Death Tales – Recensione

Sviluppatore: Arcade Distillery Publisher: Arcade Distillery Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS5) Genere: Picchiaduro a Scorrimento Giocatori: 1-2 PEGI: 7 Prezzo: 4,99 € Italiano:

Gli indie, quel genere videoludico che raccoglie in sé tante perle ma altrettante avventure tutte da dimenticare. Un mondo di sviluppatori e videogiocatori che si chiudono nel loro piccolo pensando che ogni titolo sia una svolta. Che non conta il gameplay ma l’arte. Che non è importante il gioco ma la narrazione. Che se non apprezzi il lavoro di quel povero piccolo sviluppatore “hai un bidone della spazzatura al posto del cuore”. Che tutta la malvagità del mondo proviene dalle grandissime software house che sfornano titoli AAA e che boicottano questi piccoli studi. Poverini. Questa recensione non è un’ode al tripla A ma quanto più un messaggio, si spera, che faccia capire che non bisogna difendere a spada tratta i piccoli studi, in questo caso Arcade Distillery. Death Tales, la loro ultima fatica, non rende sotto nessun punto di vista. E onestamente, pad alla mano, ce ne facciamo un bel poco di bei disegni di sfondo se poi bisogna sudare come Ercole durante le dodici fatiche per portare a termine il gioco. Ma procediamo con calma. Mettetevi comodi ed entriamo nel profondo di Death Tales!

Mollo tutto e me ne vado a rubare

Come da titolo, sì. In sostanza in Death Tales vestiremo i panni di un giovane Mietitore che mollerà tutto, tranne la sua falce, e se ne andrà in giro a saccheggiare oggetti. Accompagnato dal suo amico Spaura dovremmo affrontare diversi livelli in cui il fine ultimo sarà solo quello di avanzare, maciullare tutto ciò che si muove e lootare il premio finale del livello. Death Tales non brilla quasi in nulla, anzi si, forse nell’eccessivo uso di colori come viola, blu e rosso che possono letteralmente incendiarvi la retina per quanto risultino saturi. Lo stile artistico ricorda molto i lavori di Tim Burton, ma oggi possiamo anche ammettere che non sia una scusante per nessun autore nascondersi dietro uno stile preso in prestito da un maestro e usarlo come pregio nel proprio titolo. Contando anche che per quanto possano essere disegnati bene gli ambienti e i personaggi, questi ultimi non saranno altro che cartonati messi su schermo che non si muoveranno, né parleranno. Insomma, purtroppo, per quanto si possa provare a elogiare il titolo per la sua arte, ci troviamo comunque di fronte a qualcosa di poco curato e non realmente ispirato.

Andiamo a falciare anime

Superato lo scoglio riguardante la direzione artistica ci ritroveremo davanti al Monte Fuji dei problemi. Se qualcuno volesse ancora difendere il titolo per lo stile Burtoniano delle immagini, si ritroverà a ricredersi totalmente sulla bellezza di Death Tales appena si ritroverà a muovere i primi passi nel mondo di gioco. Il primo livello ci lancerà nella mischia senza neanche un accenno dei comandi. Terminato quel livello partirà il tutorial, inutile poiché avremo già imparato tutto. Il nostro personaggio di muoverà in una mappa del mondo che sbloccherà un nuovo livello ogni volta che ne completeremo uno. Tutti uguali. Piccole sezioni platform, mal fatte. I combattimenti, che potevano essere un punto forte del gioco, in stile beat ‘em up, saranno anch’essi mal fatti. Il gioco si limiterà ad un spam costante del tasto quadrato, senza applicarsi più di tanto ai danni ricevuti, poiché nella maggior parte dei casi i nemici rilasceranno degli orb che ci cureranno. Alcune sezioni dei livelli risulteranno chiuse fino a quando non si mieteranno tutti i nemici presenti in quell’ambiente e basta. Non si farà altro.

A dare un po’ di varietà a tutto ciò ci sarà un piccolissima nota di RPG, dove potremmo personalizzare il nostro personaggio con gli oggetti trovati alla fine di ogni livello. Nuove armature, armi, cappucci o incantesimi ci faranno spaziare tra le possibili combinazioni di “nuovi poteri” da dare al personaggio. Servirà questa piccola meccanica a salvare il titolo? Assolutamente no. Degne di nota, all’incirca, saranno le boss fight, molto più accattivanti rispetto a tutto il resto. Ora ci verrebbe da pensare che se il gioco fosse stato basato sulle sole sfide coi boss probabilmente non sarebbe stato neanche così malaccio.

Dispiace particolarmente anche per il reparto acustico, poiché le musiche del gioco non risulteranno ben piacevoli da ascoltare e neanche ben ispirate. Però se avete qualche album da recuperare potete tranquillamente silenziare tutto e aprire l’app di Spotify e bypassare il problema. I Daft Punk sembrano calzare quasi a pennello su alcune sezioni.

Trofeisticamente parlando: Platinum Tales

Ecco, riguardo la coppa di Platino non ci si può assolutamente lamentare di Death Tales. Potrete sfoggiare una nuova e scintillante coppa in poco meno di 6 ore. La maggior parte dei trofei saranno relativi alla storia o comunque al completamento dei livelli di gioco. I due “più ostici” saranno relativi all’acquisto degli incantesimi da Inan e dei restanti oggetti da Fiona. Più ostici poiché bisognerà giocare con la data della console e portarla avanti di un giorno per ricaricare lo stock degli oggetti dei due mercanti. Una volta sopravvissuti al titolo potrete poi esporre una nuovissima coppa di Platino nella vostra bacheca. Ding!

VERDETTO

Death Tales non brilla sotto nessun punto di vista. Anzi, forse solo nel comparto visivo per la troppa saturazione dei colori utilizzati. Un gameplay quasi inesistente che si limita alla sola pressione del tasto quadrato, senza neanche qualcosa che ci soddisfi nel farlo. Impossibile anche nascondere i grossi difetti del titolo dietro uno stile artistico figlio di Tim Burton. Un'occasione quasi sprecata quella di Arcade Distellery, che però fa contenti i cacciatori di trofei con un Platino da pochissime ore.

Guida ai Voti

Raffaele Verde
Anche se i videogiochi sono la sua passione, fin dalla tenera età, continua, ancora oggi a cercare di capirci qualcosa, ovviamente senza riuscirci.