The Lost Child – Recensione

Sviluppatore: Kadokawa Games Publisher: NIS America Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 49,99 € Italiano:

Nel lontano 2011 usciva un criptico gioco di azione in 2.5D intitolato El Shaddai: Ascension of the Metatron, uno dei titoli più sottovalutati dell’era PlayStation 3. A distanza di sette anni Takeyasu Sawaki, la mente dietro quel quasi capolavoro, fa puntare nuovamente i riflettori su di sé con The Lost Child. Si tratta ufficialmente di uno spin-off di El Shaddai, ma concretamente lo stile ha subito notevoli mutamenti.

Fammi indovinare, sono il prescelto!

Il protagonista della nostra avventura sarà un aspirante giornalista di nome Hayato, dipendente di una testata denominata LOST il cui compito è quello di investigare su una serie di inquietanti suicidi nella stazione di Shinjuku. Le sue prime ricerche lo porteranno a scoprire che dietro ai suicidi sembra esserci una figura paranormale che spinge, letteralmente, le vittime sui binari poco prima del passaggio del treno. Durante le indagini, Hayato riceverà questa fatidica spinta ma verrà salvato da una misteriosa (e affascinante) donna che svanirà, lasciandogli una valigia forzata. Al ritorno in ufficio, il nostro giovane investigatore incontrerà una prosperosa donzella di nome Lua che si autoproclamerà un angelo incaricato da Dio per seguire il Prescelto (guarda caso, proprio Hayato) in quello che sarà il suo compito: ristabilire l’equilibrio del pianeta Terra.

Tale equilibrio infatti è stato messo in discussione da un’invasione di demoni e dagli angeli caduti, esseri che si sono ribellati a Dio e che si nascondono fra gli esseri umani tramando non si sa cosa. Il contenuto della valigia, la pistola Gangour, si rivelerà indispensabile per la nostra missione. Tutto questo sotto gli occhi di Lucifel (vecchia e splendida conoscenza per i veterani di El Shaddai), il quale vanta il potere di influenzare il gioco a suo piacimento, a scopo puramente ludico.

Collezionismo astrale

Il gameplay di The Lost Child, al contrario del suo predecessore, si articola come un tradizionale dungeon crawler a turni. Dovrete infatti ispezionare i vari layer disseminati nel mondo di gioco e affrontare ondate di nemici attraverso degli scontri casuali. Il vostro team sarà composto da cinque personaggi (Hayato e Lua sono obbligatori) e da una panchina, composta da altre sei creature. Potrete fare un ping pong continuo fra la formazione titolare e la panchina, continuiamo a chiamarla così, durante il combattimento.

Ed eccoci al punto forte di The Lost Child. Affrontando delle creature che prendono il nome di Astral (i quali si dividono in tre categorie: demoni, angeli e angeli caduti), potrete catturarle dandogli un colpo di grazia con l’abilità speciale della Gangour, l’Astral Burst. Durante le vostre battaglie, oltre all’esperienza accumulata da Hayato e Lua, otterrete una certa quantità di karma. Esistono tre tipologie di karma, una per ogni categoria di Astral, che potrete consumare per aumentare di livello i vostri alleati o per evolverli cambiando il loro aspetto, ampliando il loro ventaglio di skill e alzando il limite massimo di livello raggiungibile.

Inoltre, più userete un determinato Astral, più abilità esso apprenderà, aumentando il suo impatto in combattimento. Questo spinge il giocatore a fare molto turnover e a creare un team numeroso in modo da garantire molteplici approcci tattici, essendo i dungeon molto lunghi e le boss fight piuttosto sofisticate, anche a livello difficoltà minimo. La gestione delle risorse (i punti magia e i consumabili in particolare) risulterà capitale. Più avanti nell’avventura otterrete molti poteri che vi consentiranno di pianificare strategicamente la vostra composizione, come ad esempio la possibilità di scambiare le abilità fra gli Astral, oppure apprendere nuove abilità speciali della Gangour che sfruttano le caratteristiche dei vostri alleati in battaglia.

Fra letteratura e teologia 

Le cutscene in The Lost Child sono piuttosto infrequenti, essendo un titolo che si sviluppa prevalentemente tramite caselle di testo in pieno stile visual novel. Questa scelta farà sicuramente storcere il naso ai più, con l’aggravante della quasi totale assenza di doppiaggio dei personaggi secondari con i quali, inevitabilmente, dovrete interagire spesso. A nostro avviso la scelta di questo stile è indovinata, poiché dei dialoghi veri e propri avrebbero appesantito eccessivamente le fasi di investigazione. Come prevedibile, essendo uno spin-off di El Shaddai, anche in questo capitolo le tematiche religiose e superstiziose dominano la scena immergendo il videogiocatore in una Tokyo invasa da creature mitologiche avvolte da un alone di mistero (in particolar modo gli angeli caduti, Samael su tutti).

Inoltre i demoni principali che ci troveremo ad affrontare nelle prime fasi del gioco sono creature ispirate alle opere di Lovecraft, e anche ciò che orbita intorno a essi è coerente con la fonte (ad esempio il layer dove si nasconde Cthugha è la base di un vulcano, ed è quindi avvolto dalle fiamme). Non mancheranno infine delle precise citazioni al titolo sopracitato, seppur queste non siano strettamente necessarie per apprezzare il filone narrativo di The Lost Child. Vi basti pensare ad esempio che Enoch (protagonista di El Shaddai) sarà un Astral speciale che potrete reclutare in combattimento, così come il Nephilim.

La noia persiste…

Un problema che abbiamo riscontrato giocando The Lost Child è stata, prevedibilmente, la monotonia durante l’esplorazione dei layer. Come spesso capita nei dungeon crawler, un’esplorazione di un paio d’ore negli stessi ambienti trasmette un senso di incompiutezza e di distacco che si tramutano ben presto in vera e propria noia. Immergere il giocatore in mappe enormi disseminate di corridoi, leve, trappole e combattimenti casuali, fornendo solamente la possibilità di spostarsi nelle quattro direzioni cardinali, utilizzando una grafica in prima persona, non coincide proprio con le richieste attuali del mercato.

Se vi si aggiunge un’interfaccia ingombrante come poche (sebbene molto curata) e una soundtrack che accompagna dignitosamente le nostre avventure senza tuttavia coinvolgerci pienamente, la frittata è fatta. Non si tratta tuttavia di un difetto strutturale ed esclusivo di The Lost Child, bensì di un difetto intrinseco al genere di cui The Lost Child fa parte. Sarebbe comunque stato possibile limitare queste sensazioni negative “destandardizzando” il gameplay da quello che è lo stereotipo dei dungeon crawler, ma evidentemente questa non è stata considerata una priorità da Kadokawa Games.

Quali sono quindi le priorità?

A tal proposito, sono sicuramente da annoverare tra i punti di forza dell’ultima fatica di Takeyasu Sawaki la vastità degli Astral reclutabili e la loro caratterizzazione in combattimento, così come una componente narrativa che vanta al suo interno delle individualità di notevole spessore. I modelli utilizzati sia per gli Astral che per gli NPC sono fortemente definiti e nascondono delle simbologie accurate e mai banali. Purtroppo la stessa attenzione scrupolosa non è stata dedicata alla progettazione dei dungeon, le cui texture e i cui poligoni lasciano decisamente a desiderare, considerando anche il prezzo di lancio che dovrebbe comportare un livello tecnico discreto.

Anche il menù di gioco è molto ampio e ben strutturato. Sarà possibile infatti modificare l’equipaggiamento di Hayato e Lua, gestire la nostra collezione completa di Astral, leggere delle note sulle quest in corso e così via. Un menù tanto facile da padroneggiare quanto pratico e indispensabile. Si tratta di una nota lieta non di poco conto e spesso molto trascurata. La trama infine nasconde colpi di scena forse non clamorosi ma comunque efficaci, per un titolo che comunque si mostra superiore alla media del proprio genere.

Trofeisticamente parlando: the chosen one

La lista trofei di The Lost Child è molto ampia ma accaparrarsi il Platino non sarà una passeggiata. Come per ogni JRPG pubblicato da NIS America, dovrete completare la storia al 100% e questo implica catturare tutti gli Astral, esplorare mappe, ottenere oggetti, apprendere skill e completare missioni. Insomma, si va probabilmente a toccare le cento ore di gioco; un’impresa inaffrontabile per i non avvezzi al genere, ma che potrebbe rivelarsi interessante e piacevole per i più navigati.

VERDETTO

The Lost Child è un JRPG dungeon crawler sommerso da creature dal design molto ispirato e dallo stile di combattimento sufficientemente vario. La trama svolge ben più che la semplice funzione di cornice dell'opera, così come svariati personaggi vantano uno spessore raro al giorno d'oggi. Tecnicamente il titolo non è all'avanguardia, come invece il prezzo di lancio vorrebbe far credere, ma i contenuti che ha da offrire giustificano la spesa per coloro che non rigettano un genere non popolarissimo.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.

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