Abbiamo analizzato in un’ampia recensione l’interessante Blue Fire. Dopo una brillante esperienza su PC e Nintendo Switch, Robi Studios e Graffiti Games portano anche su PlayStation 4 il loro titolo. L’esperienza avrà acceso un fuoco in noi?
Una luce nel buio
Siamo in un castello fluttuante, pieno di stanze chiuse e coperto da una strana melma nera. Ma soprattutto, siamo chiusi all’interno di un cilindro, sospesi in una sorta di limbo. Inizia così, senza nessun tipo di preambolo, l’avventura di Blue Fire, che non si perde in convenevoli e dopo un primo senso di smarrimento lancia i giocatori in un action platformer tutto pepe.
La storia viene raccontata a spizzichi e bocconi, per mezzo di dialoghi con i curiosi personaggi che costellano il mondo di Penumbra. Per evitare qualsiasi tipo di spoiler, vi sveliamo soltanto che una malvagia entità minaccia di distruggere il mondo per come lo si conosce e sta al protagonista fermarlo dando fondo a tutte le sue energie. Se state pensando che questa tipologia di struttura è simile a quella della serie dei Souls di From Software, non vi sbagliate. Come vedremo nel corso della recensione, infatti, Blue Fire si ispira a numerosi titoli per creare un’esperienza unica.
L’intera storia viene narrata, come detto, tramite i dialoghi con i personaggi e per mezzo di alcune brevi cutscene realizzate con la grafica del gioco. Decisamente apprezzabile la scelta di tradurre tutto in italiano, complice anche l’assenza di doppiaggio.
Una sfida per cuori forti
Dietro al suo aspetto spensierato, Blue Fire nasconde alcune grandissime insidie. Fin dalle prime fasi infatti ci si accorgerà di essere di fronte a una sorta a un ibrido tra i classici platform come Crash Bandicoot e i roguelike come il già citato Dark Souls. Sezioni piene di salti si alterneranno a combattimenti contro nemici sempre più forti e terribili boss pronti a farci la pelle. Ogni morte verrà accompagnata dalla perdita delle anime raccolte, che potranno però essere recuperate tornando al punto in cui è avvenuta la dipartita. Se, anche qui, avete ricordi di altri titoli, non stupitevi più di tanto.
I comandi di Blue Fire sono tutt’altro che complicati. Oltre a un tasto dedicato al salto e uno per l’attacco, si potrà utilizzare uno scatto utile sia per schivare, sia per superare profondi e letali baratri. Man mano che si proseguirà nell’avventura si acquisiranno anche nuove abilità, come la possibilità di parare gli attacchi, lanciare incantesimi e perfino correre sui muri.
Sfortunatamente non tutte le meccaniche risultano ben strutturate: in alcuni frangenti infatti ci si ritroverà a morire in sequenza senza riuscire a comprendere al meglio come superare un dato ostacolo. Questa difficoltà fa però parte dello stile scelto per Blue Fire, un platform che ripudia le sfide semplici e obbliga il giocatore a una concentrazione a tratti quasi esagerata per superare gli enigmi ambientali e completare le numerose aree di gioco.
Decisamente curiosa e innovativa è invece la possibilità di acquisire emoticon da utilizzare per attivare piattaforme speciali sparse nel mondo, che danno accesso ad aree segrete in cui si nascondono succose ricompense.
L’aiuto degli spiriti
Proseguendo l’avventura, il protagonista senza nome di Blue Fire ha la possibilità di potenziarsi acquisendo una serie di abilità e soprattutto equipaggiando gli Spiriti. Questi funzionano in maniera similare agli amuleti di Hollow Knight, altro titolo da cui l’opera di Graffiti Games trae ispirazione, e permette di usare nuove abilità o migliorare quelle già in proprio possesso.
Questa scelta permette di modulare il proprio eroe e modificarne l’assetto in base alle situazioni. Per poter equipaggiare gli Spiriti sarà però necessario recarsi a uno dei rarissimi altari presenti nel gioco. Questi fanno le veci dei mitici falò della serie Souls, con la differenza che dovranno essere “comprati” spendendo anime. Non averle porterà all’impossibilità di accedere ai checkpoint. Questa scelta, decisamente estrema, rende la curva di difficoltà ancora più alta. La morte infatti obbligherà il giocatore a ricominciare dall’inizio dell’area oppure dall’ultimo punto di salvataggio, costringendolo a ripetere lunghe e spesso complicate sezioni.
Questo problema risulta ancora più evidente affrontando il Vuoto. Di tanto in tanto infatti è possibile interagire con delle statue per accedere a sfide speciali che, una volta completate, permettono di sbloccare salute aggiuntiva. In queste prove, in cui è necessario raccogliere una serie di sfere, è fondamentale una precisione estrema perché un eventuale errore comporta la necessità di ripartire dall’inizio rendendo il tutto estremamente frustrante.
Fuoco nelle vene
Pur con le sue difficoltà, Blue Fire è un’esperienza di primissimo livello. Chi non si farà spaventare dall’osticità di certe sezioni scoprirà un action platformer ricco di elementi di spicco, seppur presi in prestito da altre produzioni importanti. I combattimenti, per quanto molto semplici, risultano divertenti al punto giusto e perfetti per inframezzare le sezioni a piattaforme che dominano comunque l’intera esperienza.
Il più grande limite che Blue Fire mostra è una certa incertezza nei comandi, che sembrano a volte quasi scivolosi. In un gioco in cui è necessaria una precisione estrema, questo è ovviamente un problema, sanabile comunque dall’esperienza accumulata dal giocatore. La telecamera ballerina inoltre non aiuta a comprendere al meglio le profondità, sensazione amplificata quando ci si cimenta nei livelli del Vuoto.
Ottimi invece sia il comparto video che quello audio. La grafica è molto evocativa e richiama alla mente lo stile del mitico Zelda, aggiungendo però un pizzico di gotico che riesce a rendere Blue Fire più maturo di altri “colleghi”. Le ambientazioni sono molto varie e ottimamente realizzate, con tanti piccoli tocchi di classe, così come i nemici che peccano però per varietà. Eccellente la colonna sonora, che propone sempre brani di alto livello e accompagna il giocatore in maniera egregia durante tutta l’avventura.
Molto buona anche la longevità del gioco: l’avventura principale richiederà una decina di ore per essere completata, ma le numerose side quest e la possibilità di raccogliere numerosi oggetti e armi nascoste sono ottime per passare anche il doppio del tempo nel mondo di Penumbra.
Trofeisticamente parlando: un Platino rovente
Da un gioco difficile non ci si può che aspettare un trofeo di Platino difficile. L’elenco trofei del titolo di Graffiti Games non nasconde però particolari insidie. L’unico vero ostacolo è rappresentato dalla necessità di terminare tutte le sfide del Vuoto. I giocatori meno esperti e tenaci potrebbero cadere proprio su questo trofeo, rinunciando così alla massima ricompensa.