Syndrome – Recensione

Sviluppatore: Camel 101 Publisher: Bigmoon Entertainment Piattaforma: PS4 Genere: Horror Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 39,99 € Italiano:

Era il 6 ottobre 2016 quando Camel 101 decise di lanciare su Steam il proprio horror sci-fi Syndrome. A distanza di circa un anno, nonostante l’accoglienza della critica non esaltante, il titolo sbarca anche su PlayStation 4, proponendo il proprio prodotto a un prezzo tutt’altro che simbolico.

Il porting ha migliorato la qualità del titolo? Lo ha reso un buon horror per gli amanti del genere? Scopritelo nella nostra recensione (tanto siamo onesti, la maggior parte di voi neanche sapevano che questo videogioco esistesse… NdG).

Solo soletto

Syndrome è un horror sci-fi, e come tale non può che ambientarsi in una navicella spaziale dispersa nello spazio. In questo caso ci troveremo in un’astronave enorme chiamata Valkenburg, e impersoneremo un capitano che al suo risveglio da un’ibernazione troverà l’equipaggio dilaniato brutalmente. Lo scopo della nostra terrificante avventura sarà quindi scoprire cosa è successo e cercare di non lasciarci le penne. Sarà necessario ricercare degli indizi, sopravvivere agli attacchi di alcuni esseri che popolano la navicella e assistere a delle inquietanti visioni cui sarà vittima il nostro protagonista.

Entreremo in contatto prevalentemente con due soggetti avvolti da un alone di mistero, e durante la trama (che vi intratterrà per circa dieci ore) vi saranno un paio di plot twist che non brillano per originalità ma che assolvono degnamente il proprio compito. Il titolo è compatibile con PlayStation VR che, come in ogni horror, contribuirà a rendere l’esperienza più emozionante, seppur non riteniamo questo accessorio indispensabile in questo genere di giochi, essendo i comandi intrecciati fra joypad e visuale diretta poco intuitivi.

Davvero lo hanno fatto in tre?

Syndrome è stato patchato e adesso gode di una versione priva, almeno in gran parte, dei bug che lo avevamo reso preda di molteplici attacchi da parte della critica. Chiariamoci, questo fa intendere che gli sviluppatori tengono un occhio sul proprio prodotto e su come questo viene accolto, ma si tratta di un’operazione necessaria, soprattutto considerando il prezzo di mercato. La grafica è in fin dei conti gradevole, e gode di effetti di luce che contribuiscono a rendere l’atmosfera sci-fi piuttosto avvolgente. Lo stesso non si può dire delle texture che a volte lasciano a desiderare (soprattutto quelle utilizzate per creare i “mostri”) e soprattutto del level design, fin troppo piatto nella sua semplicità e mancanza di originalità.

Il titolo è stato molto criticato per la monotonia delle ambientazioni e per il fatto che queste fossero relativamente prive di dettagli e oggetti di scenario, ma la domanda ci sorge spontanea… perché ogni corridoio dovrebbe essere diverso? Non siamo mai stati in una navicella spaziale, ma crediamo che la varietà degli ambienti non sia ciò che viene richiesto dagli astronauti. Un altro ambiente spesso gettonato negli horror è l’ospedale, e anche quello viene spesso criticato di monotonia. Negli ospedali credo che ci siamo stati un po’ tutti, invece, e un po’ tutti abbiamo chiesto indicazioni perché i corridoi e le stanze sono tutte uguali. Ci teniamo invece a sottolineare che il mondo di gioco è piuttosto ampio e la mappa che ci viene fornita ci aiuta a orientarci comodamente. E’ giusto criticare un titolo, ma bisogna farlo con logica. A breve ci arriviamo.

Si-len-zio

Non c’è una colonna sonora. Non stiamo scherzando, avete capito bene: non c’è una colonna sonora. Come riteniamo questa scelta? Assolutamente azzeccata. E’ coerente che in un horror gli unici suoni siano gli effetti del gioco: i passi, gli allarmi, i cigolii e così via. Questo contribuisce a trasmettere ansia ed evita di creare quelle paradossali situazioni in cui, una volta individuati dal mostro di turno, parte una musica orchestrale con tube, tromboni e violoncelli agitati. Perché? Riteniamo la scelta stilistica adottata da Camel 101 adeguata, i momenti frenetici sono sottolineati dall’interfaccia di gioco e dai disturbi psichici del protagonista. Un effetto ben realizzato.

Fine dell’illusione

“Oooh, finalmente un bell’horror!” starete pensando. Purtroppo dobbiamo smentirvi. Abbiamo esposto i maggiori pregi del titolo, ma adesso arrivano le note dolenti. Partiamo con quella che per noi assume le vesti del tristo mietitore del titolo, vale a dire la pessima gestione del ritmo, sia di gioco che a livello emotivo. La narrazione viene spezzata da fasi di gioco troppo lunghe dove sostanzialmente si deve solo andare da una parte all’altra della Valkenburg alla ricerca di determinati oggetti necessari per proseguire la nostra avventura (prevalentemente per accedere alle stanze chiuse).

Un peccato, perché la trama aveva il suo, relativo, fascino. Anche i jumpscare (spesso prevedibili), le visioni del protagonista e gli spiacevoli incontri sono talmente poco frequenti da non provocare nessuna reazione nel fruitore, essendo lo stesso in catalessi totale dovuta al gameplay fino a quel momento sopportato. Sarete così mentalmente addormentati da riuscire a rimanere impassibili anche dovesse comparirvi un mostro dall’armadio di camera mentre giocate. Il titolo non riesce quindi a impaurirvi se non nelle prime fasi di gioco, dove l’ignoto e lo spaesamento faranno il loro dovere. Quando questo doveva essere sostituito dalla capacità degli sviluppatori, purtroppo ci imbattiamo in un fallimento (anche con VR). Inoltre permetteteci di dire che andare a zonzo con un lanciagranate carico trasmette sicurezza, forza e coraggio… Siamo The Rock o un indifeso astronauta che cerca di fuggire da creature aliene?

Le dieci ore (circa) di longevità del gioco risulteranno essere troppe. Questo perché le fasi di esplorazione non portano quasi a nulla, né al ritrovamento di utensili che possono ritornarci utili, né tanto meno all’incontro “imprevisto” con creature pericolose. Inoltre, quando ci imbatteremo nelle suddette creature (dal design quantomeno discutibile), ci ritroveremo dinanzi mostri dalle animazioni legnose e con un’intelligenza artificiale decisamente inaccettabile in questa generazione. A volte percepiscono la nostra presenza attraverso i muri, a volte ci passano accanto senza vederci, e sarà spesso sufficiente scavalcare un muretto o voltare un angolo per “cancellare” l’inseguimento. Davvero triste.

Riteniamo infine pessimo il fatto che, essendo in un’astronave, in nessuna (sottolineiamo nessuna) occasione potremo vedere l’esterno. Girovaghiamo per una navicella a otto piani e non ci imbatteremo mai in un vetro con vista. In compenso delle volte ci fermeremo davanti a un muro invisibile, laddove meno ce l’aspettiamo. Insomma, potrebbe tranquillamente essere un laboratorio sotto terra anziché una navicella spaziale, e quindi parte del concept sci-fi va a farsi benedire.

Camel 101: rimandati!

In sostanza, Camel 101 ha cercato di offrire al pubblico un horror sci-fi che attingesse a piene mani da un minestrone di stereotipi (anche cinematografici, oltre che videoludici) sia concettuali che strutturali. Non c’è nessun tentativo di differenziarsi dalla massa o di apporre al titolo un marchio di riconoscimento. Non c’è originalità in nulla, dal gameplay alla trama, dall’ambientazione al design… Siamo rimasti delusi e pertanto non assegneremo a Syndrome la sufficienza, premettendo che il titolo, se approcciato senza alcuna aspettativa, può comunque essere etichettato come decente, soprattutto se giocato tramite VR.

Trofeisticamente parlando: ne vale la pena?

Syndrome vi permetterà di accaparrarvi ventidue trofei complessivi, tra i quali un trofeo Platino. Per ottenerlo sarà necessario raccogliere tutti i cinquantacinque collezionabili disseminati sulla Valkenburg. Molti di questi sono mancabili, ed essendo la navicella veramente enorme e il vostro “passo” non molto spedito, la cosa richiederà del (noiosissimo) tempo. Decidete voi.

VERDETTO

Syndrome è un gioco già visto. Una narrazione scritta con buona cura e un livello grafico gradevole non tengono a galla un titolo senza ispirazione che inciampa in difetti troppo grossolani, quali l'assenza quasi totale di ritmo e l'intelligenza artificiale discutibile. Si poteva e si doveva fare di più, soprattutto se si pretende di vendere un titolo del genere a quaranta euro. Un horror che trasmette ansia in pochi frangenti, un'estetica sci-fi appena accennata e un concept survivor in contraddizione costante lo rendono un'esperienza che, nel complesso, tendiamo a sconsigliare. Il gioco non è terribile, ma mancando di personalità è facilmente rimpiazzabile... risparmiando anche qualche soldo.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.