InnerSpace – Recensione

Sviluppatore: PolyKnight Games Publisher: Aspyr Media Piattaforma: PS4 Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 3 Prezzo: 19,99 € Italiano:

“Spazio, ultima frontiera: questi sono i viaggi della nave stellare del Cartografo. La sua missione è quella di esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuove reliquie degli Antichi e delle passate civiltà, per arrivare là, dove nessun drone è mai giunto prima”.

In una realtà nella quale il pianeta ha subito un processo involutivo abnorme, tale che le terre emerse si sono rimescolate con gli oceani sino a formare un coacervo di elementi naturali, là, nel labile confine fra mare, cielo e terra ormai indistinguibile si libra in aria un colibrì meccanizzato, un drone mosso dalla volontà di esplorare, scoprire di più sul passato, sugli Antichi e sulla loro estinzione. Egli non può fermarsi, così vola fra cerchi di luce e ombre, fra grotte e negli abissi marini, alla ricerca di risposte.

Sospeso fra una simulazione di volo, un walking simulator e un’avventura onirica, InnerSpace era un progetto scolastico che attraverso una campagna su Kickstarter ha ricevuto i fondi necessari per terminare il processo di sviluppo. Il titolo indipendente plasmato dai ragazzi di PolyKnight Games nasce con lo scopo di ipnotizzare il giocatore e trascinarlo lungo una storia che tenta di ricostruire un passato immaginario ormai perduto, una storia della durata di un battito d’ali da vivere tutta d’un fiato.

Un passato trascinato via dal vento

C’erano una volta gli Antichi, una popolazione altamente sviluppata in ogni campo del sapere tale da riuscire a racchiudere il grande potere dei venti e incanalarlo in futuristiche strutture. Essi prosperarono e crearono varchi per collegare fra loro le varie parti dell’universo. Accadde però qualcosa: un gruppo di personaggi ostili intervenne per creare scompiglio, causando a lungo andare l’estinzione degli Antichi. Nulla si sa su questi semidei, né quale fosse il loro movente; i resti, le reliquie e tutto l’universo restano testimonianze silenti di un passato glorioso, sepolto e rimescolato fra terre, cielo e mare. Una damnatio memoriae imposta forse anche dalla natura stessa, che reclama un riciclo degli equilibri e continui cambiamenti. Nascita e trasformazione, il tempo scorre inesorabile, che lo vogliamo o meno, e nelle briciole lasciate dai nostri avi possiamo e dobbiamo ricercare le nostre origini per capire gli errori da non commettere e per capire chi siamo.

Chi siamo in InnerSpace? Un drone volante, un uccello meccanico costruito dal Cartografo con l’obiettivo di viaggiare volando per l’Inverso, l’universo di gioco, al fine di raccogliere quante più nozioni possibili sugli Antichi. Sempre al nostro fianco sarà l’Archeologo, o meglio la sua voce, che tramite trasmettitore viaggia da un veicolo volante o sottomarino verso il nostro e funge da aiuto e continuatore della storia.

Il mondo di gioco è davvero un mondo capovolto, inverso, l’Inverso; il nostro Cart, vezzeggiativo affibbiatoci dall’Archeologo, dovrà volteggiare fra gli oceani e le terre, in uno spazio apparentemente sconfinato ma che trasmette in verità un senso di profonda solitudine e claustrofobia. Non esiste orizzonte, un mare a cui volgere lo sguardo perdendosi verso l’infinito, ma solo una sorta di enorme, grande bolla che ruota fra i nostri volteggi.

Quello che salta all’occhio è l’influenza, o almeno la similitudine, che è possibile fare con No Man’s Sky e ABZÛ; il titolo di debutto di PolyKnight Games ha in comune l’esplorazione con il primo, che fa da perno a entrambe le avventure, ma il senso del viaggio è inscritto all’interno di un ambiente onirico, luccicante che a tratti rimanda al gioco di Giant Liquid. Innerspace vuole svettare fra gli altri esponenti del genere e proporsi come un’esperienza unica e semplice dal punto di vista della fruizione; volteggiare sarà un’azione automatica, mentre al giocatore è richiesto un attento controllo del paesaggio circostante attraverso l’analogico destro adibito alla telecamera, oltre ai comandi dorsali legati all’accelerazione e all’immersione.

Fra le vivaci braccia del vento

InnerSpace rifiuta i canoni imposti dagli open world di alcune grandi produzioni, eliminando HUD, mappe e semplificando quanto possibile anche il menù iniziale, per coinvolgere e avvolgere il giocatore ai massimi livelli. Il viaggio ci terrà costantemente in volo, pertanto sarà fondamentale imparare a padroneggiare le manovre e i cambi di direzione. Le uniche pause concesse sono rappresentate da sfere sospese su strutture artificiali posizionate in alcuni punti strategici dell’ambiente. Da lì potremo decidere la direzione del prossimo salto, chiedere consiglio all’Archeologo, controllare il numero di reperti raccolti e personalizzare il nostro stesso veicolo. In verità questo ultimo non è un punto fondamentale per il gioco, tanto che si riduce quasi unicamente al modificare i colori di Cart.

Così, dopo aver catalogato un nuovo reperto partiamo nuovamente, alla volta del cielo, del mare. Il primo potenziamento ci consente di immergerci nelle acque dell’Inverso: un oceano pieno di cunicoli e antri angusti si presenta a noi, uno spazio popolato da minuscole creature marine. Allora pieghiamo le nostre ali e nuotiamo, rimbalziamo per i muri e torniamo in superficie senza timore del game over. Gli sviluppatori hanno scelto di eliminare una delle meccaniche primordiali del videogioco, al fine di non spezzare il ritmo dell’avventura. Una scelta di design che ben si sposa con il nostro viaggio; non è una corsa al tempo, né una guerra, InnerSpace è un’esperienza da vivere tutta d’un fiato.

Un viaggio simile andrebbe goduto in piena armonia e con la speranza di avere una ricompensa adeguata, invece il sistema di volo risulta a volte poco facile da manovrare, rischiando di farci perdere spesso il senso dell’orientamento; dopotutto è già complicato in sé dirigersi verso una direzione stabilita, in un mondo in cui cielo e mare si mescolano e si confondono. E ancora i rari reperti da scovare non riescono ad appagare la nostra smania di esploratori e cacciatori di tesori, nel mezzo di un mondo decisamente povero, nonostante la presenza di sfere che racchiudono il potere del vento, indispensabili per alcune azioni.

Come un sogno sbiadito

InnerSpace è come un’esperienza onirica, un sogno che, come tale, risulta a volte poco preciso nei dettagli, spesso sfocato. La grafica è in armonia con il comparto audio e il gameplay vero e proprio, con colori pastello che dolcemente riempiono questi spazi confusi. La musica che accompagna il nostro viaggio è delle più rilassanti, delle più dolci e avvolgenti, delle note di colore mai fastidiose e anzi molto piacevoli.

Trofeisticamente parlando: continua a cercare!

Cosa non comunissima per un titolo indipendente, InnerSpace conta ben quindici trofei, compreso il sempre agognato Platino. La difficoltà generale non è alta e per ottenerli tutti basterà adoperarsi scandagliando tutto l’ambiente che ci circonda, trovando reperti, sbloccando i veicoli.

VERDETTO

InnerSpace è un viaggio da vivere tutto d'un fiato, un'esperienza che scorre come il vento in poche ore e che ci mette nei panni di un drone volante alla ricerca di risposte riguardo il passato di questa realtà, l'Inverso. La dolcezza delle musiche e dei colori usati per il comparto grafico lasciano tuttavia spazio a un senso di frustrazione dovuto alla scarsa manovrabilità del mezzo, che ci costringerà a rimbalzare sui muri senza però mai morire. Uno spazio confuso fra cielo, mare e terre meritava d'essere ricco di collezionabili, oggetti e tesori, ma forse InnerSpace non vuole puntare alla ricchezza, quanto piuttosto a cullare il giocatore, sospeso lungo un viaggio che racconti una storia portata via dal vento.

Guida ai Voti

Maria Enrica
Grata dal 1994 ai videogiochi per sopperire a pigrizia e mancanza di fantasia, è stata svezzata da mamma Nintendo, allevata da Sony fin dalla prima PlayStation, cresciuta con un pad in mano e il Game Boy Advance nell'altra. Laureanda in Lettere classiche, avversa ai videogiochi in digitale, sogna per questo una casa dove custodire una collezione degna di tale nome.