Giochiamo a nascondino

Soffermiamoci però un attimo su quanto detto. A cosa ci riferiamo di preciso, con questo miglioramento delle meccaniche stealth? Prima di tutto pensiamo all’introduzione di una barra in sovrimpressione, sopra i nemici, che indica quanto la loro attenzione sia stata sollecitata, più o meno come quanto visto per Assassin’s Creed. Dopo un certo limite sarete colti in flagrante e dovrete ingaggiare lo scontro. Segnaliamo anche la possibilità di nascondersi nell’erba alta come dei provetti Solid Snake, ma soprattutto la possibilità di “marcare” il nemico. Se lo punterete con l’arma premendo L2 ed inoltre “cliccherete” L3 avrete modo di seguire i suoi movimenti in maniera costante, così da organizzare una funzionante strategia di offesa.

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Sempre a proposito di offesa non poteva mancare il classico scontro bruto e frontale, a base di piombo, granate e pugni sul muso. Questo aspetto è forse quello che ha subito meno miglioramenti, e, in tutta onestà, non potremmo essere più felici visto che in quanto a solidità e fluidità del gameplay in questo ambito, Uncharted non conosce rivali sin dalla sua prima iterazione. Scomodiamo però ancora una volta Bruce Wayne per segnalare che anche Nate può vantare ora il suo bel rampino personale, che gli permetterà di coprire distanze molto maggiori rispetto a quelle del semplice salto (per la qualità dello stesso rispetto alla controparte targata Wayne Enterprises si veda il discorso sul cavo della macchina: ma Nate ci piace così, un po’ chiassoso e casereccio).
Chiudiamo questa anteprima che sarebbe dovuta essere più corta, al fine di esprimerci più approfonditamente in sede di recensione, ma che presi dall’entusiasmo per il titolo è finita con il diventare decisamente corposa, parlando del comparto audiovisivo. Solo tanti, tanti applausi: gli occhi rimangono estasiati di fronte a tanta “potenza dell’impatto”, ma allo stesso tempo sono colpiti dalla dolcezza di alcuni scorci paesaggistici, sempre in riferimento a quanto abbiamo potuto provare. Muscoli e poesia del motore grafico coincidono, in quanto prodotto da Naughty Dog: molto buono anche il doppiaggio (sfortunatamente manca Magalli) e ottimi per l’accompagnamento risultano i brani della colonna sonora, che si incastrano alla perfezione in quanto sentito nella serie in precedenza, ma si rinnovano in base ai ritmi richiesti dalle nuove location.

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Non possiamo invece esprimerci sui trofei del titolo, che comunque abbiamo sbloccato in buona quantità andando dritto per dritto, raccogliendo tesori e effettuando uccisioni con colpi alla testa. La situazione dunque sembra decisamente più abbordabile rispetto a quella di The Last of Us, e più simile a quella dei precedenti Uncharted, anche se l’estensione della mappa potrebbe rendere un po’ più ostica del previsto l’ottenimento dei collezionabili.

Conclusione

Non aspettiamo altro. Uncharted 4: Fine di un Ladro potrebbe essere uno dei motivi principali per cui un videogiocatore ha preferito la console Sony alla concorrenza, e se così fosse, saremmo molto felici per lui, visto che le sue enormi attese dovrebbero essere ripagate alla grande. Ci sono tutte le premesse perché si parli del miglior capitolo di sempre: anche in questo caso Naughty Dog sembra non dovere sbagliare il colpo, regalandoci uno dei giochi migliori di questa generazione.

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