Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey – Recensione Speedrun

Sviluppatore: The Not So Great Publisher: Gammera Nest Piattaforma: PS4 Genere: Azione/Avventura Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 19,99 € Italiano: No

Accompagnati da un simpatico robot, abbiamo realizzato la recensione Speedrun di Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey. Il titolo di The Not so Great e Gammera Nest, realizzato grazie all’iniziativa PlayStation Talents, mischia elementi dei run’n’gun con altri tipici delle avventure a scorrimento laterale. Mettete delle scarpe comode, perché ci sarà da viaggiare parecchio.

La storia di Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey

Tutte le avventure cominciano da un piccolo passo. Questo è anche il caso delle vicende che coinvolgono Aurora Aylesworth, una giovane astronoma di 19 anni. La ragazza si mette in viaggio per ritrovare suo padre, scomparso quattro anni prima mentre indagava sui resti di un’astronave caduta sulla Terra nel 1908.

Se le tempistiche vi sembrano decisamente particolari, sappiate che non si tratta dell’unico elemento atipico della trama. Da Eureka, questo il nome dell’astronave, sono infatti emerse delle creature chiamate robotos. Totalmente privi di memoria, gli esseri hanno iniziato a integrarsi nella società. Sfortunatamente a fianco agli amichevoli robotos ce ne sono altri più aggressivi, chiamati Brainless. Per qualche motivo, queste versioni deformi e senza intelligenza sembrano voler ostacolare Aurora nella sua missione.

Lo stile grafico molto semplice aiuta invece a smorzare i toni, rendendo l’avventura accessibile per qualsiasi tipo di giocatore. Nonostante la presenza di armi e di “mostri”, Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey potrebbe tranquillamente adattarsi anche ai giocatori più giovani, seppure alcune scene possano risultare di difficile interpretazione.

Fortunatamente nel corso dell’avventura la giovane potrà difendersi utilizzando Copernicus, una speciale pistola creata dallo scienziato Rachmaninoff con pezzi di un vecchio telescopio. Tutto è ben tematizzato, per quanto abbastanza banale e monotono. La narrazione non è comunque il fiore all’occhiello del gioco, tanto che molto spesso si ignoreranno i dialoghi più lunghi. Il tutto inoltre è localizzato solo in inglese (con commenti vocali in spagnolo), scelta che rende più faticoso seguire le vicende.

Il gameplay di Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey

A livello di gameplay, il titolo di The Not so Great risulta fin da subito abbastanza fiacco. Come già anticipato, Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey è un semplice action platform a scorrimento orizzontale in cui tartassare di colpi i robot che ci si pareranno davanti. Occasionalmente sarà necessario risolvere anche degli enigmi ambientali, per superare aree altrimenti inaccessibili. Dimenticate però i fasti di Metal Slug o la qualità di Cuphead: il gunplay infatti è avvilente e non restituisce alcuna sensazione positiva.

I colpi arrivano senza impatti, la mossa speciale attivabile caricando un’apposita barra è lenta e spesso va a vuoto contro i boss e in generale tutto sembra stantio e compassato. Nemmeno la possibilità di usare il nostro compagno come arma da lancio (utile anche per attivare alcuni interruttori) risolleva un gioco che risulta sempre lento e poco divertente. La necessità di ricaricare la sua barra di “Dignità” per poterlo lanciare è di fatto l’unico elemento simpatico del gameplay del titolo.

Di contro, le prove che richiedono un minimo di materia grigia invece sono discretamente realizzate, con puzzle semplici ma mai troppo banali. Lo stesso dicasi per le battaglie con i boss che, nonostante una curva di difficoltà sempre molto bassa, richiederanno la metabolizzazione dei pattern d’attacco. Anche il design degli avversari e dei Brainless, seppur ripetitivo, è apprezzabile, così come le ambientazioni che mischiano aree “aliene” ad altre più naturali. Niente per cui gridare al miracolo né infarcito di poligoni, ma comunque apprezzabile a livello di stile e colori. Rivedibili invece i controlli, legnosi e incredibilmente datati, così come i mini giochi. La prova di consegna merci (qualcuno ha detto JustEat?) tornerà sicuramente a tormentarci in qualche incubo.

Discreto il comparto audio, con però l’inspiegabile scelta di lasciare qua e là commenti in spagnolo della protagonista. Poco da dire infine sulla longevità: terminare la storia principale, che è anche l’unica cosa offerta dal gioco, richiede circa cinque ore. Davvero poco, considerato anche il prezzo a cui il titolo viene proposto. La parte più complicata sarà comunque resistere alla noia e alla ripetitività dell’opera del team di The Not so Great.

Il Platino di Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey

Se siete alla ricerca di una lista trofei facile da completare, allora quella di Aurora’s Journey and the Pitiful Lackey fa al caso vostro. 28 coppe totali, Platino compreso: per ottenere la coppa blu bisognerà completare un paio di richieste di miscellanea e completare la storia. Niente di complesso, a patto di resistere fino ai titoli di coda. In quel caso potrete festeggiare un nuovo, scintillante Platino.

VERDETTO

Nonostante buone premesse, Aurora's Journey and the Pitiful Lackey fallisce sotto l'aspetto ludico. L'avventura di The Not so Great cerca di raccontare una storia affascinante, ma non riesce mai a coinvolgere appieno il giocatore. Questo sia a causa di una narrazione che viaggia con il freno a mano tirato, sia di scelte discutibili a livello di antagonisti. Il tutto è contornato da un gameplay che vorrebbe mischiare il dinamismo dei run'n gun con la riflessività dei platform a scorrimento orizzontale, ma di fatto offre una copia sbiadita di entrambi i generi. Una legnosità di fondo e una longevità troppo risicata se paragonata al prezzo di vendita del gioco completano il quadro di un'opera che potrebbe attirare i cacciatori di trofei e pochi altri.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.