Pantsu Hunter: Back to the 90s – Recensione

Sviluppatore: Ascension Dream Publisher: Sometimes You Piattaforma: PS4 (disponibile anche per PS Vita) Genere: Punta e Clicca Giocatori: 1 PEGI: 16 Prezzo: 12,99 € Italiano:

Gli anni Novanta. Il decennio che da molti viene etichettato come il fulcro dell’esaltazione dell’intrattenimento. In particolare, i videogiochi e i cartoni animati hanno offerto un tangibile salto qualitativo rispetto al decennio precedente e hanno iniziato a percorrere una varietà di strade fino a quel momento inimmaginabili. Pantsu Hunter: Back to the 90s è un salto verso quel periodo, sia a livello estetico che strutturale e contenutistico. Siamo caduti in piedi? Scopritelo nella nostra recensione!

Pantsu Hunter

Golden Boy, sei tu?

Abbiamo notato nell’opera di Ascension Dream una spiccatissima ispirazione a Golden Boy, manga scritto da Tatsuya Egawa da cui è stata tratta una versione anime andata in onda nella seconda metà degli anni Novanta. In Golden Boy, Kintaro è uno studente che abbandona l’università e decide di girare il Giappone in sella alla propria bicicletta per sperimentare tutti i tipi di lavori e diventare “il tuttofare supremo”. Nel frattempo, incontrerà delle ragazze con le quali avvierà (ma non concluderà) delle storie d’amore. Parola d’ordine: imparo, imparo, imparo!

Ebbene, in Pantsu Hunter impersoneremo Kenji, studente universitario che per mantenersi diventa un “jack of all trades”, ossia un tuttofare. Il ragazzo si improvviserà elettricista, idraulico, muratore, baby sitter, cuoco e quant’altro per guadagnarsi da vivere e sfrutterà le sue visite nelle abitazioni dei clienti per cercare di dar sfogo al proprio feticismo: le mutandine. Kenji, infatti, sta cercando il vero amore della sua vita e si è reso conto che la forma, il colore e il motivo delle mutandine permettono di scoprire in maniera inequivocabile la personalità della proprietaria. Durante i suoi lavoretti, andrà dunque alla ricerca di questi preziosi cimeli per studiare l’indole delle ragazze e identificare quella giusta. Ah, dimenticavamo: Kenji si sposta con una motocicletta.

Pantsu Hunter

Nel gioco incontreremo quattro ragazze distribuite in tre capitoli. Nel primo incontreremo Haruka, da poco single, che appartiene alla categoria delle “finte ingenue” e che si invaghirà immediatamente del protagonista (ci ha ricordato Naoko Katsuda di Golden Boy). Nel secondo capitolo incontreremo Anko e Yukari, due sorelle molto diverse. La prima è un astro nascente del calcio femminile, è molto violenta all’apparenza ma nasconde un animo d’oro, soprattutto nei confronti della sorella (ci ricorda molto Ayuko Hayamizu, l’istruttrice di nuovo di Golden Boy, anche esteticamente). La sorella, Yukari, è una ragazza dolce e altruista che soffre di una malattia mentale piuttosto grave, sebbene lei abbia imparato a conviverci. Si tratta dell’unico personaggio che non ha una controparte nell’anime da cui Pantsu Hunter ha preso ispirazione. L’ultima ragazza, protagonista del terzo capitolo, è una nobildonna di nome Anna, molto elegante, altezzosa e formale che, tuttavia, nasconde un feticismo estremo simile a quello del protagonista (esattamente come Reiko Terayama in Golden Boy).

Ops, game over!

Il gameplay di Pantsu Hunter è caratterizzato da due tronconi piuttosto evidenti: il punta e clicca e la visual novel. Durante i tre capitoli con le ragazze, saremo parzialmente liberi di investigare le abitazioni interagendo con gli elementi dello scenario così da risolvere il problema principale per il quale siamo stati contattati, senza ovviamente dimenticare la nostra caccia alle mutandine. Potremo premere il tasto Quadrato per far comparire un’icona che ci indica tutti gli elementi con cui possiamo interagire. Decideremo poi noi, attraverso il cursore, come comportarci.

Pantsu Hunter

Il secondo troncone corrisponde a dialoghi occasionali che avremo con le ragazze, che ci costringeranno a scegliere un approccio da avere con loro. Diverso è il quarto capitolo in cui verrà proposta una vacanza con tutte e quattro le ragazze e che sarà solo ed esclusivamente narrata e dialogata (quindi una visual novel in senso stretto).

La particolarità di Pantsu Hunter: Back to the 90s è indubbiamente la massiccia presenza di game over. Qualsiasi scelta scellerata vi condurrà inevitabilmente a un epilogo, che corrisponde a una schermata con descritto il finale. Tuttavia, anche scelte apparentemente innocue possono provocare degli inaspettati game over (ad esempio sedervi sul divano oppure staccare la corrente). I capitoli sono brevi, si possono completare in una manciata di minuti, motivo per cui la presenza dei game over non provoca quella irritante sensazione di “ricominciare da capo” e, anzi, regala i momenti più divertenti e assurdi che Pantsu Hunter ha da offrire. La ricerca degli ending è l’attività più coinvolgente, ancor più della caccia alle mutandine che corrisponde alla risoluzione di enigmi nelle fasi punta e clicca.

Pantsu Hunter

Ma quella è Lamù!

La vena nostalgica e il legame con gli anni Novanta di Pantsu Hunter si palesano sotto molteplici punti di vista. La combinazione punta e clicca e visual novel è un capostipite degli anni Novanta, così come lo sono alcuni easter egg o citazioni disseminati nella breve avventura di Kenji; secondo voi è un caso che il primo lavoretto di Kenji sia la riparazione di un lettore VHS?

Gli anni Novanta esplodono definitivamente a livello estetico e sonoro. Il design di Pantsu Hunter è particolarmente ispirato ai prodotti animati come Golden Boy o, per citarne di più celebri, Cowboy Bebop, Great Teacher Onizuka o Initial D. Graficamente, Pantsu: Hunter è sublime e sicuramente riuscirà a riaccendere la fiamma della nostalgia che si cela dentro gli appassionati.

Non si discosta da questo discorso neanche il comparto sonoro, anzi. La colonna sonora è realizzata con un vecchio sintetizzatore (e si sente), mentre gli effetti sono nudi e crudi, a volte anche poco realistici ma assolutamente idonei al contesto. Vi consigliamo di giocare il titolo con le cuffie, così da amplificare questa sensazione.

Pantsu Hunter

Coerente con la struttura è anche il doppiaggio (inglese) delle ragazze che, tuttavia, a livello di immersività e coinvolgimento gioca un ruolo negativo. La maggior parte dei dialoghi denotano freddezza e distacco. Ispirarsi agli anni Novanta significa assorbirne l’essenza, l’estetica e lo spirito, ma non i limiti imposti dalle minori possibilità tecniche ed economiche che circondavano il mondo dell’animazione e del gaming. Non vogliamo giustificare la scarsità emotiva del doppiaggio con l’ispirazione nostalgica del titolo.

E’ solo un graffio!

Rispondendo alla domanda posta nell’incipit, il salto nel passato si è concluso con una goffa caduta che però non ha provocato ingenti danni, ma solamente un graffio. In conclusione, Pantsu Hunter è un’esperienza leggera, piacevole e a tratti divertente che riporta nei nostri salotti quella vena nostalgica che di tanto in tanto merita di essere rievocata. Tuttavia, l’esperienza videoludica è complessivamente claudicante, soprattutto per quanto concerne i contenuti. La storia di Kenji non ha un vero e proprio finale e i rapporti con le ragazze sono solamente abbozzati. Non c’è uno sviluppo delle loro personalità e dei loro legami, cosa resa ancor più evidente da un doppiaggio con l’espressività di un davanzale in calcestruzzo. Anche i vari background delle ragazze, raccontati attraverso scene segrete, gettano l’amo nel lago ma poi non aspettano che abbocchi il pesce.

Pantsu Hunter

Pantsu Hunter è un’occasione mancata, un’idea di base valida ma che non è stata realizzata con la dovuta cura. Nell’epoca in cui i videogiochi, caratterizzati da prolissità, vengono allungati eccessivamente per offrire molte ore di gioco fini a sé stesse, Pantsu Hunter ha commesso il crimine opposto: è stato frettoloso. E’ così difficile trovare la via di mezzo? Il mercato odierno suggerisce, ahinoi, una risposta affermativa.

Trofeisticamente parlando: trophy hunter

Conquistare il Platino di Pantsu Hunter sarà una passeggiata. Sarà richiesto di sbloccare tutti i finali, tutte le scene segrete e trovare tutte le mutandine. I trofei più ostici sono le run perfette del primo e del terzo capitolo, ma con la nostra guida ai trofei sarà tutto più semplice.

VERDETTO

Pantsu Hunter: Back to the 90s lascia l'amaro in bocca. Tangibili la passione del team di sviluppo verso il decennio oggetto di esame e la volontà di riprodurre le atmosfere dell'epoca attraverso un videogioco leggero e divertente, ma è altrettanto concreta la mancanza di contenuti (in particolar modo narrativi) di cui il titolo soffre. L'avventura è breve e un po' vuota, ma ha una grande personalità, soprattutto estetica. Vi invitiamo all'acquisto, visto anche l'esiguo prezzo sullo store, qualora siate amanti dell'animazione giapponese degli anni Novanta e vogliate rilassarvi un po'. Tuttavia, i più giovani o gli infognati di visual novel articolate rischiano seriamente di rimanere a mani vuote.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.