Grazie a Ratalaika Games abbiamo potuto realizzare la recensione di Witch Rise. Il titolo di LightUp riprende alcune idee di videogiochi celebri del passato, cercando di amalgamarle in un prodotto che possa intrigare i giocatori. Ci saranno riusciti, oppure siamo davanti all’ennesimo Platino semplice e rapido?
Mancano solo i tedeschi
Se pensiamo a un produttore prolifico del panorama indipendente, allora Ratalaika Games è uno dei nomi che vengono più facilmente in mente. Non tanto per la qualità dei prodotti (come potrebbero essere quelli pubblicati da Devolver Digital), quanto piuttosto per una certa propensione a elargire ai giocatori tanti luccicanti trofei.
Solitamente, i prodotti rilasciati da questo prolifico publisher sono indie di media qualità, dalla durata e dal prezzo contenuti. Approcciandosi a Witch Rise si ha esattamente la sensazione di essere di fronte a un prodotto pensato più per i cacciatori che per i giocatori, nonostante le idee alla base del titolo siano interessanti e molto valide.
Witch Rise è un first person shooter realizzato nello stile dei vecchi Wolfenstein per PC, con delle strutture labirintiche infarcite di nemici da sconfiggere. Il twist è legato all’ambientazione: abbandonata la Seconda Guerra Mondiale, infatti, il gioco passa a uno stile fantasy con scudi, bacchette magiche e strane creature da sconfiggere.
Scordatevi però una trama approfondita: in Witch Rise saremo una fanciulla dolce e innocente, trasformata in un maialino dalla crudele Strega dei Caduti. Al netto di questo incipit, il gioco è strutturato come un roguelike in cui potenziarsi, combattere mostri e potenziarsi ancora. I dungeon sono generatati proceduralmente, dunque non ne troverete mai uno uguale all’altro. Il tutto cerca di fornire una varietà che, purtroppo, non emerge.
Il gameplay di Witch Rise
Come vi abbiamo già anticipato, Witch Rise è un FPS basato su meccaniche roguelike. Sulla carta, la proposta sarebbe anche interessante, ma è flagellata da problemi di gameplay. Il primo e più evidente è l’assenza di un’arma iniziale che consenta attacchi a distanza. Sarà possibile cercarla nei dungeon, ma fino ad allora dovremo combattere corpo a corpo.
L’assenza di profondità rende però le battaglie complesse da gestire, complice anche una telecamera non esattamente impeccabile. La morte permanente rende questo problema più frustrante, dato che in caso di sconfitta perderemo i progressi fatti e saremo obbligati a ricominciare. I comandi e la curva di difficoltà sono comunque abbordabili, quindi i giocatori più esperti riusciranno comunque a terminare l’avventura.
Questo però non prima di constatare l’eccessiva ripetitività del titolo. Nonostante la generazione procedurale, Witch Rise svela troppo rapidamente tutte le sue carte, mostrando elementi ridondanti e nemici spesso molto simili tra loro. Non aiuta la colonna sonora, anch’essa monotona e composta da tracce simpatiche ma non esattamente ispirate.
L’unica consolazione, se così possiamo definirla, è che terminare la campagna di Witch Rise richiede circa un paio d’ore. Come da tradizione dei titoli targati Ratalaika Games, non ci vorrà quindi molto né per vedere ogni aspetto del gioco, né per portare a casa un nuovo trofeo di Platino.
Il Platino di Witch Rise
Eccoci giunti alla sezione in cui parliamo del motivo che spingerà molti giocatori ad acquistare Witch Rise. Si tratta della lista trofei del gioco, che include sfide alla portata di tutti e ovviamente una scintillante coppa blu. Per portare a casa il Platino dovrete giocare un paio d’ore, raccogliendo monete, abbattendo nemici e aprendo forzieri. Dovrete inoltre raggiungere il livello 5 e abbattere due boss: una missione alla portata di qualsiasi cacciatore.