Lost Sphear – Recensione

Sviluppatore: Tokyo RPG Factory Publisher: Square Enix Piattaforma: PS4 Genere: Gioco di Ruolo Giocatori: 1 PEGI: 7 Prezzo: 49,99 € Italiano:

Mai come in questo periodo c’è un così corposo ritorno al passato, nel mondo videoludico. Tra remake e remastered, non ci si raccapezza più. A gioire, è chi non ha poi più molto tempo da dedicare al gaming, come il sottoscritto; grazie a questi ripescaggi dal passato, il backlog tende a essere un po’ meno pesante che non qualche anno addietro. A rompere gli schemi c’è però Tokyo RPG Factory, che pur appoggiandosi alla tradizione offre ai videogiocatori storie nuove. E’ questo il caso di Lost Sphear.

Il mondo perduto

Niente dinosauri o parchi a tema, tranquilli. Anche se qualche mostro simile da sconfiggere, durante la storia di Lost Sphear, ci sarà. Ma cominciamo dall’inizio. Kanata è il solito ragazzo  che vive, beato, nel proprio villaggio, Elgarthe; a un certo punto, il mondo così come è conosciuto comincerà a… scomparire, smaterializzandosi. E’ qui che la vita di Kanata cambia radicalmente, perché è qui che il nostro si accorgerà di avere un potere del tutto fuori dal comune. Ripristinare ciò che è perso partendo dalle memorie di chi, con quel luogo, persona o quant’altro, ci ha avuto a che fare. Inizierà dunque un viaggio che ci porterà ad avere ben sette compagni di viaggio, per un party di otto membri totali – almeno in situazioni di “normalità”.

A dire la verità Lost Sphear parte lento, molto lento. La trama, giudicata nella sua interezza, è complessa il giusto (quasi tutto verte sul ruolo della Luna, creatrice e distruttrice) e vanta colpi di scena notevoli, ma purtroppo questi sono accumulati tutti durante la seconda metà della nostra esperienza di gioco. Fino a giungere alla sofferta scelta finale, che ovviamente non sveliamo, ma che offre un paio di finali – scelta curiosa, ne converrete, per un JRPG. Entrambi comunque risultano azzeccati (Life is Strange, per capirci, aveva un finale chiaramente forte e un altro debole) e pongono le giuste domande, non banali, sia ai protagonisti che ai videogiocatori. Spiace constatare che tutti i membri del party godano di un background e di un carattere considerevole e marcato; l’unico a fare eccezione è proprio Kanata che, come detto, incarna fin troppo il cliché del protagonista del tipico gioco di ruolo. Lumina, la sua amica di sempre; il giovanissimo Locke; l’enigmatico Van; la determinata Sherra; il saggio Obaro; e infine Galdra godono tutti di un raffinato background che verrà approfondito con missioni secondarie e facoltative ad hoc. E non facciamo alcuna menzione dei personaggi mancanti, che lasciamo a voi scoprire.

Il gameplay di Lost Sphear, che immaginiamo essere un tavolo, si appoggia su molteplici gambe. La prima è immancabile per un gioco di ruolo, quella dei punti esperienza che fanno salire di livello i personaggi, che aumentano le proprie statistiche (che al mercato mio padre comprò). Altrettanto fondamentale è l’equipaggiamento, sia di offesa che di difesa, acquistabile dai mercanti o – quello più raro e prezioso – trovabile nei bauli. Proprio i pezzi di equipaggiamento, in un certo senso, godono di vita loro, grazie alla possibilità di potenziarli attraverso rari oggetti chiamati spritnite, capaci di migliorare qualsiasi pezzo voi vogliate (va da sé che non ha troppo senso investire su spade scadenti, ad esempio). A mischiare ulteriormente le carte in tavola ci sono delle abilità specifiche per ogni singolo personaggio; ognuno è stato caratterizzato bene sia per il background, come si diceva, sia per le proprie caratteristiche belliche, e stavolta senza eccezioni. Sherra è la classica healer poco capace di offendere ma fondamentale contro i boss più coriacei in funzione del suo supporto al team, Kanata fa bene tutto senza eccellere in nulla, Obaro è un potente mago mentre Van, ma anche Locke, sono maestri dal colpire dalla distanza.

Ogni abilità speciale che vada al di là del semplice attacco o dell’utilizzo di oggetti richiede i canonici MP (punti magia), che si affiancano agli HP (punti salute) per tracciare le coordinate del combattimento, di chi vince e di chi perde. L’intero sistema di scontri poggia su un sistema dinamico, non a turni fissi, secondo cui ognuno ha una propria barra del tempo che si riempie progressivamente e, quando questa è completa, può fare la propria mossa. Non solo, potremo liberamente muovere i nostri personaggi nell’ambiente dello scontro, senza alcuna scacchiera predefinita; contro i nemici di maggior spessore sarà obbligatorio studiare i loro pattern di attacco e poi disporre i nostri eroi di conseguenza per schivare i colpi più letali. Per non estraniarsi eccessivamente dalle proprie radici, il tempo si bloccherà completamente – in stile Final Fantasy X o i capitoli canonici del franchise Pokémon – almeno nel momento in cui staremo facendo la nostra scelta su quale mossa eseguire o quale oggetto utilizzare, se una pozione curativa oppure un antidoto contro il veleno o ancora qualsiasi altro status alterato. Tra questi ultimi spicca la possibilità di trasformare o essere trasformati in… polli.

Fino a qui abbiamo parlato del solo combattimento ma, da buon JRPG, Lost Sphear pretende anche fasi di esplorazione (piuttosto guidate, per la verità: spesso le vostre scelte verteranno su semplici bivi, mai su percorsi che si districano in immense mappe), di dialogo, semplici enigmi da risolvere e i minigiochi, anzi, il minigioco, della pesca. Il mondo di gioco è tutt’altro che enorme e dispersivo, per fortuna gode di una dimensione che è il perfetto compromesso tra estensione e vitalità dello stesso; sarete però costretti a tornare in luoghi già visti e che hanno subito delle modifiche, inoltre vi potrete muovere per aria e per acqua, oltre che per terra. I dungeon non sono moltissimi, ma godono di ottima caratterizzazione tra antiche rovine, monti sacri, città e natura incontaminata; gli incontri non sono casuali, ma dovremo entrare in contatto con i mostri per iniziare il combattimento, mostri che saranno del tutto assenti dalla mappa di gioco generale.

E gli eoni? Ci sono?

La risposta alla domanda che fa da titolo a questo paragrafo è… ni. Nessun membro del party è infatti in grado di evocare speciali creature provenienti da chissà dove, in compenso però tutti hanno accesso alle vulcosuit, speciali armature che non solo incrementano le statistiche di attacco e difesa, ma sono anche portatrici di abilità devastanti. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica, nel senso che l’utilizzo delle vulcosuit è strettamente legato a un’ulteriore barra che ne regola l’utilizzo; una volta che quest’ultima è esaurita, non sarà più possibile fare utilizzo delle nostre care armature. Per fortuna potremo scegliere noi a quanti personaggi del party (a essere schierabili contemporaneamente sono massimo quattro) assegnare le vulcosuit, così da sfoderare una schiera di personaggi “ibrida” ed effettuare un utilizzo moderato dei nostri potenti mezzi.

A darci ulteriori bonus sono poi gli artifact, costruzioni che potremo erigere per il mondo di gioco qualora avessimo accumulato abbastanza memorie, ottenibili come drop dai mostri o esplorando il mondo. Tra gli artifact c’è questo che causa danni saltuariamente al nemico, così come quello che potenzia gli attacchi dalla distanza o ancora quest’altro che aumenta lo spam rate di particolari mostri, deboli ma allo stesso tempo capaci di elargire denaro e punti esperienza in quantità industriali.

L’aspetto visivo di Lost Sphear non sorprenderà certamente il videogiocatore più scafato, in ogni caso il level e il character design sono più che apprezzabili e ispirati. Ottimi davvero sono i brani strumentali che accompagneranno l’azione, capaci di suscitare un ampio spettro di emozioni in base alle circostanze (malinconia, gioia, tristezza, entusiasmo). Del tutto assente una qualsiasi forma di doppiaggio, se non insulse mezze frasi dette a inizio combattimento o al termine dello stesso; con il fatto che sia completamente assente un qualsiasi straccio di cutscene, questo complica abbastanza le cose quando si chiede al giocatore di entrare in empatia con quanto sta succedendo a schermo. Era anche uno dei pochi difetti di Horizon Zero Dawn.

Trofeisticamente parlando: tempo perso

Il Platino di Lost Sphear è assolutamente abbordabile, considerato il fatto che la difficoltà è modificabile in qualsiasi momento senza che ciò comprometta l’ottenimento di coppe virtuali. E’ anche vero che ottenere il 100% sarà un po’ lungo, ci vorranno circa quaranta ore, ma sempre di JRPG stiamo parlando. Non ci sono trofei mancabili e abbiamo inoltre per le mani un set di trofei intelligente che non richiede azioni stupide o frustranti; basterà infatti terminare la campagna principale e alcune quest secondarie. Unica mezza seccatura sarà il trofeo Tycoon, che richiede di accumulare un milione nella valuta del gioco (non da avere tutto in tasca, per fortuna), ma grazie ad alcuni accorgimenti in-game, come la funzione Scan delle vulcosuit che permette di uccidere seduta stante i nemici più deboli per risparmiare tempo, si farà senza problemi.

VERDETTO

Lost Sphear è un omaggio ai JRPG che furono, realizzato con molta passione ma senza troppo denaro. Sappiatelo e decidete voi se l'acquisto possa essere ponderato o meno; nel caso in cui i giochi di ruolo orientali non vi abbiano mai attirato, non sarà questo a farvi cambiare idea. Nel caso in cui li abbiate sempre amati, è tempo di tuffarsi in un mare di nostalgia.

Guida ai Voti

Dario Caprai
Non capisce niente di videogiochi ma, dal momento che non lo sa, continua a parlarne, imperterrito. Tanto è vero che il tempo preferisce passarlo a scrivere, a leggere, a vedere un film, a seguire e praticare sport, a inveire per il fantacalcio, a tenersi informato su tecnologia e comunicazione piuttosto che con un DualShock in mano. In tutto questo è, però, uno degli admin di PlayStationBit da tempo ormai immemorabile.