Potion Permit – Recensione

Sviluppatore: MassHive Media Publisher: PQube Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS5) Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 12 Prezzo: 19,99 € Italiano: No

Siamo mediamente abituati a pensare alla salute del nostro alter ego nei videogiochi, il prescelto e salvatore di uno o di un altro mondo. Al centro di Potion Permit si colloca invece la volontà di adoperarsi per quella di un paese intero. Dopo Azure Saga: Pathfinder, MassHive Media fa squadra con PQube per realizzare un GDR che, cercando di brillare con una formula mista a elementi simulativi, finisce in parte per osservare solo la superficie della sua stessa pozione curativa.

Potion Permit

C’è un nuovo farmacista in città

Lo studio indonesiano ha cercato la sua chiave di lettura di un certo tipo di simulazione – Stardew Valley in primis – escludendo la vita contadina e prediligendo una figura che rimanda a una visione fantasy del Medioevo. L’incipit vede il sindaco Myer richiedere l’intervento di un farmacista dalla capitale per aiutarlo a salvare sua figlia, afflitta da una malattia che nessuno è ancora riuscito a comprendere. La nostra trasferta a Moonbury non inizierà nel migliore dei modi, a causa di alcuni trascorsi a dir poco spiacevoli tra il centro e le periferie. Scoprire l’origine di questo clima teso starà alla nostra capacità di scucire le giuste informazioni dagli abitanti del paese, attraverso visite e favori nei loro confronti.

Forte di una buona scrittura, accompagnata da un character design vario in formato di pixel, la trama rappresenta in realtà un corollario del loop principale costituito dalla raccolta di materiali e dalla conseguente preparazione di pozioni al fine di curare i cittadini. È da sottolineare che, rispetto al citato lavoro di ConcernedApe, Potion Permit si esaurisce in circa 20 ore e, al raggiungimento dei titoli di coda, viene meno qualsiasi tipo di mordente.

Potion Permit

Farm…acista si diventa

Potion Permit fa della perizia medica il cuore del suo gameplay, con un sistema di dinamiche consistente nella diagnosi di un paziente – ottenibile con dei mini giochi colpevoli di essere dei semplici riempitivi – e nella preparazione della giusta cura, una volta ottenuti i dati necessari. Sarà necessario recarsi fisicamente dai singoli abitanti, studiare ogni situazione e tornare nella nostra dimora per rimboccarsi le maniche e iniziare la preparazione della corretta medicina.

Il calderone si trasforma in uno schema millimetro nel quale inserire gli ingredienti richiesti (dai fiori alle rocce e altro) in forma di pezzi cubici, come in una sorta di tetris. L’obiettivo risiede nel coprire i contorni dati dalla relativa pozione in un mini gioco a incastro, un espediente che abbiamo apprezzato nell’ambito delle altre dinamiche.

Potion Permit

L’ultima fatica di MassHive Media non vive però di sola cucina, includendo infatti sessioni di esplorazione e di combattimenti al fine di scovare oggetti per le prossime pozioni. Invero, proprio in queste risiede uno dei punti più deboli del gioco, ora per un’intelligenza artificiale dei nemici basilare, ora per un sistema di combattimento elementare, con una coincidenza curiosa tra gli strumenti a disposizione e le armi. Martello, falcetto e ascia, indispensabili per colpire rispettivamente rocce, piante e alberi, sono facilmente intercambiabili con la semplice pressione di un tasto e di fronte alle creature di Moonbury si tramutano in potenti strumenti di morte.

A fare vacillare l’impianto simulativo dal taglio campagnolo è inoltre una gestione altalenante della raccolta dei materiali da un lato e dei loro usi dall’altro. L’ottenimento di rocce, piante specifiche per quello o quell’altro obiettivo non si attesta come un loop di gameplay equilibrato e pertanto piacevole, vista la resistenza richiesta e le condizioni necessarie per potenziare gli strumenti. Di contro, accettando qualche incarico secondario – anche qui sotto forma di mini gioco riempitivo – riguardante per esempio l’ufficio postale o la stazione di polizia, riscuoteremo ingenti somme di denaro. Rispetto ad altri esponenti del genere insomma, Potion Permit rimane ancorato a una direzione ingessata delle sue dinamiche di gioco.

Pozioni di pixel

Come già accennato, la pixel art è un merito e un’arma artistica nelle mani degli autori di Potion Permit. I circa 30 NPC si distinguono in maniera cristallina l’uno dall’altro nei loro tratti estetici, contribuendo a rafforzare il senso d’immersione nel suo mondo. MassHive Media dimostra di conoscere tale stile, regalando degli scorci cittadini affascinanti, contrapposti a foreste e praterie anonime.

La pixel art rende il peso del software molto leggero, tenendo lontano qualsivoglia problema tecnico. Oltre a spiccare l’assenza di musiche dinamiche, con dei passaggi netti tra il gameplay e le scene d’intermezzo, riteniamo che la gamma di tracce tratte dalla colonna sonora non riesca a potenziare il resto della produzione.

Potion Permit

Trofeisticamente parlando: cucina e calderone come migliori amici

I trofei di Potion Permit – potete scorrere l’elenco sul forum PlayStationBit – sono in linea con il carattere simulativo di tutta la produzione ludica. La lista comprende 38 coppe distribuite tra 19 di bronzo, 15 d’argento, 3 d’oro e l’agognato Platino. Per raggiungere questo ultimo sarà richiesto per esempio di preparare molte pozioni – cinquanta per uno dei trofei d’oro – di stringere rapporti con degli abitanti del paesello e di rimboccarsi le maniche in cucina. I traguardi da raggiungere non sono però impossibili, rendendo il gioco un terreno di sfida piuttosto semplice per i cacciatori amanti del genere.

VERDETTO

Nel proporre una rivisitazione personale di titoli come Stardew Valley, MassHive Media e PQube hanno ribaltato la centralità del protagonista e della sua salute a favore degli abitanti di Moonbury. In Potion Permit brilla proprio la componente legata alla cura dei pazienti e in parte alla preparazione delle medicine, la quale scopre il fianco a delle fasi di esplorazione, di combattimenti e di raccolta delle risorse poco calibrate. Nondimeno, rimane un gioco da tenere d'occhio per gli amanti dei giochi simulativi di questo stampo.

Guida ai Voti

Maria Enrica
Grata dal 1994 ai videogiochi per sopperire a pigrizia e mancanza di fantasia, è stata svezzata da mamma Nintendo, allevata da Sony fin dalla prima PlayStation, cresciuta con un pad in mano e il Game Boy Advance nell'altra. Laureanda in Lettere classiche, avversa ai videogiochi in digitale, sogna per questo una casa dove custodire una collezione degna di tale nome.