Negli Stati Uniti, è risaputo, acquistare armi da fuoco è facile più o meno come prendere un pacchetto di sigarette in Italia. Non a caso, oltre che per le abitudini alimentari poco salutari e per l’amore per la spettacolarizzazione di ogni cosa, gli americani sono tristemente noti anche per le sparatorie nei luoghi pubblici, non ultime quelle che hanno sconvolto le comunità di El Paso e Dayton. Proprio in risposta a queste tragedie, il residente Donald Trump ha tenuto un discorso nel quale, tra le altre cose, ha sottolineato la necessità di limitare l’accesso… ai videogiochi!
Avete capito bene. La traduzione del passaggio incriminato recita più o meno: “Dobbiamo fermare l’idealizzazione della violenza nella nostra società. Ciò include i videogiochi atroci e raccapriccianti che sono ormai all’ordine del giorno. Oggi è troppo facile per i giovani in difficoltà circondarsi di una cultura che celebra la violenza, dobbiamo riconoscere che internet ha fornito una via pericolosa per le menti disturbate radicalizzate”. I videogiochi tornano dunque sulla scena come capro espiatorio per crimini efferati, nonostante nessuno studio abbia mai ufficialmente dimostrato una correlazione tra il loro uso e la propensione alla violenza.
Riportiamo questa notizia ben conoscendo il pregiudizio verso una forma di intrattenimento che, soprattutto negli ultimi anni e in alcune sue manifestazioni, non ha nulla da invidiare al mondo della cinematografia. Sarebbe bello, però, se almeno personalità di primissimo rilievo come il presidente degli Stati Uniti evitassero di alimentare una caccia alle streghe nei confronti dei videogiocatori che non poggia su alcuna base scientifica.
[…] fatto discutere, qualche giorno fa, le dichiarazioni del presidente Donald Trump che associavano i videogiochi con contenuti violenti e le sparatorie di massa che terrorizzano gli […]