Home ConsoleNews PS4Politically correct nei videogiochi, scelta giusta o sbagliata?

Politically correct nei videogiochi, scelta giusta o sbagliata?

Rispetto. Inizio così il mio articolo, con una parola chiave che ancora va poco di moda nel mondo, premettendo come negli ultimi anni molte scelte fatte in ogni ambito, artistico e non, abbiano portato a una maggiore sensibilizzazione su argomenti spinosi e delicati, che nel 2021 dovrebbero essere oramai superati e motivo di crescita personale, ma soprattutto mentale. Tanti sono stati i traguardi, soprattutto artistici, ottenuti nel tempo da quelle minoranze bistrattate e perseguitate ingiustamente, e spero si assottigli sempre più, fino a sparire (utopia?), questa schematizzazione medievale delle persone, che si categorizzano, stile menù a tendina di un sito, in un rango oppure in una comunità o in una sfera ideologica.

Ciò che vi chiedo è, nella mia piccola digressione odierna, che comunque riguarda sempre più la nostra grande passione videoludica: a oggi il politicamente corretto è ancora la soluzione adatta per combattere razzismo, odio, superficialità e ignoranza? O c’è quasi il rischio di una deriva, di una situazione capovolta, in cui si crea ancora più intolleranza, perlomeno artistica, in seguito a scelte poco consone e inadatte pur di forzare nella mente delle persone l’accettazione del prossimo, che sia di colore, sesso, cultura o religione diversa dalla nostra?

Sinceramente mi ritrovo sempre più spesso basito di fronte a scelte palesemente forzate delle software house, senza citare quelle ancora più assurde in ambito cinematografico, che provano in ogni modo ad accontentare una fanbase piuttosto che un’altra ma che in qualche modo cozzano con quella che è l’idea originale del progetto, modificato, magari, in corso d’opera non per scelta artistica, ma per paura di lamentele o di qualche hashtag denigratorio su Twitter. Leggiamo ormai giornalmente imbarazzanti polemiche, molto spesso sterili, di videogiochi che contengono una citazione, piuttosto che un riferimento, nudità (che eresia!) o un personaggio che non va a genio al gamer di turno, o in cui ci si lamenta del contrario, ovvero dell’impossibilità magari di trovare quella determinata caratteristica e si grida quindi al razzismo, alla non inclusione, al “diritto di”, con tanto di crociata social.

Ciò che mi pare di intravedere all’orizzonte, è un gigantesco boomerang, lanciato, giustamente, con forza tempo fa, ma che ora sta tornando indietro e rischia di sbatterci in faccia stile Leonardo Pieraccioni nel Ciclone. Voi davvero credete che rimuovere il gesto “OK” da Call of Duty: Modern Warfare e Warzone sia stata una scelta adatta a combattere il razzismo, solo perché alcuni “ominidi” lo hanno usato per misurarsi l’ego tramite il colore della pelle? E il significato originale, che fine ha fatto? Oppure, rimuovere la dicitura “Sangue e Onore” da Destiny 2, era davvero necessario nonostante fosse propaganda di cento anni prima? Le parole vanno contestualizzate nell’uso che se ne fa. O quindi, tutti i tedeschi di oggi, sono da considerarsi alla stregua dei nazisti di un secolo fa, solo perché nati nella stessa nazione? Modificare scene con panorami sessualmente espliciti – sì Mass Effect Legendary, sto parlando di te – serve a preservare l’innocenza dei più sensibili? Che dire allora di Instagram e di TikTok che ci bombardano di pesche e pere dal giorno alla notte o della TV con le sue veline con il sedere di fuori?

Potrei continuare per ore, ma la verità è che la censura, stile Inquisizione, a cui si assiste al giorno d’oggi è al pari dello stesso razzismo che si vuole combattere. Si impongono, attraverso lamentele con relative correzioni o boicottaggi, idee forzate a opere che andrebbero contestualizzate e che non per forza vogliono essere discriminatorie. Quindi no, per rispondere alla domanda iniziale, credo che il politicamente corretto già da un po’ stia facendo più danni che benefici e dovremmo tutti fare un passo indietro e “saper disinnescare”, criticando quando c’è da criticare e vivere e lasciar vivere quando non è il caso.

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Brian Burchi
Have you seen this nerd? Prigioniero di questa passione dal lontano 1999, vive la sua vita un quarto di gaming alla volta, tra citazioni cinematografiche, binge watching di serie tv e anime e giornate lavorative e non passate in palestra, alla ricerca di un fisico che possa anche lontanamente somigliare a quello di Alex Louis Armstrong. Ora cerca di coltivare un sogno che ha sin da quando ha imbracciato per la prima volta un pad per PS1: scrivere e parlare di videogiochi.. non svegliatelo!