DOOM – Recensione

Sviluppatore: Publisher: Piattaforma: Genere: Giocatori: PEGI: Prezzo: Italiano:

Publisher: Bethesda Developer: id Software
Piattaforma: PS4 Genere: Sparatutto cafone Giocatori: 1 (Online: 2-12) PEGI: 18 Prezzo: 69,99 €

Bethesda è uno di quei publisher strani, che magari non sempre capisci, ma li lasci fare, perché sì, il loro mestiere lo conoscono, e anche bene. Erano in tanti, ad esempio, a lamentarsi a priori per il cambio di direzione preso in Fallout 3 rispetto ai capitoli precedenti, ma alla fine hanno avuto ragione loro, travolgendo parzialmente quelle che erano le meccaniche che fecero entrare il titolo post-apocalittico nel cuore di tantissimi giocatori, ma confezionando un titolo altrettanto indimenticabile. Questo non vuol dire però rinnegare tassativamente il passato: un altro esempio esplicativo di ciò è l’acquisizione di id Software, storica casa di sviluppo, nota ai più per Quake e Doom, ai quali Bethesda affidò Rage, atipico first person shooter che si proponeva come una sorta di anello di congiunzione fra gli ampi spazi offerti dai titoli moderni ed una sostenuta componente sparatutto decisamente old school. Il risultato fu buono, ma nemmeno troppo. Esperimento fallito e definitivamente accantonato? Non proprio. Sempre a id Software fu commissionato un reboot che ai più nostalgici fece venire lì per lì un coccolone o quasi. Stiamo parlando di DOOM, che fin dai suoi esordi ha promesso quello a cui ha sempre abituato ai fan di vecchia data: tante, tantissime pallottole e litri di sangue copiosi, per un gameplay fondato soprattutto sul gioco in singolo e che riprenda i canoni settati in passato.

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Nasi bianchi come Fruit of the Loom, che diventano più rossi d’un livello di Doom

Partiamo dalla premessa che reinterpretare un gioco come DOOM, dandogli una connotazione passatista ma che risulti comunque di appeal moderno, non era per nulla semplice. Con il passare del tempo non è cambiata solo la grafica, ovviamente, ma anche i modi ed i tempi di approccio al videogioco in senso stretto, e dalle parti di id Software questa lezione, dopo il sopracitato Rage, l’hanno bene che imparata. Sia chiaro, dunque: se cercate un DOOM che riprenda, in qualche modo, la verve truculenta (e quasi scandalistica) del primissimo capitolo, uscito nel 1993, vi sbagliate ― e probabilmente state sbagliando anche l’anno di riferimento, visto che da allora sono passati quasi cinque lustri. Ciò che troverete qui è piuttosto lo spirito originale della serie, con quel tocco di modernità in più che riesce ad allargare il pubblico, aprendo un ampio spettro d’utenza fra neofiti e giocatori vecchia scuola. Questi ultimi vedranno materializzarsi sul proprio volto, con ogni probabilità, un bel sorrisone non appena vedranno praticamente gli stessi nemici presenti nel gioco originale uscito più di 20 anni fa, ovviamente con i dovuti upgrade grafici consoni agli standard odierni. Osservare un Barone Infernale comparire a schermo farà tornare tanti brutti, ma bei ricordi a molti giocatori, e creerà nuovi traumi a chi, invece, questa esperienza non l’ha mai provata. Idem dicasi per le armi, similissime a quelle dell’originale capitolo del ’93 e che mantengono lo stesso feeling adrenalinico pad alla mano. Tutto ciò giova incredibilmente al gameplay, che mantiene l’azione fluida e assuefacente; come vent’anni fa, insomma, ma con le dovute modernizzazioni.

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Salutate il mio amico Sosa!

Altro aspetto fedele al capitolo originale è, nel bene e nel male, la trama, che anche qui assume le fattezze di un mero pretesto per dare alito alle nostre bocche da fuoco. Le cutscene saranno infatti ridotte all’osso, e gli approfondimenti testuali presenti saranno del tutto opzionali. Sia su Marte che all’Inferno, le due location principali del gioco, il nostro protagonista si ritroverà infatti a percorrere la strada verso l’obiettivo incappando, di volta in volta, in arene strapiene di demoni, da distruggere nei modi più violenti possibili. L’assenza quasi totale di narrazione è giustificata dalla volontà di non compromettere la sopracitata fluidità di gioco. Ciò però non si traduce in un gameplay piatto e che ha, come unica attrattiva, il solo sparare ad ondate di nemici sempre più aggressivi. Collezionabili ed enigmi, seppur dalla difficoltà elementare, caratterizzeranno infatti la nostra avventura senza però mai compromettere il ritmo, e anzi saranno spalmate in mappe, veramente grandi, dal level design davvero degno di nota. Di più: i già citati elementi opzionali incentiveranno la nostra esplorazione, illuminandoci dalla gioia per la cura riposta dagli sviluppatori in ogni livello, che presenta un’espansione in verticale davvero impressionante.
Torniamo adesso però a parlare della parte fondante del gioco: lo sparare e tutto quello che gli ruota attorno. Ecco, fra le critiche, poche, mosse a DOOM c’è quella, di cui si è fatto portabandiera Cliff Bleszinski, riguardante la presenza del Glory Kill, che spezzerebbe il ritmo del gioco. Cos’è il Glory Kill? Sono praticamente delle esecuzioni, presentate fin dagli esordi di questo reboot come il marchio di fabbrica del titolo id Software. Una volta che il demone avversario sarà infatti stato indebolito a sufficienza, quest’ultimo inizierà a brillare: sarà a quel punto che potremo avvicinarci a lui e, tenendo premuto lo stick destro, effettuare ai suoi danni una finisher spettacolare, che cambierà di volta in volta: ginocchiate spacca-capoccia, dita negli occhi e altre cose brutali del genere, per intenderci. Dopo ogni Glory Kill verranno inoltre droppati dei medkit, utilissimi. Sì, perché DOOM non fa parte di quegli fps dove basta mettersi al riparo per un pochino e recuperare i punti vita persi; no, ci stanno i medkit, appunto, proprio come una volta.

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Comandare è meglio che scopare. E sparare è pure meglio

Un altro elemento di novità rispetto al capitolo originale è rappresentato poi dalla componente di upgrade, disponibile per personaggio, tuta ed armi. Queste ultime, ad esempio, potranno essere potenziate accumulando punti tramite l’uccisione di nemici nei vari livelli; ogni bocca da fuoco possiede due diversi slot adibiti alle modifiche, e ciascuna di queste può essere upgradata. I potenziamenti in sé, va sottolineato, non sono mai banali. Non si tratta infatti solo di danni meramente aumentati, ma viene anzi cambiata la modalità di sparo, evolvendosi di pari passo con il proseguimento del gioco.  Comunque, ci sarebbero anche diversi altri orpelli di cui questo DOOM è dotato, ma vogliamo passare a questo punto a dedicare qualche parola ai difetti che sì, nonostante le parole dai toni entusiastici appena espresse, ci sono. Banalmente, questi sono riscontrabili principalmente nella formula di gioco adottata: si entra in un’area bella grande, arriva un’ondata crescente di nemici a cui dobbiamo fare la pelle, magari se vogliamo abbiamo pure l’esplorazione facoltativa di ambienti e poi dobbiamo raggiungere un altro stanzone, e via col loop. Per alcuni, dunque, il più grande pregio di DOOM potrebbe essere anche il difetto più vistoso, soprattutto quando ci si pareranno davanti livelli fin troppo diluiti, ammazzando irrimediabilmente il ritmo di una campagna comunque longeva, e che si assesta sulle 12-15 ore a seconda dell’abilità del giocatore. A proposito, il consiglio è quello di giocare il titolo a difficoltà Ultra Violence per apprezzare appieno lo spirito ignorante e caciarone del gioco.

1993 vs Modern Warfare

Con le dovute differenze del caso, DOOM riprende dunque quanto fatto concettualmente da Wolfenstein: The New Order, cioè una valorizzazione del gioco in singolo a discapito del multiplayer, distaccandosi così rispetto alle esperienze di gioco offerte da first person shooter più inflazionati come Battlefield o Call of Duty. Se però nel titolo sviluppato dai ragazzi di MachineGames mancava totalmente la componente online, qui quest’ultima è presente, nonostante, chiaramente, non reciti la parte del protagonista. Nella fattispecie, gli sviluppatori hanno preferito dare alle partite in rete una connotazione più vicina a Quake (sviluppato sempre dalla stessa id Software) che a quella dei vari CoD, sostituendo così al consolidato run-and-gun la formula, più antiquata, degli arena shooter a cavallo fra gli anni ’90 ed i primi del 2000, con focus sui power-up presenti nella mappa e la relativa, ed obbligata, conoscenza millimetrica di quest’ultima.

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Si apprezza dunque la variazione sul tema rispetto alla solita roba a cui il mercato moderno ci ha abituato, ma il forte tono nostalgico potrebbe giocare in questo caso a sfavore, visto che le mappe dalla struttura poco ispirate e modalità di gioco sono forse fin troppo standard, presentando Deathmatch a squadre e surrogati vari. Decisamente più interessante è invece l’editor di gioco, battezzato qui come Snap Map. Si tratta di una sezione che consente, in modo molto intuitivo, di creare e pubblicare online delle mappe per il multiplayer. Purtroppo non è possibile al momento usufruire dello Snap Map come editor di minicampagne, possibilità che DOOM offrirà ai giocatori nel prossimo futuro, e che siamo sicuri porterà ulteriore mordente al gioco.

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Sia lodata la fluidità

Altra componente sponsorizzata delle prime uscite del titolo è quella riguardante la fluidità di DOOM. Dopo averci messo mano possiamo dire, con grandissimo piacere, che il gioco gira che è una bellezza. 60 frame al secondo praticamente granitici, senza mai alcun accenno di calo; id Software è stata dunque di parola, anche se tutto questo ha ovviamente un prezzo, con un pop-up particolarmente vistoso ed una quantità di poligoni mossi a schermo non proprio impressionante; tutti problemi che la software house americana si porta indietro sin dai tempi di Rage. Tuttavia, va detto, l’impatto visivo rimane comunque  notevole; id Software ha infatti mostrato grande mestiere mettendo in mostra una palette cromatica azzeccatissima e che, coadiuvata da un orizzonte visivo che va a braccetto con l’ottimo level design dei livelli, si fa apprezzare e non fa mai sentire la mancanza di una grafica spacca-mascella alla Star Wars Battlefront, tanto per citare un nome. Ottima anche la colonna sonora, che presenta il riarrangiamento degli storici temi del gioco; anche qui ci sono delle differenze rispetto al primo Doom del 1993. Se infatti allora a dominare erano dei suoni bittosi che si rifacevano ad un thrash metal duro e puro, in questo reboot i toni sono, si fa per dire, più distesi, con un original soundtrack decisamente più industrial metal. Chi vi scrive, comunque, ha messo per sicurezza, dopo qualche ora di gioco, gli Slayer in sottofondo; così, giusto per andare sul sicuro.

Trofeisticamente parlando… VIULENZA!

DOOM mette a disposizione dei giocatori 34 trofei, di cui 5 d’oro e, ovviamente, il classico platino. Per portarvi a casa quest’ultimo dovrete upgradare al massimo salute, armatura e capienza munizioni; senza contare poi, com’è logico che sia, anche il completamento del gioco alla difficoltà più elevata, più tutti i collezionabili da trovare ed altra roba del genere concernente il single player. Una piccola parte dei trofei riguardera invece l’online; nulla di troppo proibitivo: vincere almeno una partita, creare una mappa e cose così. Il tutto per un platino tutto sommato alla portata ma comunque appagante nella difficoltà, medio-alta, che presenta.

VERDETTO

Pensare ad un reboot migliore di questo DOOM è davvero difficile. Id Software, col supporto di Bethesda, è riuscita infatti a confezionare un prodotto che, concettualmente, riesce a far da ponte fra i giocatori old school e la generazione Call of Duty, pur mantenendo quasi del tutto inalterate tante meccaniche di gioco che hanno contraddistinto il capitolo originale. Probabilmente uno dei migliori shooter dell'anno, seppur con qualche difetto (come un multiplayer non eccelso) che comunque non intacca il prodotto finale.

Guida ai Voti

Natale Ciappina
Traumatizzato dallo studio di Kierkegaard, è solito nascondere il suo nome fra miriadi di pseudonimi, sommerso com'è fra le sue infinite liste di cose da fare, vedere, ascoltare, leggere e magari anche giocare.