Need for Speed – Dead man walking

Finora abbiamo parlato solo di giochi che notoriamente si prestano ad una sfilza infinita di seguiti, visto che la storia può essere rifatta da zero o proseguita ad eternam inserendo nuovi nemici, terribili complotti e chi più ne ha più ne metta. C’è una saga però, creata dai ragazzi di EA, che non è nulla di tutto questo ma per un motivo o per un altro è riuscita a strascicarsi stancamente fino all’ultima generazione di console. Stiamo parlando di Need For Speed, vero e proprio fenomeno che risale, con gli episodi Hot Pursuit, a ben prima della nascita di PlayStation One ma che ha percorso appunto tutte le console targate Sony toccando picchi altissimi e toccando poi un fondo in cui ha iniziato a scavare con un bel badile.
Ma facciamo un salto indietro agli inizi del 2001, quando nelle sale arrivò Fast and Furious, film di corse illegali che ha stregato milioni di giovani e meno giovani con auto da sogno modificate peggio dei Transformers e così cariche di luci che a confronto il mio albero di Natale impallidisce, che ha spinto il colosso americano a lanciare sul mercato Need for Speed Underground, primo indimenticabile capitolo della saga che è diventato motivo di culto, con la sua grafica che spingeva al massimo il motore di PlayStation 2, le gare al limite della legalità per sfidare tutti i piloti più coatti della città e soprattutto le modifiche ai veicoli, per trasformare una simpatica 206 in un groviglio indefinito di spoiler, neon e adesivi, senza contare il motore da Boeing 737 collocato sotto al cofano.
Da qui dobbiamo partire per capire il declino di un vero e proprio mito di molte generazioni, perchè, come ovvio, al successo si cerca sempre di replicare, dapprima con un seguito che introduceva il NoS ricaricabile derapando (mi sto ancora domandando ora come sia fisicamente possibile, sarebbe come ricaricare il cellulare sfregando forte i piedi per terra) per poi saltare su Most Wanted, rivisitazione di un genere che ha comunque avuto un discreto impatto sul pubblico, anche se non a livello del primo Underground. Da qui è iniziata una caduta verticale, con il terribile Carbon, il discutibile Shift (che passava al genere di corse su strada per ricalcare i successi di GRiD) e culminato con quello che forse è stato il sequel meno apprezzato di sempre, Need for Speed: The Run, dove in un disperato tentativo di defibrillare un cadavere in ormai avanzato di decomposizione si introdussero sessioni a piedi, un tuffo al cuore per gli appassionati del genere Racing, costretti a lasciare i loro veicoli per condurre in giro per le strade il pupazzoso personaggio animato dai ragazzi di EA Black Box. Ultimo colpo fu battuto dal sequel di Most Wanted, progettato da Criterion Games, i ragazzacci degli splendidi Burnout, rei di aver accettato un incarico che avrebbe macchiato il loro curriculum un po’ come Shwarzenegger che recita ne “Il Mammo”, visto che questo aborto ha definitivamente sepolto questo morto. Cosa?!?! E’ uscito un altro capitolo per PlayStation 4??? Oh mio Dio…

need-for-speed-most-wanted_002