Leggendo Ping Pong Peg nel titolo della nostra recensione Speedrun, potreste pensare a un videogioco basato sul celebre sport. Come (sfortunatamente) vedremo, il titolo di Indie Remix Studios è tutto fuorché un ispirato gioco di ping pong con qualche interessante aggiunta. Fate un salto nello spazio con noi per far rimbalzare qualche pallina.
Dall’inizio alla fine
Uno dei primi videogiochi commercializzati, prodotto dalla Atari come arcade nel 1972 e come console dedicata nel 1975, è stato il mitico Pong. Lo scopo del gioco era, vista anche la data di pubblicazione, incredibilmente semplice. L’idea era quella di offrire un esperienza a metà tra il ping pong e l’air hockey, con due barrette che facevano rimbalzare una pallina. Mancando l’impatto, si subiva un “gol” e si faceva far punto all’avversario.
Partiamo da qui per parlare di Ping Pong Peg, altro titolo arcade che si propone come rivisitazione in chiave moderna proprio di Pong. I giocatori si trovano in ambientazioni spaziali, con lo scopo di lanciare una pallina e farla rimbalzare più a lungo possibile. Una delle differenze con il suo illustre antenato è da subito evidente: Ping Pong Peg infatti è orientato in verticale, anziché in orizzontale. Come vederemo più in là nella recensione, si tratta di una differenza non da poco.
Torniamo però a noi: il titolo di Indie Remix Studios non propone (ovviamente) uno straccio di trama né particolari spiegazioni su come giocare. Nel menu principale si possono scegliere l’opzione continua e quella di nuova partita. Una piccola ricerca permette di trovare una schermata di tutorial, che spiega le semplici dinamiche del titolo. Si lancia la pallina e si fanno esplodere barrette e palline, un chiaro richiamo a un altro classico: Arkanoid.
Dov’è il divertimento?
Se vi state chiedendo in cosa consista il gameplay di Ping Pong Peg, è presto detto. Il giocatore ruota un lanciatore fisso, modificando l’angolazione, e lascia cadere una pallina. Questa rimbalza in maniera casuale su una serie di elementi che esploderanno a scoppio più o meno ritardato. In cima e in fondo allo schermo ci sono poi due barrette in grado di salvare la pallina da un’eventuale caduta: mancandola si perderà una vita. Salvandola, invece, la barra esploderà lasciandoci scoperti.
Di tanto in tanto, inoltre, la gravità cambierà, facendo andare la pallina verso l’alto anziché verso il basso. Sulla carta si tratterebbe anche di un arcade interessante, peccato che i rimbalzi siano totalmente imprevedibili e che le esplosioni degli elementi impediscano di vedere la microscopica pallina. Non aiuta il sistema delle barre monouso, che impediscono di giocare per più di venti secondi di fila. I potenziamenti dovrebbero mitigare, ma non aiutano per nulla.
Sfortunatamente, Ping Pong Peg è un’opera priva di qualsivoglia attrattiva, mai in grado di farci divertire o esaltare. La grafica è banale e paragonabile a quella di un gioco in flash. Le tracce audio sono forse l’unico elemento salvabile, senza però esagerare. Molti pezzi sono a tratti fastidiosi e tutt’altro che godibili. Praticamente inutile la scelta di pubblicarlo su PlayStation 5, dato che anche con il DualSense non ci sono particolari ottimizzazioni. Buona la longevità, con tanti livelli da affrontare: peccato che dopo una decina la maggior parte dei giocatori getterà la spugna.
Trofeisticamente parlando: prova di resistenza
L’elenco trofei di Ping Pong Peg include anche un trofeo di Platino. La vera sorpresa è che, a differenza della maggior parte dei giochi indipendenti, ottenerlo sarà una vera impresa. Oltre a dover completare tutti i livelli abbattendo ogni Peg (ossia i blocchetti), bisognerà finire uno schema con un solo tiro. Sarà inoltre necessario acquistare ogni potenziamento e superare il livello 50. Una vera e propria prova di resistenza, che pochi cacciatori riusciranno a portare a termine.