L.A. Noire PS4 – Recensione

Sviluppatore: Team Bondi Publisher: Rockstar Games Piattaforma: PS4 Genere: Azione/Avventura Giocatori: 1 PEGI: 18 Prezzo: 39,99 € Italiano:

Cole Phelps. LAPD (Los Angeles Police Department). Era da un bel po’ di tempo che ne avevamo perso le tracce, a volere essere precisi dal 2011. E sul nostro sito abbiamo pure la recensione della release originale, oramai un vero e proprio pezzo d’archivio. Ma ecco che Rockstar Games, pur tenendo ancora altissima l’attenzione su GTA Online – su cui vi diamo aggiornamenti settimanali – e in procinto di lanciare uno dei giochi più attesi dell’anno, Red Dead Redemption 2, torna alla carica con una remastered di un gioco che, per quanto piuttosto deludente sotto il profilo delle vendite, è rimasto un’esperienza del tutto unica nello scenario videoludico.

Hai la faccia come il culo di bronzo

Per dovere cronachistico in questa recensione faremo nuovamente presente quali sono le fondamenta su cui poggia L.A. Noire, ma comunque tenderemo a focalizzare la nostra attenzione su cosa c’è di nuovo nel passaggio dalla versione PlayStation 3 a quella PlayStation 4. L.A. Noire è la storia del reduce di guerra Cole Phelps. Il nostro Cole è tornato vivo dal secondo conflitto globale, ma si porta dietro, come una spada di Damocle, tutti gli orrori a cui è stato costretto ad assistere, raccontati al giocatore attraverso l’utilizzo di sporadici flashback in bianco e nero. E’ dura ripartire da zero, ma è ancora più dura quando le premesse sono queste. La risalita della china comincia dall’organo della polizia losangelina dedicato al traffico; a Cole il ruolo va stretto, e non potrebbe essere altrimenti. Così, successo dopo successo, il nostro è promosso alla Omicidi; a sorpresa, però, questa sarà la vetta raggiunta dal nostro eroe medagliato, visto che per motivi che non vi stiamo degradato sarà poi declassato alla Narcotici, e poi alla Incendi dolosi. Vi basti sapere che la città è così marcia che essere poliziotti troppo acuti vuol dire essere una mina vagante, anche per la giustizia.

Cambieranno i partner, tutti ben caratterizzati così come, del resto, molti NPC, cambieranno i casi, ma non la sostanza. Il caso da risolvere, in L.A. Noire, si sviluppa sempre nello stesso modo: si pone il problema, si raccolgono indizi, si parla con le persone, c’è qualche sequenza un filo più action, con sparatorie, pedinamenti, scazzottate o inseguimenti, e infine si giunge alla conclusione, durante la quale a volte dovremo scegliere chi incriminare, a volte la strada sarà già tracciata. Niente di originale, ne converrete. Innovativo è invece l’approccio che il defunto Team Bondi ha dato al tutto.

In maniera del tutto paradossale, se un certo conflitto a fuoco vi dovesse dare troppi grattacapi, potrete… saltarlo. Capite da soli che questa scelta di game design traccia un solco ben profondo nel terreno delle idee alla base del titolo. Team Bondi ha infatti voluto dare assoluta importanza alle scelte da fare quando si decide una certa pista in considerazione di alcuni indizi trovati, ma importanza capitale, nonché colonna portante di L.A. Noire, sono gli interrogatori. Tutto gira intorno agli interrogatori. In queste sezioni, facendo riferimento al vostro fido bloc-notes, sceglierete quali domande porre all’indagato/testimone e, in base alle risposte e alle (meravigliose, anche nel 2018, dopo sette anni) animazioni facciali, deciderete se: credere a ciò che vi viene detto e incentivare a parlare; forzare la discussione poiché sentite puzza di menzogna; accusare apertamente di falsità il vostro interlocutore, al costo però di dovere necessariamente mostrare prove strettamente convincenti.

Il livello medio della sceneggiatura è altissimo; a volte però capiterà, inevitabilmente, che certe scelte siano più una questione di casualità che non di vera intuizione. Ad arginare parzialmente il problema ci sono i punti intuito, che, sulla falsariga del celebre quiz condotto da Gerry Scotti in Italia, Chi vuol essere milionario?, vi permetteranno di eliminare un’opzione di risposta oppure chiedere alla community del gioco tramite i servizi Rockstar Games. Tra un po’ di marcio e un po’ di schifo vi ritroverete così coinvolti in una Los Angeles dell’immediato secondo dopoguerra splendidamente riprodotta a livello di sonoro (i brani della radio non sono al livello di Mafia III, ma sono comunque molto valide), di atmosfera (usanze, veicoli e il setting sono credibilissimi), di tutto. Ma è tutto oro quel che luccica?

Però qualcosa potevate cambiare

E’ vero, abbiamo per le mani una remastered, non un remake. Remastered che peraltro offre diversi motivi per completare l’acquisto anche a chi lo giocò e lo completò a suo tempo. Il titolo si presenta in un’ottima veste grafica in 1080p su PlayStation 4 standard, e addirittura in 4K su PlayStation 4 Pro; non si tratta solamente di un aumento di risoluzione, perché Rockstar, almeno sulla carta, ha migliorato anche la generale resa visiva (noi, comunque, fenomeni di pop-up e qualche piccolo bug li abbiamo trovati lo stesso; niente di troppo rilevante, per carità). Inoltre il gioco originale è accompagnato da tutti i contenuti scaricabili aggiuntivi (cinque intriganti casi: Nicholson Electroplating, Un mare d’erba, La macchina del console, La città nuda e Un piccolo lapsus), insieme a nuovi oggetti collezionabili, vinili e romanzi, e vestiti da detective dotati di esclusive abilità speciali. Ce ne è di che essere soddisfatti, anche se un’edizione completa era già uscita su PlayStation 3. Però, boh, ancora non si possono saltare le cutscene. Vabbè.

A inizio paragrafo si è però fatto al cenno che forse sarebbe stato il caso di virare verso l’ipotesi del remake. Non fraintendete: L.A. Noire è un’esperienza consigliatissima a chiunque trovi anche solo minimamente interessante il genere noir, in ogni sua forma. Alcuni problemi della generazione a cui appartiene, però, li ha mantenuti, con tutto il carico di irritabilità che questi potrebbero generare nel videogiocatore. Tanto per cominciare, manca del tutto un albero delle scelte; se volete prendere un’altra strada in un bivio all’interno di un determinato caso… dovrete rigiocarvi tutto il caso da capo (questo è almeno selezionabile dal menù principale). E la cosa risulta pesantissima nel momento in cui, assurdamente, non è possibile saltare alcuna cutscene. Due maroni così e rigiocabilità pari allo zero, in questa forma.

Un altro difettuccio è che è presente un filo rosso che unisce tutti i casi di una determinata sezione di reati, ma manca del tutto un disegno generale e universale, che avremmo invece molto gradito, questo anche considerate tutte le aggiunte tramite DLC. Per capirci: potreste giocarvi di filata tutti i casi della Omicidi e poi quelli della Narcotici separatamente, comprendendo praticamente tutto e non perdendovi alcun riferimento, o quasi. Che proprio un pregio non è, e in questo senso fanno eccezione solo le ultime sequenze di gioco. Mancano infine i sette casi ripensati per la realtà virtuale disponibili in esclusiva per Oculus Rift e HTC Vive; peccato, perché ci sarebbe piaciuto tanto immergerci in quel di Los Angeles con PlayStation VR.

Trofeisticamente parlando: uguale ma diverso

L’elenco trofei di L.A. Noire su PlayStation 4 è identico a quello presente per la precedente console. Ma è anche diverso. Oltre ad avere, separate, tutte le coppe aggiuntive per ogni singolo DLC, per ottenere il Platino dovrete trovare anche i collezionabili aggiunti tramite contenuto aggiuntivo ai fini del 100% e completare, con cinque stelle di valutazione, tutti i casi non presenti nel gioco base. Trofei base e aggiuntivi dunque si intersecano, segno, forse anche questo, che Rockstar avrebbe potuto lavorare meglio nel confezionamento del prodotto.

VERDETTO

L.A. Noire su PlayStation 4 è un'esperienza che, a distanza di anni, rimane unica, e ora lo è pure in una veste assai migliorata. Purtroppo il gioco si porta dietro tutti i piccoli difetti che aveva in precedenza; ecco, a volere essere sinceri proprio non ci è garbata la pigrizia di Rockstar nel non sistemare, con accorgimenti veramente minimi, problemi che potrebbero infastidire fin troppo l'utente. Ma le ore di gioco passate in compagnia di Cole Phelps non si discutono.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.