The Last Campfire – Recensione

Sviluppatore: Hello Games Publisher: Hello Games Piattaforma: PS4 Genere: Avventura Giocatori: 1 PEGI: 3 Prezzo: 14,99 € Italiano:

Hello Games, dopo la controversa pubblicazione di No Man’s Sky, ci riprova. Stavolta si punta su un genere completamente diverso, su un target più ristretto e su un progetto dalle ambizioni molto più terrene (e di conseguenza anche con un budget maggiormente contenuto). Ciononostante, le tematiche affrontate in The Last Campfire sono tutto tranne che superficiali, a dimostrazione di quanto il team di sviluppo britannico rigetti in ogni modo le banalità. Non tutto però è andato per il verso giusto. Ecco la nostra recensione!

The Last Campfire

Un viaggio lineare

The Last Campfire racconta il viaggio di Ember, un’anima tormentata catapultata in un limbo fra i mondi in cui molti suoi simili si perdono dopo che la loro forza di volontà è stata sopraffatta dalle emozioni negative. Disperso in questa sezione parallela e mosso da un forte senso di altruismo, Ember cercherà di entrare nello spirito delle anime tormentate per risvegliarle e condurle intorno a un falò che possa riaccendere le loro speranze. Il vago obiettivo delle anime è trovare un senso alla propria esistenza e porsi una destinazione apparentemente insensata e inesistente.

Viaggeremo attraverso tre mondi composti da molteplici sezioni e dovremo aiutare Ember ad aprirsi la via e a soccorrere i suoi simili risolvendo rompicapo. Ogni mondo nasconde sette anime tormentate. L’avventura è piuttosto breve e si potrà completare in una manciata di ore, ma potremo guadagnare un po’ di tempo cercando i collezionabili, rappresentati da pagine di diario scritte da un misterioso avventuriero che ci ha preceduti.

The Last Campfire

Aspettative esagerate

Una delle principali cause dell’iniziale flop di No Man’s Sky fu il gap ampio fra qualità percepita dai videogiocatori e aspettative create da Hello Games. Purtroppo anche The Last Campfire si infrange contro lo stesso problema, sebbene il team di sviluppo, stavolta, non si sia lasciato andare a voli pindarici. Questo perché i trailer e le ambizioni narrative del viaggio di Ember hanno lasciato intendere una forte volontà artistica. I più ambiziosi addirittura ci hanno intravisto un’ispirazione a Journey. Noi, con tutta onestà, identifichiamo Hob come principale fonte d’ispirazione; Journey è semplicemente il titolo più famoso appartenente a questa corrente videoludica, ma di cui abbiamo rintracciato solamente delle briciole in The Last Campfire.

Il problema principale di The Last Campfire riguarda il fallimento pressoché totale sul versante contenutistico e narrativo. La fragilità della mente umana e la proiezione fisica delle emozioni che tormentano l’animo sono concetti non semplici da riproporre e, ahinoi, The Last Campfire ne è l’esempio. Ci ritroveremo a girovagare per questi ambienti dal level design curato a livello funzionale ma spoglio a livello estetico, oltre che privo di carattere. La narrazione difficilmente riuscirà a coinvolgervi, sia perché eccessivamente caotica e dispersiva, sia perché non trova quasi mai coerenza con il gameplay. Coerenza che ci aspettavamo di trovare. Se entriamo dentro lo spirito di un’anima la cui luce è stata spenta dalla mancanza di apprezzamento, ci aspettiamo di essere catapultati in un dungeon che a livello estetico e sonoro ci trasmetta questa sensazione. Invece abbiamo notato come i dungeon delle varie anime siano molto simili sia nel design che nella risoluzione e come manchi terribilmente la correlazione descritta pocanzi.

The Last Campfire

Proprio adesso?

La trama, arricchita dalle pagine di diario del misterioso viaggiatore, fatica a ingranare e vive una forte impennata solamente una volta giunti alle fasi finali. Vi confessiamo che abbiamo vissuto il finale come una ghigliottina. The Last Campfire aveva da poco iniziato a essere interessante e a stimolare la nostra curiosità, quando ci siamo imbattuti nel filmato finale e nei titoli di coda. Non contestiamo la longevità, secondo noi corretta, bensì la distribuzione dei contenuti al suo interno.

Ci dispiace affermare ciò perché l’inizio dell’avventura ci aveva convinti. In particolar modo, abbiamo apprezzato come la storia ci venga raccontata da un narratore esterno che si rapporta a Ember coniugando i verbi al passato. Inoltre, la splendida voce narrante, interpretata da Rachel August, è ciò che più si avvicina all’obiettivo postosi da Hello Games. L’accento scandinavo-scozzese della ragazza e il tono di voce malinconico si sposano perfettamente con le atmosfere che il videogioco offre, o che avrebbe dovuto offrire.

Catalessie precoce

Udire la voce di Rachel August ci ha proiettati nell’angosciante viaggio di Ember, interrompendo quella sonnolenza che ci veniva provocata in maniera continuativa dal design degli ambienti e dalle musiche.

Per quanto riguarda il design, abbiamo apprezzato come questo sia stato funzionale nella costruzione degli enigmi ambientali e nello studio della regia, ma non ne abbiamo apprezzato l’estetica. Sia la paletta dei colori (spesso sbilanciata verso un pigmento specifico in base alla zona) che i modelli utilizzati non ci hanno permesso di rimanere affascinanti dai paesaggi che ci circondavano. Effetti di luce discutibili e poco realistici e modelli eccessivamente semplificati anche nelle texture hanno addirittura reso alcune cutscene goffe, complici pure sporadici bug con compenetrazioni sballate e animazioni invertite. Si tratta di un difetto che in videogiochi di questo calibro risulta essere più grave rispetto alla media.

The Last Campfire

Per quanto concerne il comparto sonoro, eccezion fatta per la già citata voce di August, abbiamo trovato poco da elogiare. Le musiche ambient orchestrali sono prevalentemente anonime e non ci accompagnano nelle azioni che facciamo, bensì generano un sottofondo soft fine a sé stesso che si limita allo svolgimento del cosiddetto compitino senza infamia e senza lode. Se le musiche sono insipide, gli effetti sonori sono invece da bocciare in toto. Effetti dell’acqua, degli ingranaggi e così via sono mal calibrati a livello di volume e un po’ sporchi nelle sonorità. Fastidioso, infine, il suono del corno, un oggetto che dovremo utilizzare spesso per risolvere gli enigmi.

Non è tutto oro quel che luccica

Concludiamo la recensione dando un breve accorgimento su questa corrente videoludica. Sembra che qualsiasi videogioco sia, anche solo nelle intenzioni, artistico nell’estetica o profondo nelle tematiche trattate debba essere considerato bello e debba meritarsi voti che vanno dal 7/10 in su. Si può fare dell’arte in maniera inidonea, così come si può creare intrattenimento trash di qualità. The Last Campfire è lontano anni luce da Journey.

Ciononostante, non ce la sentiamo di assegnare un’insufficienza nonostante la carenza preoccupante di contenuti e l’incoerenza estetico-sonora a fronte di un solo aspetto: la regia. Finalmente, in The Last Campfire, non siamo padroni della telecamera che viene gestita in automatico in base ai movimenti che facciamo e alle azioni che compiamo. Finalmente, possiamo apprezzare le inquadrature così come ideate da chi ha disegnato il mondo che viviamo. Per questa caratteristica e per la già elogiata voce narrante assegniamo una sufficienza piena, salvo restando tutte le problematiche di cui soffre il viaggio di Ember. Se vi approcciate a The Last Campfire con leggerezza e la giusta attitudine, senza aspettarvi il capolavoro, riuscirete ad apprezzare le poche ore che ha da offrire e ci imputerete di essere stati troppo rigidi nella valutazione.

The Last Campfire

Trofeisticamente parlando: not the last Platinum

La lista trofei di The Last Campfire è il sogno di ogni cacciatore di trofei. Per mettere le mani sulla coppa blu sarà infatti sufficiente terminare il viaggio di Ember. Esatto, non è richiesta la raccolta dei collezionabili.

VERDETTO

The Last Campfire è un titolo che ha osato troppo. L'obiettivo di Hello Games era far vivere un'avventura malinconica a livello estetico e sonoro che trasmettesse il dolore dello spirito umano a fronte di determinate sensazioni. Purtroppo, il videogioco fallisce su più fronti. Si tratta comunque di un'esperienza leggera e godibile, soprattutto per i videogiocatori alle prime armi con videogiochi di questo tipo. Se cercate un Journey 2.0 girate al largo. Una voce narrante splendida e l'ottimo livello raggiunto dalla regia ci permettono di assegnare un'ampia sufficienza senza farci sentire generosi.

Guida ai Voti

Giovanni Paolini
Catalizzatore di flame sul web e drogato seriale di fantacalcio, Giovanni vede il videogioco come un'espressione artistica piuttosto che come un mero intrattenimento privo di contenuti significativi. Per questo motivo, ripudia il 90% dei AAA e si tuffa sfacciatamente nel mercato indipendente, rimanendone il più delle volte scottato seppur senza rimorsi. Amante della musica di qualità, delle narrazioni articolate e di design ispirati, si è tuttavia mostrato fin dall'adolescenza ossessivamente attratto dai personaggi femminili antropomorfi, mistici o animati, universalmente conosciuti come waifu. Rappresenta orgogliosamente la vena toscana del Bit.