Non c’è bisogno di troppe parole per raccontare una storia, se si parla di videogiochi o film. A volte bastano i gesti. E’ il caso di Wall-E, ad esempio, ma anche quello di molti titoli (tra i pochi che ha realizzato) firmati Fumito Ueda. E’ anche il caso di Machinarium, piccolo gioiello che è stato tra i primi a portare alla ribalta i cosiddetti indie.
Marrone e grigio
Dopo avere visto la luce su PC per la prima volta (pensate, nel lontano 2009), su mobile, su PlayStation 3 e Vita, la perla firmata Amanita Design è approdata anche sull’attuale console Sony, e abbiamo deciso di omaggiarla con una recensione, visto che questa mancava nel nostro archivio.
Machinarium è la storia di un piccolo robottino, pure un po’ imbranato, esiliato dalla plumbea Machinarium, città nella quale dovrà rientrare per salvare la sua ragazza e la città stessa da alcuni brutti ceffi provenienti dalla confraternita del Black Cap. Come detto, tutto questo è dedotto dal giocatore senza che gli sia spiegato nulla, attraverso delle illustrazioni.
E’ anche grazie a questo che gli sviluppatori sono riusciti a creare, soprassedendo sulla storia banalotta, un’atmosfera superba, che unisce il fragore (non percepito) di una città interamente formata da macchine, al silenzio eterno che si instaura tra gioco e giocatore, quasi una strada per immedesimarsi quanto più possibile nel nostro piccolo, ma grande eroe.
Il gameplay di Machinarium è quanto di più classico ci possa essere per il genere dei punta e clicca; sostanzialmente andremo avanti a enigmi ambientali da risolvere, facendo affidamento sulle nostre capacità logiche (poche). Potremo contare anche sulla peculiarità del robottino, capace di alzarsi o appiattirsi, così da raggiungere oggetti altrimenti inaccessibili; non poteva mancare un inventario, grazie al quale potremo conservare oggetti e unirli tra loro. Insomma, niente di nuovo sul fronte dei punta e clicca, se non fosse che qualche volta saranno chiamati in causa i nostri riflessi attraverso simpatici minigiochi, che ben spezzano il ritmo di gioco.
A fronte di una solidità di gameplay notevole, la differenza sta tutta negli enigmi di gioco. Amanita Design, sotto questo profilo, convince appieno, e certamente questo è uno dei pregi che hanno consentito a Machinarium di conquistare una così larga popolarità. A differenza di The Inner World, per non andare troppo lontani, il gioco non risulta praticamente mai frustrante e allo stesso tempo metterà in moto la vostra materia grigia; un equilibrio perfetto che distingue il titolo mediocre dal capolavoro. Perché, diciamocelo, nel 2017, quando i videogiochi ormai sono sulla bocca (e sotto i polpastrelli) di tutti, non ha senso fare ammattire il giocatore con richieste improbabili, a meno che non sia quest’ultimo a volerlo.
Consci di questo fatto, gli sviluppatori hanno inserito nel proprio titolo due gradi diversi di aiuto possibile. Il primo è una sorta di intuizione, grazie alla quale attraverso un’illustrazione ci verrà suggerito cosa fare per procedere; il secondo livello è più estremo, nel senso che, previo completamento di un minigioco, avremo accesso a un libro in cui saranno disegnati, passo dopo passo, gli step che dovremo realizzare per procedere.
Vite e bulloni
Machinarium è completabile in circa tre ore, se siete particolarmente acuti e/o fortunati e/o state spulciando qualche guida mentre giocate. Non molto, considerando che la rigiocabilità è praticamente assente; va comunque tenuto conto che se deciderete di non ricorrere ad alcun aiuto, la longevità potrebbe aumentare, anche se di non moltissimo.
Ben diverso è il discorso per quanto riguarda e il comparto grafico e quello sonoro, per cui Machinarium è universalmente apprezzato. La colonna sonora è tutta da ascoltare, perché ogni brano riesce a essere di una delicatezza e di una intensità sorprendente, allo stesso tempo. Considerazioni più o meno analoghe vanno fatte sull’aspetto tecnico; interamente disegnato a mano, Machiarum è uno spettacolo per gli occhi, e un po’ come tutto il gioco vive di contrasti, tra la durezza dei colori (non dimentichiamoci che stiamo parlando di una città costruita da macchine, per le macchine) e la morbidezza del tratto, in perfetta aderenza rispetto al protagonista. Controlleremo, infatti, un robot dalla pelle d’acciaio, ma da un grande cuore. Non è un caso, insomma, se alcuni membri dello studio di sviluppo ceco abbiano portato a termine i loro studi presso l’Accademia delle Arti di Praga.
Trofeisticamente parlando: dritto per dritto
Machinarium è un piccolo sogno per i cacciatori di trofei. Offre solo dodici coppe virtuali, è vero, ma tutte queste sono legate alla storia principale e immancabili. Completando il gioco sarà vostro anche il 100%, senza dovere stare attenti ad alcunché e godendovi semplicemente questa fantastica esperienza. Per ogni dubbio potete consultare la relativa guida ai trofei disponibile sul nostro forum.