Zero Escape: Zero Time Dilemma – Recensione

Sviluppatore: Spike Chunsoft Publisher: Aksys Games Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 44,99 € Italiano:

Protagonista della Instant Game Collection del PlayStation Plus di luglio 2018 (esclusivamente per PlayStation Vita), Zero Time Dilemma è il terzo e ultimo capitolo della saga Zero Escape. Si tratta infatti del sequel di Zero Escape: The Nonary Games, contenente i primi due capitoli: 999 e Virtue’s Last Reward (VLR). Da Zero Time Dilemma ci aspettavamo un’evoluzione di Virtue’s Last Reward sia dal punto di vista narrativo che estetico, rimanendo tuttavia amareggiati del risultato.

Chi non muore si rivede

Coerentemente con i primi due capitoli, anche in Zero Time Dilemma uno psicopatico non identificato rinchiude nove persone all’interno di un luogo misterioso, sottoponendole a una brutale escape room in cui il confine tra la vita e la morte è piuttosto labile. Fra i nove personaggi ritroviamo delle vecchie conoscenze: Junpei e Akane da 999, Sigma e Phi da VLR. Gli altri cinque personaggi sono una strana coppia di giovani composta dalla fredda Mira e dall’emotivo Eric, un coraggioso pompiere di nome Carlos, un misterioso ragazzino senza memoria della propria esistenza (chiamato Q) che indossa un casco simile a quello indossato da K nel capitolo precedente, e infine una dolce infermiera dai capelli rossi di nome Diana. La location del decision game è un rifugio militare sotterraneo, e l’unica via di uscita è la cosiddetta Porta X, la quale può essere aperta solo inserendo sei password. A seguito del decesso di un qualsiasi partecipante, verrà pubblicamente rivelata una password. In sostanza, sei persone devono morire affinché almeno altri tre possano sperare di uscirne vivi.

Abbiamo ritenuto questa scelta piuttosto rozza, poiché, almeno teoricamente, non lascia possibilità di sopravvivenza a tutti i membri. Inoltre, ogni run corre davvero veloce, con cutscene molto brevi (e spesso superficiali), rendendo i nostri personaggi vera e propria carne da macello. La morte di un giocatore non viene minimamente enfatizzata né comporta reazioni particolari da parte degli altri membri, se non a ridosso di un game over. In quel caso i sopravvissuti impazziscono e iniziano ingiustificatamente una carneficina.

Chi fa da sé fa per tre

Il rifugio sotterraneo è composto da tre zone totalmente scollegate fra loro, nelle quali sono stati collocati dallo Zero della situazione i ragazzi, in tre gruppi di tre (gli sviluppatori devono essere degli estimatori di Hegel NdG). Di ogni gruppo viene nominato, sempre da Zero, un capitano (Diana, Q e Carlos) che sarà responsabile delle scelte prese. Essendo un decision game, le scelte che ci verranno poste incideranno sulla vita e sulla morte non solo dei compagni di squadra, ma anche dei membri degli altri due team.

Qui abbiamo riscontrato il primo problema. Prendendo il controllo dei tre capitani e dunque assumendoci la responsabilità di ogni scelta importante del gioco, tutto lo sfondo di incertezza che dominava in VLR viene disintegrato a discapito di un senso di onnipotenza che cozza drasticamente con l’atmosfera proposta dalla saga. Per rimediare a ciò, le run sono quasi interamente imposte. Non godremo della totale libertà di cui ci siamo fatti carico nelle nostre precedenti due avventure. Difatti, giunti a metà, le scelte saranno sostanzialmente guidate.

Usciamo di qui!

La diramazione della trama segue esattamente lo stesso schema visto in VLR. Nella recensione del secondo capitolo ci eravamo soffermati su come questa struttura, magistralmente collegata tramite il concetto di SHIFTing (ripreso anche in Zero Time Dilemma), ci aveva generato molta confusione nella comprensione delle varie run e aveva creato notevoli buchi narrativi.

Se possibile, in questo titolo i buchi narrativi sono ancora più profondi, essendo i comportamenti dei personaggi davvero poco credibili nella maggior parte delle circostanze, mentre la descrizione di questi è fin troppo superficiale. Non a caso, gli unici personaggi che tengono un po’ più alto il livello sono le vecchie conoscenze di cui già riusciamo a interpretare gesti e modi di fare. Diana e Carlos sono comunque buoni personaggi. Nell’immancabile spiegazione da novanta minuti di fine gioco, impareremo a conoscere il cattivo di questo capitolo conclusivo, indubbiamente il personaggio meglio caratterizzato dell’intero titolo. Ciononostante, terminata l’avventura, rintracceremo un quantitativo di incoerenze al limite dell’imbarazzante. Alcuni comportamenti di Zero e dei prigionieri sono del tutto ingiustificati, molti game over sono fuori contesto e tirati via. Perché in un paio di run un certo personaggio impazzisce con nulla, mentre in tutte le altre rimane sempre pacato? Se si crea un certo personaggio a livello caratteriale, quel profilo va mantenuto in ogni situazione.

Anche il ruolo, fino a questo capitolo centrale, assunto dagli orologi diventa marginale. Nel primo capitolo si trattava dello strumento identificativo, mentre nel secondo indicava lo status di vita/morte del proprietario. Qui ha come unico scopo quello di mostrare l’ora e di iniettare il sonnifero. Peccato, si trattava di un marchio di fabbrica di Zero Escape.

Riciclaggio completo

Altro grave difetto consiste nel riciclaggio quasi completo della trama. A livello narrativo il titolo sfrutta gli stessi escamotage estratti dal cilindro in 999 e VLR, perdendo tuttavia l’effetto sorpresa che aveva reso quelle idee molto intriganti. Non possiamo lanciarci in spoiler, ma sostanzialmente tutti i colpi di scena dei primi due capitoli vengono ripresi anche qui. In Zero Time Dilemma domina un’atmosfera maggiormente cupa, dovuta a una paletta di colori più macabra e a scene splatter (seppur censurate). Stesso discorso vale per gli enigmi, che continuano a essere di ottimo livello, benché semplificati. Non nascondiamo di aver provato più volte quella sensazione di già visto.

Il riciclo lo abbiamo trovato anche nella colonna sonora, composta per lo più da remix delle tracce proposte nei primi due capitoli. Passi in avanti invece riguardo all’estetica. Sono stati riproposti i modelli tridimensionali che non ci avevano colpito nel secondo capitolo perché immersi in una ambientazione in due dimensioni priva di animazioni convincenti. In Zero Time Dilemma tutto il rifugio è disegnato in tre dimensioni, mentre le cutscene offrono delle animazioni che ci immergono maggiormente nella scena. Purtroppo, il livello delle animazioni è molto scadente (da PlayStation 2, per intenderci), ma non è quello che pretendiamo in un titolo di questo tipo.

Necessario ma non sufficiente

Zero Time Dilemma è un titolo che necessita di essere giocato perché chiude dignitosamente la saga. Contrariamente a quanto si legge in giro, riguardo al fatto che si possa apprezzare anche da solo, i numerosi riferimenti ai primi due capitoli aggiungono molti concetti (come il Radical-6, lo Shift, il background di Akane e Junpei e così via). Avevamo assegnato un 8/10 pieno a 999 per l’idea e la realizzazione, nonostante qualche lacuna, mentre avevamo ritenuto dimenticabile il secondo capitolo per aver preteso di mettere troppa carne al fuoco, senza riuscire a gestirla adeguatamente. In Zero Time Dilemma ci aspettavamo che l’esperienza avuta con VLR conducesse gli sviluppatori a creare “la conclusione perfetta”, mentre ci siamo trovati per le mani qualcosa di affrettato, deficitario e riciclato.

Non ci fraintendete, il gioco è valido così come la saga integrale, ma quando vediamo il livello scendere anziché salire o mantenersi stabile, è normale rimanere delusi. Si tratta di una trilogia che consigliamo sia agli esperti del genere che alle matricole, sebbene riteniamo la fama di cui gode eccessiva.

Trofeisticamente parlando: life is unfair

Così come per Zero Escape: The Nonary Games, per mettere le mani sul Platino di Zero Time Dilemma sarà sufficiente completare tutte le possibili run e raccogliere tutti gli oggetti. Nulla di impegnativo. Se doveste imbattervi in qualche ostacolo, consultate la nostra guida.

VERDETTO

Zero Time Dilemma è la conclusione di una saga affascinante a livello di trama, seppur molto lacunosa sul fronte narrativo. In presenza di un forte sconto su un prezzo eccessivo, si tratta di una trilogia consigliata sia ai veterani del genere che a coloro alle prime armi. In questo capitolo, enigmi ben realizzati e di difficoltà media fanno da contrapposizione a una continua carneficina dura e cruda. Purtroppo chi arriva dalle due precedenti avventure si scontrerà contro un pesante riciclo sia della trama che del contesto generale, nonché delle fasi di gameplay. Troppi errori non ci permettono di andare oltre la sufficienza che, a dirla tutta, è stata raggiunta solamente grazie a delle sequenze finali degne di nota.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.