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Do Not Open – Recensione Speedrun

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Do Not Open si presenta come un survival horror con meccaniche da escape room, una premessa che non poteva non stuzzicare la nostra curiosità. Nox Noctis ha provato a unire queste due caratteristiche, ispirandosi ai grandi classici del genere, videoludici e non. Un viaggio che, seppur breve, è stato capace di incuriosirci a appasionarci dall’inizio alla fine. Come recita lo slogan del gioco: trova la soluzione, nasconditi o muori!

Di cosa parla Do Not Open?

Il filmato iniziale che ci introduce al protagonista, Michael J. Goreng, un prestigioso zoologo ed epidemiologo spesso lontano dalla sua famiglia per lavoro. La scena è confusa, ma qualcosa non va e il protagonista decide di tornare a casa. Succede qualcosa che al momento non capiamo, ma è evidente che la vita di sua moglie e di sua figlia siano in grave pericolo. Ci risvegliamo nello scantinato di casa nostra, in una sezione più utile a familiarizzare con il gameplay che ad approfondire la trama.

Esplorando le varie stanze della villa scopriremo sempre nuovi dettagli, sul protagonista, sul suo lavoro e sulla sua famiglia, con brevi video al termine di ogni escape room. La trama, purtroppo, non viene approfondita più di tanto (il gioco è completabile in un paio d’ore) ma riesce comunque nel suo scopo: seminare indizi, anche attraverso note opzionali, mantenendo viva l’attenzione fino al finale.

Il gameplay di Do Not Open: tra escape room e survival horror

Il mix tra questi due generi, anticipato in apertura di recensione, si rivela più che azzeccato. Avviando il gioco potremo scegliere tra due modalità: quella senza limiti e quella a tempo, più simile quindi a una vera e propria escape room. Lo schema del gioco è semplice, ma molto efficace: esplora le stanze scovando indizi nascosti, raccogli tutto ciò che puoi e collega le prove. Tutto ciò con la spada di Damocle di una mostruosa figura che apparirà a tempo scaduto, dopo troppi errori o dopo la risoluzione di tutti gli enigmi di una sezione.

Gli enigmi, per quanto semplici, sono davvero ben costruiti e divertenti da risolvere. Le fasi da survival horror, in cui nascondersi e sfuggire alla creatura paranormale, non sono sempre riuscitissime ma aiutano a spezzare il ritmo di gioco e, soprattutto, ad aumentare la tensione e il coinvolgimento nell’avventura. Ultima ma non meno importante caratteristica è quella della mappa sviluppata in maniera procedurale. Ogni partita è diversa, con ben 2.193.360 di combinazioni possibili per i puzzle del gioco. A dire il vero, una volta scoperta la logica dietro ogni enigma non avrete difficoltà a trovare la soluzione, ma l’idea è ottima e favorisce la rigiocabilità.

Tecnicamente invece, nessun appunto particolare. Il gioco è ben realizzato, con ambientazioni cupe ma affascinanti, e un comparto tecnico di buon livello. Il comparto audio è soddisfacente, senza musiche ma con tantissimi effetti sonori da far venire i brividi. Infine, da segnalare la totale assenza di localizzazione in lingua italiana.

Il Platino di Do Not Open: breve ma intenso

Considerando la brevissima durata dell’avventura, il Platino di Do Not Open non dovrebbe rappresentare un ostacolo particolarmente importante per i cacciatori di trofei. Tuttavia avrete bisogno di conoscere bene il gioco per i trofei legati al completamento dell’avventura senza errori e senza mai farsi scoprire dalla creatura paranormale. Facile, potreste pensare, se solo gli enigmi non venissero generati in maniera procedurale a ogni nuova run! Niente di impossibile, ma non sottovalutatelo troppo.

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