra Esther, un’aspirante valchiria cacciatrice di Revenant, e decide di partire con lei per uccidere i Revenant e trovare il dottor Moreau fuggito chissà dove. Durante il viaggio si uniranno a loro anche Bruno, un cavaliere che serve il Rystorian Order, e Julia, una misteriosa ragazzina che possiede i poteri di una valchiria e che sembra nascondere qualcosa. Finalmente, quindi, ha inizio l’avventura e, tra inutili dialoghi tra Albert ed Esther pieni di allusioni, si entra nel vivo del gioco. O almeno si fa per dire.

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Quel gameplay… pure

Su PlayStation 4 non ci siamo proprio. Forse su PC risulterebbe molto più giocabile, ma tramite DualShock 4 diventa quasi impossibile prenderci la mano. Possiamo capire che, essendo il porting di un mobile game, non ci si poteva aspettare chissà cosa, ma dover sbattere continuamente contro muri perché non si riesce a centrare l’ingresso per entrare in un luogo chiuso o fare avanti e indietro per riuscire a parlare con qualcuno diventa presto pesante. Forse gli sviluppatori non ci hanno perso tanto tempo perché ogni due minuti di gioco serve soltanto un tasto (ics o croce: non diamo il via a dibattiti proprio adesso, per favore) per lasciar scorrere i dialoghi. Quindi per tutto il tempo vedremo fluttuare Albert a destra e a manca, come se non avesse una meta ben precisa, mentre noi stiamo cercando di capire se è il joypad ad avere problemi o siamo noi ad aver bevuto troppa birra alla sagra del paese. E invece no, la sincronizzazione non è riuscita molto bene.

Calando un velo pietoso sui comandi, approfondiamo invece i combattimenti, che cavalcano l’onda dei classici GdR. Il nostro party può contare fino a quattro personaggi che aumenteranno il loro livello via via che attaccano i nemici tramite attacchi diretti o skill speciali che richiedono una spesa di SP. L’equipaggiamento si può personalizzare e potenziare (anche se mi è sembrato un po’ eccessivo il fatto che ogni arma possa avere un solo tipo di bonus, costringendoci ad averne più di una dello stesso tipo fino a che non si escludono quelle meno potenti, dopo averle provate tutte). La meccanica si basa su quattro elementi: arma, armatura, slot 1 e slot 2 per oggetti vari. Per fortuna non ci si ferma troppo spesso a combattere nemici e, se doveste incontrarne in maniera per voi troppo frequente, la modalità di combattimento automatico viene in soccorso rendendo il gioco molto più fluido.

Una peculiarità, che sottolinea il fatto che la potenzialità di questo GdR non è stata sfruttata a dovere, è la trasformazione speciale dei personaggi. Durante i combattimenti, infatti, si può decidere se mutare o meno i nostri eroi in versioni più potenti e con statistiche in aumento; il malus in questo caso è il mancato recupero degli HP (e quindi attenzione a non rimetterci la pelle) e il fatto che, se si resta trasformati troppo a lungo, si rischiano attacchi casuali poiché il personaggio non riesce più a controllarsi. Riguardo città, mappe e tutto il contorno, si può dire che Revenant Saga è un RPG molto lineare; è utile il poter utilizzare lo zoom sia in luoghi chiusi che in spazi aperti per poter “navigare” meglio tra i diversi luoghi e non rischiare di perdersi. Inutili gli NPC tappezzati ovunque che, come già scritto sopra, dicono tutto ma non dicono niente. Detto così magari può non sembrare il male assoluto, ma ricordiamo che la voglia di giocare passa se ai difetti di giocabilità aggiungiamo il sound e la grafica.

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Grafica e sonoro… vabbè, insomma, avete capito

“Ma guarda che il mio falegname con 30.000 lire la fa meglio, eh” (cit.). La grafica in un gioco sviluppato bene non è tutto, e questo lo sappiamo. Qualche tempo fa ho rigiocato i primi Final Fantasy, tanto per dire che il vintage è sempre apprezzato se si ha a che fare con una perla videoludica. Ma Revenant Saga non lo è, quindi se anche la grafica risulta mediocre, il gioco è già stato messo in lista nel dimenticatoio.

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Le animazioni sono tremende e fastidiose. E’ stato come trovare in un negozio pieno di chincaglierie una tazza con Tartarughe Ninja disegnate male e il logo di Star Wars che troneggia ai loro piedi. I personaggi, anche da fermi, si muovono in continuazione e in maniera troppo veloce, incappando alle volte in bug che te li fanno scattare a caso nello stesso posto. Poi, come già accennato, sembra che il personaggio si sposti fluttuando. Mi trattengo sull’esporre uno schietto parere sulle skill nei combattimenti. Le trasformazioni sono fatte bene, a parte alcune discutibili scelte. In realtà, non è una vera e propria trasformazione, ma è l’aggiunta di un accessorio all’aspetto del personaggio; per esempio, a Esther spuntano le ali e Bruno diventa Rey Mysterio grazie alla sua inutile maschera che sbuca dal nulla. Ma la chicca migliore la riservano le mosse di attacco: dalla staticità dell’attacco base di Albert che mi ha fatto letteralmente piangere dalle risate alla skill speciale di Bruno che è meglio non commentare. Molto carini e ben fatti, invece, i disegni dei personaggi e i colori pastellosi non esagerati.

Difficile per me commentare le diverse cacofonie presenti che girano in loop sparando dritto nel cervello. Nei GdR le musiche sono importanti poiché devono fare da sottofondo piacevole all’avventura che si sta vivendo. Il piacevole, qua, non è contemplato. Ancora, dopo giorni, ho in testa il motivetto principale che canticchio di tanto in tanto al mio ragazzo per dargli sui nervi. Se non volete sognarla, andate nelle impostazioni e rimediate. O meglio ancora: mettete il gioco nel dimenticatoio. Io l’ho già fatto.

Trofeisticamente parlando: platinato specchietto per allodole

Parliamoci chiaro. Nessuno si sarebbe mai aspettato un trofeo Platino. Invece eccolo là, in tutto il suo splendore, pronto a invogliare il giocatore a continuare il martirio, facendogli credere che, dopotutto, Revenant Saga possa essere un titolo degno di attenzioni. La difficoltà principale sta nell’evitare di spegnere la console e passare a titoli più meritevoli… ma bando alle ciance, siamo seri. Bisognerà passare un bel po’ di tempo su Revenant Saga per ottenere tutti i trofei. Come accade nella maggior parte dei GdR, gli obiettivi sono basati su meccaniche di base come spendere un certo ammontare di soldi, fare un determinato numero di passi, sviluppare le proprie armi a livelli spropositati (fino a 999, ma no, grazie) ed effettuare un numero predefinito di overkill, mosse speciali e quant’altro. Ma davvero qualcuno sopravvivrebbe, ottenendoli tutti? La strada per il 100% si prospetta parecchio ardua da percorrere.

VERDETTO

Revenant Saga è un RPG che avrebbe potuto avere potenzialità che non sono state per nulla sfruttate. Gioco fatto maluccio, prolisso e noioso. Speriamo che KEMCO cominci a sviluppare i punti di forza dei suoi titoli e che riveda da zero molte caratteristiche che avrebbero potuto rendere Revenant Saga quanto meno apprezzabile.

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