Wukong – Recensione

Sviluppatore: A Tale of Games Publisher: Gammera Nest Piattaforma: PS4 Genere: Platform Giocatori: 1 PEGI: 3 Prezzo: 9,99 € Italiano:

No, sfortunatamente non abbiamo omesso “Black Myth” davanti al titolo. Al contrario, infatti, il titolo che andiamo a recensire oggi – che anch’esso prende in prestito la famosa leggenda cinese – è ben lontano dal progresso tecnologico promesso dal “cugino”, questo forte di gameplay accattivante e Unreal Engine 5. Wukong si presenta invece, in maniera completamente speculare, come un platform colorato e vecchio stile. Simpatico sicuramente, ma con tante cose che non vanno.

La leggenda dimenticata

Il protagonista e i suoi strumenti, come suggerisce il nome del gioco, si ispirano al personaggio letterario di Sun Wukong, il re delle scimmie contraddistinto dalla sua forza, sagacia e dalla sua forma fisica di, appunto, scimmia antropomorfa. Ma dimentichiamoci delle origini del mito, delle prove a cui viene sottoposto e del suo iconico “viaggio ad ovest”, perché in Wukong non c’è spazio per la storia.

Introdotti dal blando incipit, scopriremo che Wukong ha perso per strada i suoi oggetti e che è intenzionato a farsi strada tra vari nemici per recuperare ciò che gli appartiene. Punto. Semplice e diretto, e pure sconclusionato. Non chiedevamo di certo una profondità di trama sopra la media da un platform vecchio stile, ma abbiamo visto incipit scritti molto meglio nei peggiori giochi per la prima PlayStation. Con quel personaggio, poi, si potevano fare grandissimi cose su questi punti di vista. Magari rendere scanzonato e cartoonesco il folklore dietro la leggenda, un po’ come ha egregiamente fatto Ubisoft con Immortals Fenyx Rising.

Wukong

Un viaggio senza meta

Siamo sinceramente rimasti sorpresi dallo stile grafico di Wukong e dal suo level design… al primo impatto, e con quello soltanto. Il primo livello, infatti, è sicuramente quello riuscito meglio, il più pulito e divertente da completare. I collezionabili sono nascosti molto bene – né in maniera insensata né troppo complicati da trovare – e i nemici e le piattaforme sono posizionate piuttosto bene. Sembrava di trovarci davanti un clone un po’ acciaccato del primo Crash Bandicoot. Il primo stage è però solo un paraocchi, una bomba ninja.

I rimanenti sette stage sono una tragedia. Per tutti i livelli la fa da padrone un level design che dire approssimativo sarebbe riduttivo. E’ palese da subito, inoltre, come già dal secondo livello abbiano perso la voglia di nascondere i collezionabili e di posizionare nemici e piattaforme correttamente. Wukong ha dato l’impressione di avere molte idee simpatiche per la realizzazione del platforming, ma ogni nuova meccanica o piattaforma viene usata con estrema abbondanza; quella che sembra un’idea simpatica di primo acchito viene usata per l’intero livello a dismisura e poi, in completo contrasto e controsenso, mai più utilizzata. Come non menzionare il colpo in picchiata col bastone, del tutto inutile per l’intera durata del gioco.

Però è davvero un peccato: il gameplay, forse perché copia-incollato dal primo Crash Bandicoot, se smussato a dovere avrebbe potuto funzionare a dovere. Il gioco non è malvagio, affatto, è riuscito a intrattenerci a dovere per la caccia al Platino, anche se avremmo preferito una maggiore longevità: nel giro di quaranta minuti scarsi potrete facilmente finire il gioco e portare a casa tutti i trofei. Attenzione anche ai tanti, tantissimi bug che colpiscono il gioco. Basta colpire un gong checkpoint e perdere una vita per vedere gli effetti disastrosi dei trigger non richiamati e dei nemici e oggetti svaniti nel nulla, provare per credere.

Non è intelligente e nemmeno si applica

Sarebbe del tutto inutile fare complimenti al comparto grafico, perché l’encomio andrebbe dritto dritto agli asset base di Unreal Engine. Gli unici creati – forse – ad hoc sarebbero il modello di Wukong, il bastone magico e i nemici. Tutti quanti dimenticabili, senza appeal e senza anima.

Con sfondi e design dei livelli generici e blandi, nessuna cutscene (per fortuna?) e una gestione delle collisioni e della telecamera tremenda, il gioco di Gammera Nest trasuda disimpegno. Ciò che traspare è invece un’opera completa per un quarto: zeppa di idee, alcune anche simpatiche, ma usate malissimo e con superficialità, come se sperassero che un livello si completasse da solo.

Trofeisticamente parlando: un breve “Journey to the West”

Per un cacciatore di trofei l’appeal di Wukong è giustificato. E’ un tipico Platini facile stile Ratalaika (uno da biglietto in prima fila nella rubrica Easy Platinum del nostro Stefano), ma che riesce a trasmettere un certo senso di completezza; al contrario di come può sembrare un Platino “rubato” à la My Name is Mayo, per intenderci. Essenzialmente basta finire il gioco raccogliendo tutti i collezionabili e completando gli ultimi tre livelli con determinate condizioni, come non farsi colpire, trovare le monete nascoste e distruggere tutti i vasi. Vincere il Platino in Wukong, anche senza guida alla mano, vi ruberà giusto quaranta minuti o poco più. Qui il nostro elenco trofei.

VERDETTO

Wukong è una piccola delusione. Non ci aspettavamo di certo un nuovo re dei platform, ma il primo livello ci ha ingannati e fatto pregustare uno stile di gameplay à la Crash Bandicoot che in realtà non gli appartiene. Un’accozzaglia di idee simpatiche colpite da inesperienza e inettitudine, che causano una ridondanza non da poco e bug che uccidono l’esperienza. Qualora foste in cerca di un’esperienza da Platino facile che vi strappi anche qualche risata, al netto di un prezzo inadeguato per quel che ci viene offerto – seppur esiguo - Wukong può però offrirvi un simpatico pomeriggio.

Guida ai Voti

Andrea Letizia
Cresciuto a pane, Kamehameha e Crash Bandicoot, inglesizzato grazie a Kingdom Hearts. Grande amante degli action RPG e dei platform, dei cani e del wrestling.