Mahluk: Dark Demon – Recensione

Sviluppatore: Dolores Entertainment Publisher: Hidden Trap Piattaforma: PS4 Genere: Platform Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 7,99 € Italiano:

Dopo aver riscosso un discreto successo su PC, il team indipendente di Dolores Entertainment ha deciso di portare anche su PlayStation 4 il suo platform d’azione Mahluk: Dark Demon. Oggi lo abbiamo recensito per voi!

Un demone contro… i demoni

La storia di Mahluk: Dark Demon non brilla per inventiva. Mette i giocatori nei panni di un demone che decide di ribellarsi al terribile stregone Kindar, pronto a soggiogare il mondo intero e per questo meritevole di essere eliminato dal nostro eroe. La narrazione avviene per mezzo di scritte a schermo, tradotte in un italiano maccheronico e doppiate da una piatta voce in lingua inglese. Sono inoltre accompagnate da immagini statiche di discreta fattura che non riescono però mai a coinvolgere appieno i giocatori.

Non aiuta l’assenza di qualsivoglia scambio di battute nei livelli. Non lo fa nemmeno la presenza di una serie di boss totalmente privi di senso e slegati dalla trama. L’unica cosa che è possibile ipotizzare è che si tratti di demoni sottoposti di Kindar. Dal primo all’ultimo livello, infatti, tutto quello che si fa è saltare e uccidere mostri senza soluzione di continuità.

Ovetto Kindar

Mahluk: Dark Demon viene presentato da Dolores Entertainment come un platform bidimensionale con elementi hack’n’slash. La descrizione, a conti fatti corrisponde a quello che il gameplay ha da offrire. Per la maggior parte del tempo i giocatori si muovono in un mondo 2D interamente in bianco e nero, in cui spiccano solo gli occhi dei mostri. In evidenza anche i tesori da raccogliere e le boccette magiche che daranno al demone dei poteri speciali.

Nelle sezioni a piattaforme è necessario superare asce a pendolo, pedane che crolleranno al nostro passaggio e ovviamente i classici pozzi senza fondo oppure irti di punte. Mahluk deve però far fronte anche a una serie di mostri che tenteranno di eliminarlo, realizzati con una discreta varietà ma dall’intelligenza artificiale tutt’altro che raffinata. Spesso infatti sarà sufficiente aspettare che gli avversari ci diano le spalle per sbarazzarsene senza problemi, rendendo la sfida pressoché nulla.

Falce e frusta

Il culmine dell’esperienza offerta da Mahluk: Dark Demon dovrebbero essere le battaglie contro i potenti boss. I probabili sottoposti di Kindar, pronti a distruggere il nostro demone senza pietà, sono però quasi deprimenti. Gli scontri rappresentano l’esperienza più povera e triste del gioco. Oltre al fatto che si tratta di creature realizzate con un design che non ha un vero e proprio senso logico, passando da una sorta di enorme bombo a un demone simile a un toro, la sfida è ancora meno eccitante di quella offerta dagli schemi bidimensionali.

I boss vantano infatti due attacchi ciascuno, evitabili senza alcuna fatica una volta compreso il pattern, e per la maggior parte del tempo resteranno immobili a subire i nostri attacchi fino a che la loro barra vitale non si azzererà. Ad amplificare questa sensazione d’inutilità negli scontri ci pensano anche i potenziamenti, alcuni permanenti e altri temporanei, che renderanno il nostro demone sostanzialmente immortale. La vera difficoltà di Mahluk: Dark Demon risiede solo nelle sezioni platform, in cui spesso sono presenti salti quasi impossibili che porteranno alla frustrazione molto rapidamente, complice anche la necessità di ricominciare lunghe sezioni o l’intero livello in caso di fallimento.

Il demone fa le pentone ma non i coperchi

Nonostante l’inutilità dei boss e la frustrazione generata da alcune sfide, Mahluk sarebbe potuto essere un platform discreto proposto a un prezzo tutto sommato abbordabile. Il condizionale è d’obbligo, perché solo dopo alcuni minuti di gioco ci si accorge di alcuni grandi difetti che affliggono l’opera di Dolores Entertainment. Primo su tutti una generale legnosità dei comandi che, abbinata alla necessità di eseguire salti perfetti, rende il titolo inutilmente complicato da completare. A rendere tutto ancora più frustrante ci sono poi i checkpoint: averne uno solo per livello dovrebbe già costituire reato, se poi ci aggiungiamo che a causa di un bug in certi livello non vengono registrati, ce n’è abbastanza per il carcere a vita.

Nelle due ore circa che sono necessarie a completare il gioco, poi, ci si accorge che dal negozio non è possibile capire quali abilità siano temporanee e quali permanenti, trasformando in un dramma ogni decisione di spendere il poco denaro racimolato nei dungeon. Oltre a questi difetti, Mahluk: Dark Demon non brilla mai né a livello di grafica, con un compassato e abusatissimo stile retro che non fa mai emozionare, né a livello di audio, con una colonna sonora davvero banale e piatta, mai in grado di accompagnare a dovere i giocatori tra salti e combattimenti tra demoni.

Trofeisticamente parlando: una coppa demoniaca

L’unica vera soddisfazione Mahluk: Dark Demon la regala con una lista trofei generosissima, che racchiude undici coppe d’oro e persino uno scintillante Platino. Superare tutti i livelli e resistere alla tentazione di disinstallare il gioco saranno le sfide più ardue da completare per ottenere la massima ricompensa, come vi sveliamo nella nostra completissima guida ai trofei.

VERDETTO

Come dice il detto, il diavolo (o in questo caso il demone) ci ha messo la coda: Dolores Entertainment porta su PlayStation il suo titolo senza particolare cura dei dettagli, facendo principalmente attenzione a soddisfare i cacciatori di trofei, piuttosto che gli appassionati di platform 2D. Mahluk: Dark Demon è un'esperienza grezza, frustrante e afflitta da numerosi problemi, tra cui uno gravissimo legato ai checkpoint. Elementi rendono questo titolo gravemente insufficiente, consigliato solo a chi ha fame di Platini.

Guida ai Voti

Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.