The DioField Chronicle – Recensione

Sviluppatore: Lancaster Publisher: Square Enix Piattaforma: PS4 (disponibile anche su PS5) Genere: Action RPG Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 59,99 € Italiano:

Lo ammettiamo, ultimamente siamo confusi dalla direzione presa da Square Enix in ambito videoludico. Tra un Forspoken e molteplici progetti legati a Final Fantasy, dal VII al XVI, sono spuntati titoli dalla dubbia provenienza. Insieme all’annuncio di Octopath Traveler II e all’uscita del farming sim dal nome decisamente particolare di Various Daylife, ecco un gioco dal nome altrettanto curioso, The DioField Chronicle.

Uscito con poco preavviso, con un impegno nella campagna marketing vicino allo zero, The DioField Chronicle – insieme ai titoli menzionati di sopra, che tra l’altro condividono lo stesso main font – dà un po’ la sensazione di una selezione genericissima e anche un po’ dubbia del target di Square Enix. Insomma, sono tante le sensazioni che chi vi scrive ha provato nel corso del gioco, e sfortunatamente non ce ne sono così tante positive.

La Danza degli Imperi

La trama che circonda The DioField Chronicle e il suo mondo narrativo è sin da subito palesemente valida, seppur semplice. Si tratta essenzialmente di un intruglio politico. Una spirale di scelte, strategie e battaglie vede protagonisti il Regno di Alletain, in conflitto con l’Impero Trovel-Schoeviano e l’alleanza Rowetale. Le tre potenze si contendono, per l’appunto, il continente DioField regione per regione. Ma la storia narrata ha inizio dopo che l’alleanza cade in battaglia e cede il passo all’Impero. Qui entra in scena il gruppo di mercenari chiamato Blue Foxes, capitanato da Andrias Rhondarson e seguito dai suoi amici Iscarion, Waltaquin e Fredret. Un gruppo così ristretto di abili guerrieri può cambiare le sorti della guerra, nel bene o nel male.

E qui veniamo immediatamente ai punti dolenti della produzione. La trama è scritta benissimo, la politica in stile Final Fantasy XII (da cui, caso vuole, viene il character designer) sono eccellenti e dettagliatissimi, seppur dagli esiti a volte scontati. Dove proprio la situazione diventa difficile da digerire è nella costruzione dei personaggi, tra cui soprattutto quella dei protagonisti. Non ha certamente aiutato il doppiaggio dalla qualità altalenante, in lingua inglese. Ma è proprio la costruzione dei dialoghi e la loro banalità a smorzarci l’entusiasmo. Le backstory dei protagonisti sono indubbiamente interessanti, ma prive di mordente proprio a causa della scrittura approssimativa e blanda dei dialoghi. Sembra come se il creatore della lore di DioField e l’autore dei personaggi che ne hanno vissuto le cronache avessero visioni completamente opposte.

Un potenziale mal sfruttato che si perde del tutto appena comincia a prendere il sopravvento il gameplay, che di fatto ridurrà a icona il pregio narrativo e allungherà il brodo con missioni – anche principali – molto poco rilevanti ai fini del prosieguo della storia.

Schiaffi e fagioli

Apprezziamo la volontà di The DioField Chronicle di volersi imporre con uno stile di gioco tutto suo, che un po’ ricorda Fire Emblem e Arc: Il Tramonto degli Spiriti, ma che ha poco in comune con entrambi. Il titolo di Lancaster e Square Enix si presenta come un action RPG con visuale dall’alto. Tramite puntatore, i giocatori selezioneranno le unità da schierare e le muoveranno verso punti della mappa, ostacoli da distruggere, torri da conquistare e nemici da abbattere.

La peculiarità di DioField sta nel suo essere un RPG in tempo reale. Il gioco è accompagnato giusto da una barra ATB che determina esclusivamente il cooldown delle abilità speciali delle singole unità. Nel mentre, tuttavia, gli attacchi comuni avvengono naturali con lo scorrere del tempo, se preimpostati. Lo stile quindi ricorda molto quanto visto in Final Fantasy XII. DioField ha nel suo gameplay una natura strategica ibrida, grazie anche alla velocità con cui possiamo gestire gli scontri. Si potrà selezionare una velocità raddoppiata per far scorrere subito le battaglie oppure pause per riorganizzare le truppe o sfoderare le abilità dei mercenari.

Di nuovo, però, qualcosa non funziona al meglio. Giocato alla difficoltà intermedia, la stessa suggerita dagli sviluppatori, combattere in DioField non è molto soddisfacente. Non solo a causa di un sistema di controllo e puntamento da criminali su PlayStation. I nemici sono delle spugne per proiettili, dei manichini acchiappa danni. A volte saranno duri da buttare giù solo per gli elevati HP che posseggono, più che per la difficoltà o per i danni che infliggono. La soluzione a tutte le battaglie, il più delle volte, è accerchiare i singoli nemici e scatenare a ripetizione le tecniche speciali, queste soggette solo a un breve cooldown e a una spesa irrisoria di MP che si ricaricheranno nel corso degli scontri. Sul serio: molto spesso non basterà altro che premere a ripetizione il tasto Triangolo e scegliere le abilità preferite.

Nella noia e nel dolore

La problematica si rafforza ancora di più una volta sbloccato l’albero delle abilità, che ne renderà disponibili di nuove e potenzierà quelle già esistenti. Queste renderanno le battaglie una vera passeggiata, tanto che quasi i combattimenti potrebbero essere gestiti da un sistema automatico. Un’altra, pesante nota a sfavore del gioco sta nella ridondanza delle missioni secondarie, tutte con gli stessi obiettivi (scorta, non far morire i personaggi, trova il baule) e studiate per premiare i giocatori col contagocce.

Il resto del gameplay, quindi fuori dagli scontri, è purtroppo totalmente trascurabile. Nei panni del nostro protagonista gireremo intorno al palazzo reale, dove ci potremo limitare a seguire i puntini evidenziati nella mini mappa o, eventualmente, fare compere per il party, ma basta così. Tutto il gioco lontano da guerre e battaglie è un continuo ripetersi di fetch quest: vai al punto A, accetta la missione e arriva al punto B per iniziarla, senza dialoghi concreti che ci facciano venire voglia di avvicinarci alla storia o alla motivazione dietro ogni missione. Il free roaming, se vogliamo chiamarlo così, è un palese tentativo di allungare il brodo: un selettore delle missioni sarebbe bastato e non avrebbe fatto sembrare il tutto una perdita di tempo.

Chiudi un occhio

Arrivati a questo punto e dovendo analizzare il comparto sonoro ed estetico di The DioField Chronicle, siamo in dubbio sulla nostra valutazione di questo aspetto. La motivazione è semplice: andando con ordine, le musiche gradevoli, tali grazie alle composizioni medievaleggianti e sempre azzeccate dell’immortale Ramin Djawadi (Game of Thrones e ora House of the Dragon), vengono controbilanciate da un doppiaggio, che come già anticipato, non ci ha fatti impazzire. Altalenante per qualità, con alcuni personaggi credibilissimi accompagnati da altri che tendono ad accentuare le frasi o peggio a leggere gli script al terzo sbadiglio consecutivo.

Graficamente, invece, il discorso cambia. Quando sono apparsi i design dei personaggi nel filmato d’introduzione abbiamo immediatamente riconosciuto lo stile d’Isamu Kamikokuryo, famoso per la direzione artistica degli ultimi Final Fantasy, dal X al XV. La cutscene iniziale prometteva davvero bene. Passando all’atto pratico, i poligoni sono però tornati indietro di due generazioni. Certo, il comparto grafico non è assolutamente la prima preoccupazione per uno strategico con visuale dall’alto, ma vedere tanta qualità negli artwork e nella prima cutscene per poi ritrovarsi in un mondo privo di vita e visibilmente limitato è stato un pugno allo stomaco. Inoltre, nota non poco importante, il titolo è sprovvisto di una localizzazione in italiano. In tutto e per tutto, The DioField Chronicle è il classico studente intelligente che non si applica.

Trofeisticamente parlando: terreno di caccia

Se non altro, l’elenco trofei di The DioField Chronicle è molto generoso per essere uno strategico. Per circa trenta ore di gioco, essenzialmente bisognerà completare la storia principale, ottenere un milione di Guld, reclutare tutti gli alleati possibili, ottenere cento ricompense bonus dalle missioni e arrivare con un personaggio al livello 50 (cosa che spingerà i cacciatori a ripetere più e più volte le ultime quest secondarie). Con un po’ di pazienza, un party abbastanza forte e velocità di gioco al massimo, porterete in poco tempo a casa la pagnotta di Platino. Serve una mano? Ecco qui la nostra dettagliata guida ai trofei.

VERDETTO

Le premesse e le idee per costruire un gran gioco c’erano tutte, ma Lancaster ha saputo calcare la mano solo sui difetti. The DioField Chronicle ha una storia interessante, ma ha un target indefinito, una ridondanza generale e un gameplay intrigante ma noioso. E ha pure un prezzo di listino troppo alto per la qualità consegnata. Nonostante questo, si tratta di un gioco godibile da chi cerca un'esperienza strategica all'acqua di rose, che non ci sentiamo di bocciare completamente. Suggeriamo comunque cautela, perché potreste rimanere scottati.

Guida ai Voti

Andrea Letizia
Cresciuto a pane, Kamehameha e Crash Bandicoot, inglesizzato grazie a Kingdom Hearts. Grande amante degli action RPG e dei platform, dei cani e del wrestling.