Warhammer 40.000: Boltgun – Recensione

Sviluppatore: Auroch Digital Publisher: Focus Entertainment Piattaforma: PS5 (disponibile anche per PS4) Genere: FPS Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 29,99 € Italiano: Sottotitoli

Vestite i panni dello Space Marine per la recensione di Warhammer 40.000: Boltgun. Il nuovo titolo di Focus Entertainment, sviluppato dai ragazzi di Auroch Digital, promette carneficine vecchio stile e un arsenale degno delle minacce spaziali. Non esitiamo oltre e lanciamoci in questa nuova avventura.

Time Machine

Per analizzare correttamente Boltgun dobbiamo fare un salto indietro di qualche anno. Siamo negli anni Novanta, precisamente quasi entrati nel 2000. Il Millenium Bug faceva paura, ma non abbastanza da tenerci lontani da una specifica routine. Terminata la scuola bisognava tornare a casa di corsa per guardare le puntate di Dragon Ball, fare qualche compito e poi mettersi seduti a giocare.

In quegli anni a fare la voce grossa erano una serie di sparatutto in prima persona davvero indimenticabili. Da Duke Nukem 3D a DOOM, passando per l’incredibile Quake II e il già un po’ più obsoleto Castle Wolfenstein (siamo infatti nel 1981). Chi si ricorda piacevolmente queste opere vedrà sicuramente Boltgun con uno sguardo diverso, dato che Auroch Digital ha scelto un approccio decisamente retro per la sua opera.

L’ambientazione è quella del tecnologico mondo di Graia, il più prospero dei cosiddetti Forge Worlds dell’universo di Warhammer. Il protagonista è invece lo Space Marine veterano Malum Caedo, che si troverà a combattere contro le minacce appartenenti alle Forze del Caos. Il periodo temporale è antecedente a un’altra opera di questo universo, ossia Warhammer 40.000: Space Marine, ma i nemici sono comunque più agguerriti che mai.

L’obiettivo di Malum Caedo è quello di recuperare una fonte di potere utilizzata dai Techpriests di Graia con l’aiuto di un teschio appartenuto a Drogan. Sfortunatamente, si tratterà di una missione in solitaria, dato che a seguito di uno schianto in fase di atterraggio, Malum potrà contare solo sulle sue forze.

Il gameplay di Warhammer 40.000: Boltgun

Per sapere cosa aspettarsi da Boltgun, è sufficiente rileggere le prime righe della nostra prefazione. Auroch Digital si è fortemente ispirata a opere quali DOOM e Duke Nukem per dar vita a uno sparatutto in prima persona vecchia scuola, ma non per questo da ritenersi necessariamente “vecchio”.

Nel gioco si controllano come detto le azioni dello Space Marine Malum Caedo, che si sposterà in una serie di ambientazioni realizzate in pixel art e infarcite di nemici da eliminare. Si tratta della più semplice delle strutture su binari, con sezioni che si apriranno in sequenza e in cui bisognerà letteralmente fare una carneficina.

Non aspettatevi prove d’intelligenza oppure enigmi ambientali degni di un The Witness, perché non li troverete. Quello che Boltgun potrà offrirvi sarà un’azione frenetica accompagnata, come vedremo più in là nella recensione, da tanto gore. La struttura rimane comunque quella di uno sparatutto in prima persona in cui saranno visibili solo mani e armi.

Non ci saranno nemmeno novità clamorose a livello di controlli: movimento del personaggio e della telecamera affidati alle levette analogiche, salto mediante pressione del tasto croce e ovviamente il fuoco primario e l’utilizzo di armi secondarie affidato ai grilletti dorsali. Tutto come da tradizione, talmente intuitivo da non necessitare nemmeno di un tutorial.

Fuoco e motosega

Nonostante la sua classicità, il gunplay di Boltgun risulta decisamente divertente. Scodatevi la distruzione specifica delle ambientazioni di un Battlefield o persino i piccoli tocchi di qualità ammirati già dagli sparatutto apparsi su PlayStation 3. L’avventura del nostro Space Marine è infatti una vera e propria esperienza retro arcade.

Le varie difficoltà presenti permettono di adattare la sfida alle proprie abilità, mentre un’ottima curva di difficoltà alza gradualmente l’asticella nel corso dei tre capitoli che si dovranno affrontare. La longevità è decisamente buona, soprattutto considerato il genere e il target di riferimento. Per assurdo, alcune missioni ci sono sembrate un filo eccessivamente lunghe, facendo perdere d’immediatezza alle sparatorie.

Nonostante questo, anche complice un comparto tecnico ben strutturato, Boltgun si fa decisamente apprezzare, regalando ciò per cui è stato progettato: un massacro senza fronzoli. Come abbiamo già specificato, le strutture lineari (seppur ben sviluppate anche in altezza) e l’assenza di veri e propri enigmi puntano i riflettori sulle sparatorie.

La presenza di un buon numero di armi e di una soddisfacente motosega per i corpo a corpo, contribuiscono a regalare al giocatore la sensazione di essere davvero un soldato spaziale con una missione da completare a ogni costo. Si tratta senza dubbio del più grande pregio dell’opera di Auroch Digital che, pur non brillando per innovazione, fa il suo dovere al meglio.

Il comparto tecnico di Warhammer 40.000: Boltgun

Qualche riga sopra abbiamo volontariamente parlato di gore, lanciando il sasso e nascondendo proverbialmente la mano. Ebbene, è giunto il momento di svelarvi che, proprio come nel mitico Duke Nukem, anche in Boltgun saremo di fronte a una e propria pioggia di sangue. Ogni nemico che colpiremo ne rilascerà una quantità a tratti inumana, con pozze disseminate in ogni dove.

Particolare altrettanto interessante: una volta uccisi i nemici non scompariranno, ma si trasformeranno in un mucchietto di resti informi che potranno essere ulteriormente pungolati, fino ad essere distrutti del tutto. Non si tratta anche qui di un inedito, ma di una dimostrazione di tutta la cura che i ragazzi di Auroch Digital hanno riversato nella loro creatura.

Altrettanto piacevole, anche se a volte un po’ eccessivo, il comparto audio. Il rumore della motosega è forse la parte migliore, ma in generale gli effetti delle armi (che fanno la parte del protagonista, molto più delle musiche) ci sono risultati coerenti e molto ben realizzati.

Chiudiamo parlandovi della fluidità che risulta ottima su PlayStation 5, pur considerato che si tratta di un prodotto in pixel art e dunque non esageratamente complesso da gestire. Quasi nulla invece l’integrazione delle funzioni del DualSense, mentre la longevità generale del titolo è discreta ma, come già anticipato, più accettabile per un FPS. Buona anche la rigiocabilità, soprattutto per scoprire i segreti sparsi nei livelli.

Il Platino di Warhammer 40.000: Boltgun

Non vi neghiamo una certa tristezza nel constatare che la lista trofei di Boltgun non include alcun trofeo di Platino. Poche coppe e male assortite, dato che oltre a quelle di bronzo legate alla storia sarà necessario trovare tutti i segreti e terminare la campagna alle varie difficoltà. Nessuna sfida di miscellanea legata ai massacri a schermo, scelta alquanto curiosa, né altre particolarità. Un 100% lineare ma che richiederà comunque una discreta abilità per essere ottenuto. Ai cacciatori decidere se ne valga o meno la pena.

VERDETTO

Warhammer 40.000: Boltgun si è rivelato un piacevole tuffo nel passato, una sorta di tributo agli FPS degli anni Novanta che hanno fatto la storia del genere, da Duke Nukem a DOOM. Il team di Auroch Digital confeziona questa lettera d'amore senza disdegnare qualche piccola digressione sul tema, appoggiandosi senza paura al vasto universo di Warhammer. Il risultato è un FPS piacevole, ricco di gore e con momenti davvero concitati, che non ha però nessun elemento davvero unico in grado di farlo spiccare rispetto ad altri esponenti del genere. Se vi sentite in un mood nostalgico e volete provare un'esperienza retro senza rinunciare al lusso delle console di nuova generazione, troverete sicuramente divertente la carneficina dello Space Marine Malum Caedo.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.