Sakuna: Of Rice and Ruin – Recensione

Sviluppatore: Edelweiss Publisher: XSEED Games, Mervelous Piattaforma: PS4 Genere: Azione Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 39,99 € Italiano:

La terra del Sol Levante, si sa, è ricca di tradizioni antiche che tutt’oggi vengono tramandate con estrema appartenenza e passione. Fra queste si annovera il Festival di Otaue, celebrazione che apre alla stagione della coltivazione del riso con danze, rituali e gioia. Le risaie sono una delle principali forme estetiche (e funzionali) che circoscrivono l’applicazione e la precisione dei giapponesi, ma dietro a esse si nascondono studi, dettagli e insidie sconosciuti ai più. Su questo tema, il dinamico duo di Edelweiss composto da Nal e Koichi, ha dedicato cinque lunghi anni per lo sviluppo di Sakuna: Of Rice and Ruin, accolto benevolmente dalla critica e dall’utenza che gli ha permesso di diventare un bestseller del publisher Marvelous in tempi record. Successo meritato? Scopritelo nella nostra recensione!

Il nettare degli Dei

In Sakuna: Of Rice and Ruin interpreteremo la piccola principessa Sakuna, figlia della Dea dell’agricoltura e del Dio della guerra, che vive nel regno degli Dei fra lussi e vizi. Un giorno, cinque umani in cerca di cibo attraversano il ponte celestiale che collega il mondo umano con quello divino e irrompono nel regno. Redarguito da Sakuna, il gruppo si infiltra comunque obbligando la principessa a intervenire. La piccola si farà trascinare eccessivamente e darà fuoco all’intero tempio, costringendo la governatrice del regno a esiliarla per punizione, insieme ai cinque umani, in un’isola abbandonata infestata dai demoni.

Sakuna sarà quindi costretta a calarsi in una vita contraddistinta dall’umiltà, il sacrificio e il duro lavoro, apprendendo i tratti che definiscono il carattere umano e accorgendosi, man mano, che anche una principessa divina può provare determinate sensazioni. Ben presto scoprirà che l’isola è anche l’ultimo luogo in cui sono stati intravisti i suoi genitori, fornendole una motivazione ulteriore per il soggiorno forzato.

La trama è semplice ma assolve ottimamente alla sua funzione, almeno nelle prime fasi. Purtroppo, dopo un iniziale incremento d’interesse nella lore e nello sviluppo della trama, la capacità di scrittura è andata scemando, con un quantitativo incalcolabile di situazioni aperte e non adeguatamente chiuse. Questo ci ha generato confusione e, a tratti, noia. Siamo rimasti delusi anche da un finale debole e dall’approfondimento piuttosto superficiale con cui sono stati trattati alcuni personaggi secondari dal grande potenziale.

Of Rice and Ruin

Sta nel titolo la caratteristica peculiare del prodotto di Edelweiss, ossia l’inusuale mix di generi fra l’action a scorrimento orizzontale in 2D e il simulatore gestionale di agricoltura. La nostra Sakuna esplorerà numerosi dungeon (sia chiusi che aperti) alla ricerca di risposte sull’infestazione demoniaca di cui soffre l’isola e di risorse preziose per il crafting o la cucina, salvo poi tornare alla base per dedicarsi ai campi di riso.

L’esplorazione è piuttosto lineare, i dungeon sono di medio-piccole dimensioni e risulteranno essere tutti abbastanza simili come design strutturale. Sakuna ha la possibilità di aggrapparsi alle pareti (o ai nemici) sfruttando un velo arcano che porta con sé, mentre combatterà con due armi, una leggera e una pesante di diversi tipi (taglio, contundente, magica o perforante). Inoltre, sarà possibile cambiare tre parti del proprio equipaggiamento e potenziarle con delle gemme magiche che forniscono bonus passivi. Il quantitativo di abilità che Sakuna apprenderà progredendo con la storia, di equipaggiamenti e di nemici non è elevatissimo, ma la difficoltà intrinseca del gioco ci costringerà a utilizzarli tutti. Si tratta di una buona cosa, soprattutto in una generazione ricca di alberi delle abilità ed equipaggiamenti che vengono sistematicamente trascurati in favore delle solite, poche, variabili impattanti.

Sebbene il gameplay sia tecnicamente ben realizzato, discretamente fluido, sufficientemente dinamico e sfidante, pecca un po’ di profondità e non offre un senso di progressione tangibile delle abilità del personaggio. Molto deludenti le boss fight, tutte piuttosto statiche e noiose, eccezion fatta per il boss segreto. Ottima invece la mobilità del personaggio, arricchita dall’utilizzo del velo sacro.

Il riso sta sulla bocca degli… Dei?

Completamente diversa l’applicazione di Edelweiss sulla sezione agricola. Sebbene ci sia la possibilità di coltivare solo e unicamente riso, le variabili, in questo caso, sono davvero tantissime. Dal meteo alla dimensione del chicco, dai fertilizzanti ai pesticidi, dalla tossicità del terreno alla temperatura dell’acqua. Le statistiche di Sakuna utili per l’esplorazione e il combattimento progrediranno in base alla qualità del vostro raccolto e ai cibi che mangerete al termine di ogni giornata.

La coltivazione del campo è indubbiamente la componente meglio riuscita dell’intero videogioco e visibilmente la più curata. In questo caso la progressione è palese, con l’ottenimento di nuove attrezzature agricole, animali di supporto, elementi che possono essere utilizzati come fertilizzanti o pergamene che svelano degli interessanti segreti da applicare per migliorare la qualità e la quantità del riso. Inoltre, il tempo richiesto per il ciclo di coltivazione non è molto elevato e si può espletare in circa sei-nove giorni di gioco, corrispondenti a circa un’ora di tempo reale. Questa rapidità di esecuzione coinvolge molto e ci permette di apprendere e migliorare di raccolto in raccolto.

Ho paura del buio!

A livello puramente estetico, Sakuna: Of Rice and Ruin si fa apprezzare fin da subito. I modelli cartooneschi in 3D sono decisamente godibili, mentre gli elementi paesaggistici sono molto articolati e dettagliati. Straordinari gli effetti di luce e l’alternanza giorno-notte che risulta essere fondamentale anche per le meccaniche di gioco: il cibo andrà a male, i mostri diventano più forti al calar del sole e il raccolto necessita di luce e acqua per crescere serenamente. Osservare le piante di riso crescere con il campo allagato è uno splendore, ma saranno molti i dungeon a regalare un meraviglioso colpo d’occhio. Qualche problemino, invece, con le compenetrazioni dei corpi (anche nelle cutscene), ma chiudiamo volentieri un occhio.

Sotto il profilo sonoro, le musiche sposano il folklore nipponico della tradizione e offrono tracce in loop gradevoli all’ascolto che hanno l’unico difetto di essere spesso un po’ troppo simili fra loro. Purtroppo, l’effettistica sonora durante le fasi di esplorazione risulta essere piuttosto basica e povera, ma il vero guaio risiede nella carenza del doppiaggio. I doppiatori dei personaggi principali sono anche talentuosi, ma il fatto che venga doppiata una riga di testo su cinquanta e che la maggior parte dei dialoghi siano muti ci ha spiazzati. In particolare, ci ritroveremo spesso a cenare in compagnia del gruppo di umani e a partecipare a una chiacchierata collettiva utile per scoprire informazioni sul background di ciascuno. Ci avrebbe fatto piacere poter ascoltare la conversazione e sentirci lì, a tavola con loro.

Edelweiss, promossi con riserva

Sakuna: Of Rice and Ruin è stato promosso con voti altissimi da molte testate e apprezzato da numerosi utenti. Alla luce di quanto esposto in questa recensione, abbiamo deciso di remare controcorrente ed esprimere un pensiero atipico su questo titolo. Sebbene riconosciamo l’enorme lavoro svolto da Edelweiss (ricordiamolo, è un team composto da solamente due persone), il risultato è un prodotto dall’enorme potenziale che troppo spesso si perde in sé stesso, complice anche un’eccessiva longevità.

La trama apriva a tematiche interessanti ma non è riuscita ad affrontarle come si deve, cadendo spesse volte in contorsioni senza senso che indeboliscono anche il citazionismo della tradizione nipponica, per non parlare delle innumerevoli contraddizioni narrative in cui ci siamo imbattuti. Alcuni personaggi nascondevano un potenziale del tutto inesploso, poiché le loro fetch quest sono state liquidate in maniera ingiustificatamente frettolosa. L’idea di miscelare due generi apparentemente opposti è stata geniale, ma lo sviluppo non è riuscito a ottimizzare nessuna delle due parti e, soprattutto, la linea di giuntura fra queste. Un titolo contraddistinto da un’enorme varietà di oggetti, statistiche, equipaggiamenti, nemici e dungeon che, ci duole dirlo, trasmette monotonia dopo poche ore.

Insomma, annoveriamo Sakuna: Of Rice and Ruin all’interno della tipica categoria dei “vorrei ma non posso”, senza attribuire una evidente colpa agli sviluppatori il cui amore verso il proprio prodotto è ampiamente percepibile in ogni frammento di gioco. Riteniamo che il progetto fosse troppo contorto e ambizioso per un team di sole due persone, per quanto caparbie e capaci, e che con maggiori disponibilità economiche e umane sarebbe stato possibile estrarre dal cilindro un vero capo d’opera, ciò che Sakuna: Of Rice and Ruin non è.

Trofeisticamente parlando: un sorriso longevo

L’elenco trofei di Sakuna: Of Rice and Ruin è ricco e comprende un luccicante trofeo di Platino. Non essendoci trofei legati al livello difficoltà, la caccia risulterà essere piuttosto semplice soprattutto nel caso siate giocatori disposti a fare spesso backtracking e grinding facoltativi. Dovendo raggiungere il livello di riso 50 e dovendo completare ogni missione, la caccia risulterà essere comunque mediamente longeva (fra le quaranta e le cinquanta ore).

VERDETTO

Sakuna: Of Rice and Ruin si pone un obiettivo apparentemente impossibile, ovverosia miscelare due generi agli antipodi come l'action in 2D e il gestionale agricolo. L'esperimento non è riuscito al meglio, con problemi sotto molti punti di vista. Ciò che accomuna ogni caratteristica di questo progetto è la sua incapacità di valorizzare appieno delle idee intelligenti e di far emergere tutto il potenziale ideato da Edelweiss. Le trenta ore richieste per completare la storia principale definiscono un andamento sinusoidale che alterna momenti di grande intrattenimento all'apatia più completa. Un prodotto di medio livello che ci presenta due sviluppatori dalle grandi capacità che meriterebbero più attenzione in futuro.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.