Primo PianoPolybius - Recensione

Polybius – Recensione

Nel corso della vita di ogni essere umano c’è la possibilità di prendere parte a eventi bizzarri e fuori dal comune che con il passare del tempo portano a chiedersi: “Ma è successo davvero o mi sono sognato tutto?”. Una di queste esperienze potrebbe essere proprio Polybius, stroboscopico ed eclettico titolo sviluppato da Llamasoft.

Leggende metropolitane

Se cercate su Google il titolo del gioco che stiamo per esaminare il primo risultato potrebbe non essere la creazione di un game designer storico quale Jeff Minter. Una leggenda infatti vuole che nel 1981 una presunta casa chiamata Sinneslöschen abbia pubblicato un titolo denominato appunto Polybius in grado di generare le reazioni più disparate nei giocatori.

I ragazzi più fortunati infatti sarebbero stati colti da disturbi psichici di vario tipo quali amnesia e incubi notturni, altri invece sarebbero caduti vittima di una sorta di dipendenza dal titolo che avrebbe causato tra le altre cose code interminabili per accedere al gioco causa perdita totale di interesse in altri videogame.

Tutto ciò portò alla rimozione di ogni cabinato dalla faccia della Terra a neanche un mese dalla sua comparsa nelle sale giochi e ovviamente alla cancellazione di ogni traccia della sua esistenza, cosa che ha reso il cabinato una vera e propria leggenda metropolitana legata secondo alcuni anche ad alcuni esperimenti governativi.

In questo clima surreale ecco quindi comparire l’opera di Llamasoft che prende il nome da questa diceria e punta a portare il giocatore in un mondo fatto di luci stroboscopiche, colori psichedelici e soprattutto un’azione frenetica.

Al suo primo avvio Polybius ci mostrerà senza troppi fronzoli una notifica a tutto schermo legata appunto alla presenza di tutti questi elementi e della possibilità di problemi per utenti afflitti da crisi epilettiche, avvisi che saremo costretti a leggere se vorremo proseguire.

Dopo aver superato i controlli sarà la volta di salire a bordo della navetta spaziale e buttarci a capofitto nel devastante mondo digitale creato da quell’appassionato di ungulati che risponde al nome di Jeff Minter.

Si vive una volta sola

Se siete giocatori di vecchia data che hanno magari avuto la fortuna di mettere le mani su un Atari oppure su un Commodore 64 allora è molto probabile che siate riusciti a giocare un titolo creato da Llamasoft, che è attiva nel settore dal lontano 1982.

Aver messo le mani su Llamatron, Tempest 2000 o, più recentemente, Gridrunner Revolution vi può già dare un’idea di quello che troverete all’interno di Polybius: tutti coloro che invece non sanno minimamente di cosa stiamo parlando rimarranno sorpresi.

Accolti da un menù coloratissimo e già pieno di effetti degni di un viaggio ad Amsterdam (per entrare ancor più nel merito di questo clima surreale, frase da leggere TASSATIVAMENTE con il tono di un dodicenne esaltato perché si è fatto uno spinello, mi raccomando: rende NdD), ci verranno proposte le varie modalità di gioco che includono Restart Best, in cui potremo scegliere da che livello partire a patto di averli completati in precedenza; la modalità YOLO (che riprende simpaticamente la dicitura You Only Live Once molto usata su internet) che ci fornirà una sola vita e ci obbligherà a ricominciare da zero qualora dovessimo incappare in un game over; e infine Pure, in cui l’unico vostro pensiero sarà il punteggio, accompagnato sempre dal fatto che una sconfitta vi farà ripartire dal primo livello.

Una volta selezionata la modalità verremo, senza troppi preamboli, catapultati all’interno di una navetta spaziale a 16 bit che si muoverà in una serie di livelli di difficoltà e intensità crescente in cui l’unica indicazione che ci verrà fornita a fare da tutorial, se così possiamo definirlo, sarà “fai quello che ti viene naturale”.

Fortunatamente il primo istinto sarà quello di cercare un tasto per sparare e capire come muovere la navetta, dato che saranno le uniche due azioni che avremo a disposizione: avremo uno scorrimento automatico su binari e ci verrà richiesto di evitare o distruggere i nemici e gli ostacoli che ci si pareranno davanti.

Mi piacciono le mucche

Verremo calati in uno sparatutto stroboscopico in cui dovremo avere i riflessi pronti ed essere rapidi a spostare la nostra astronave per distruggere o schivare i numerosi ostacoli che vi verranno incontro.

Il design del titolo è decisamente unico nel suo genere, con nemici poliedrici che ci spareranno proiettili addosso, cubi fluttuanti che diventeranno punte indistruttibili e letali, e una serie di cancelli a forma di corna di toro che aumenteranno progressivamente la nostra velocità di movimento e aumenteranno la frenesia generale del titolo.

I già citati 120 fps e la grafica in 4K permetteranno a Polybius di essere decisamente “veloce”, tanto che in certi momenti sarà difficile capire quello che succederà intorno a noi, anche se fortunatamente la maggiore rapidità della nostra navetta ci permetterà di abbattere alcuni ostacoli che a bassa velocità ci danneggerebbero rendendo meno complicato sopravvivere.

Se ciò non bastasse, nella modalità di gioco classica ci verrà fornito anche un numero limitato di scudi che ci salveranno qualora dovessimo essere colpiti da attacchi dei nemici oppure andare a sbattere contro un qualsivoglia ostacolo troppo grande per essere abbattuto.

Poco fa abbiamo citato non a caso i tori: proprio come in altri titoli da lui creati, infatti, Minter si dimostra molto legato agli ungulati, dato che, oltre ai cancelli, nel proseguo della nostra avventura troveremo con una costanza quasi maniacale figure di mucche e tori sparsi qua e là, che, una volta che i nostri occhi si saranno abituati alla psichedelica grafica, si lasceranno ammirare in tutto il loro splendore.

Sballarsi con poco

Abbiamo ampiamente parlato del comparto video di Polybius, decisamente fuori dagli schemi, ma anche la colonna sonora permette ai giocatori di calarsi nello stile retro del titolo: i pezzi che richiamano i fasti degli anni ’80 e ’90 sono decisamente coinvolgenti e ben realizzati e meritano sicuramente una menzione.

Ovviamente però, più che luci e suoni, quello che tiene ancorati i giocatori è il gameplay che, come detto, è semplice e immediato ma nel contempo genera dipendenza. I giocatori più classici probabilmente non riusciranno a cogliere appieno l’affascinante delirio che si muoverà su schermo ma se sarete in grado di abbandonarvi totalmente a Polybius potreste cadere in un tunnel da cui difficilmente uscirete.

Nonostante la brevità degli schemi e il loro numero relativamente esiguo, la possibilità di cimentarsi in tre diverse modalità e soprattutto la grandissima rigiocabilità vi regaleranno ore di coloratissimo divertimento, soprattutto se sarete in possesso di un televisore in 3D oppure del PlayStation VR.

Non abbiamo avuto modo di testare con mano la qualità del gioco in realtà virtuale, però la creazione di Llamasoft è fruibile sfruttando la periferica Sony per un’esperienza ai limiti del surreale e (pare) quasi totalmente priva di motion sickness, dato appunto lo scorrimento su binari della nostra navetta e la generale staticità dello schermo.

Purtroppo, parlando di titoli così particolari, il rovescio della medaglia è che Polybius si rivela essere un titolo adatto solo per un particolare ramo di videogiocatori: tutti coloro che non riescono ad apprezzare certi effetti grafici e uno stile di gioco così unico potrebbero rimanere totalmente tagliati fuori dal divertimento che il titolo è in grado di regalare.

Trofeisticamente parlando: toh, guarda chi c’è!

Dai giochi simili a Polybius ci aspettiamo una lista trofei corta con alcune coppe decisamente improbabili e una raccolta di bronzi, argenti e magari un paio di ori. Tutto vero o quasi, dato che in effetti sono solo 22 le coppe incluse nell’elenco del gioco tra cui però spicca proprio uno sfavillante Platino. Per ottenerlo, sarà necessario diventare veri maestri del gioco, perdere qualche diottria e ovviamente anche un buon numero di neuroni.

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Stefano Bongiorno
Nato e cresciuto in cattività, il giovane Stefano è stato svezzato a latte in polvere e Nintendo, cosa che lo ha portato con gli anni a dover frequentare svariati osteopati a causa delle deformazioni alle mani causati dall'uso di pad rettangolari. Oggi ha una certa età e scrive per il Bit, non perché abbia una scelta, ma perché altrimenti il boss Dario lo fustiga con le copie invendute di Digimon All-Star Rumble. Nel tempo libero si dedica occasionalmente al suo lavoro di commesso di telefonia e soprattutto alla caccia al Platino, con scarsi risultati.