Wolfenstein: Youngblood – Recensione

Sviluppatore: MachineGames, Arkane Studios Publisher: Bethesda Softworks Piattaforma: PS4 Genere: FPS Giocatori: 1 (Online: 1-2) PEGI: 18 Prezzo: 29,99 € Italiano:

Grazie alla serie Wolfenstein non smettiamo di dare la caccia ai nazisti dal 1981 con Castle Wolfenstein. Da quell’ambizioso e interessante progetto è nata una saga intera che ancora oggi non manca di sfornare titoli di altissimo valore e sempre apprezzati da critica e pubblico, come conferma la nostra appassionata recensione di Wolfenstein II, ad esempio. Questa volta, però, Bethesda chiede di cambiare un po’ le carte in tavola e offrire un’esperienza diversa da quella a cui siamo abituati, pur attenta a non snaturare la saga. Stiamo parlando dell’ultimo Wolfenstein: Youngblood, uscita accompagnata dall’esperienza VR Cyberpilot e definito dagli autori uno spin-off della saga regolare, e il perché è presto detto: è molto incentrato sulla cooperazione online, elemento che potrà far storcere il naso a molti fan della serie, ma non è affatto il caso di impugnare subito i forconi.

Sentendo di avere più libertà creativa rispetto al solito, lo sviluppo è stato affidato, oltre che a MachineGames, ad Arkane Studios, i talentuosi creatori della saga Dishonored, la quale visione di gioco generale è ben presente e marcata anche in Youngblood. Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio.

wolfenstein youngblood

Eat, sleep, kill the nazi, repeat

Ambientato nella distopica Parigi nazista del 1980 (per chi non lo sapesse, dal reboot del 2014 Wolfenstein: The New Order, la saga si basa su un “what if” in cui la Seconda Guerra Mondiale è finita a favore della Germania nazista), Wolfenstein: Youngblood prende luogo diciannove anni dopo la fine di The New Colossus. L’America, insieme a buona parte del mondo, è stata liberata dal giogo nazista, ma la guerra non è ancora del tutto finita. L’eroe della seconda Rivoluzione americana B.J. Blazkowicz, in vista del conflitto finale, addestra le sue due figlie gemelle Jessica e Sophia (Jess e Soph) fino a farle diventare delle macchine ammazza-nazisti, per poi sciaguratamente sparire senza lasciare alcuna traccia. La trama consiste essenzialmente nella ricerca del padre disperso delle due gemelle, entrambe aiutate dalla loro amica Abby, figlia di Grace Walker e dall’intera resistenza francese di Neo Parigi.

Per la prima volta controlleremo dunque una delle due gemelle, sempre affiancata dalla sorella in battaglia. Armate fino ai denti di mitragliatrici, fucili d’assalto, pistole e armi laser, Jess e Soph andranno in cerca di papà Blazkowicz e nel mentre si vedranno costrette – non che la cosa gli dispiaccia – ad ammazzare quanti più nazisti possibili per farsi strada. Da segnalare tuttavia una mancata evoluzione delle protagoniste; il carattere solare e spensierato può divertire il giocatore al primo impatto, ma lo stesso finisce per far risultare le due incoerenti, intente a godersi la missione e spassarsela piuttosto che sembrare preoccupate per il padre, aspetto che va in contrasto con la storia.

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Essenzialmente la trama si riassume così, magari semplice se si considera il non proprio ricco concept di fondo, ma giustificata dalla durata esigua – parliamo di dieci ore circa. Magari un tantino noiosa, ma diciamocelo, non è certo la storia a farci incollare davanti allo schermo con giochi di questo genere, uccidere nazisti fino a sazietà lo fa. Il nostro consiglio è di non badare troppo alla trama e gustarvi l’esperienza di obiettivi e quest secondarie, strutturate in modo credibile e che arricchiscono il gioco portandolo a una durata di trenta ore o più, ma occhio a dosarle bene, altrimenti potrebbero rendere il tutto dispersivo. Le attività secondarie sono da ricercare alla base operativa della Resistenza francese, un vero e proprio hub; non troppo vasta, ma piena di oggetti da trovare e chicche da scovare, come ad esempio il cabinato arcade con Wolfenstein 3D giocabile… impossibile resistergli!

Come scritto nell’incipit, Wolfenstein: Youngblood si discosta dalla natura single player per questo spin-off, proponendo una campagna solo cooperativa, ma che è possibile affrontare in solitaria accompagnati dall’intelligenza artificiale. Ma lo garantiamo, l’esperienza cambia radicalmente se si gioca la storia con un amico online, cosa resa possibile dal geniale Buddy Pass incluso nelle Deluxe Edition del gioco (dal costo di soli dieci euro in più rispetto all’edizione normale), che permetterà a un amico possessore della versione di prova del gioco di unirsi alle nostre partite senza alcuna restrizione; il prezzo già di per sé esiguo del titolo viene dunque potenzialmente tagliato a metà.

L’unione fa la forza

Come vuole la tradizione, anche il gameplay di Youngblood è una bomba. Strabiliante la fluidità dei movimenti e la precisione dei puntamenti anche pad alla mano (non immaginiamo con mouse e tastiera); il gunplay è una goduria, grazie al perfetto bilanciamento di tutte le armi del gioco – poche ma buone – e alla calibrazione ottima del rinculo e della potenza di vibrazione del pad a ogni colpo. La mira, essendo su console, viene un pochino aggiustata da un sistema automatico non troppo marcato che vi lascerà dapprima alla mercé della vostra abilità nello scovare e puntare con la maggior precisione possibile i nemici. Anche se i tipi di questi ultimi si ripetono, tra aree che brulicano di soldati semplici o robot corazzati, il poter approcciarsi alla battaglia a seconda dei mezzi che si hanno a disposizione rende tutto più vario; ad esempio, i cyborg nazisti saranno deboli ai laser, gli arti meccanici alle esplosioni e i soldati in carne e ossa saranno più esposti ai proiettili comuni.

La novità del gioco in co-op è gestita in maniera sensazionale, seppur la sua impronta sia palesemente arcade, basti pensare al sistema di vite condivise che serviranno per rialzarsi da terra se nessuna delle due sorelle in status di K.O. dovesse riuscire a rianimare l’altra o alla meccanica del doppio salto, giustificata dalla tuta cibernetica in dotazione che ci farà sentire un po’ come in Call of Duty: Black Ops 4 e donerà al giocatore una visione dell’ambiente esplorabile a 360 gradi.

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Dishonored: Death of the Nazi

L’approccio si fa più diverso dal solito grazie (o a causa, dipende dai punti di vista) alle meccaniche da RPG. Wolfenstein: Youngblood subisce lo stesso trattamento degli ultimi Assassin’s Creed, presentando, oltre a una valuta di gioco con cui potenziare le proprie armi, un livello personale e uno dei nemici – da cui spesso e giustamente veniamo messi in guardia quando troppo alto – per dare un’idea ben definita della potenza di entrambi. Ma nel nostro caso i numeri non sono solo estetica; a ogni level up il personaggio sbloccherà un potenziamento danni perenne del 2%, power-up che si sente eccome, insieme a un punto abilità da utilizzare nella schermata delle skill. Le abilità sbloccabili, lo riconosciamo, non sono molte, ma sono chiare e concise e alcune più di altre servono da game changer.

Tra le abilità generiche quali Salute+ o Corazza+ troviamo vere e proprie azioni come la mossa Distruzione che, premendo Cerchio dopo un salto, ci farà colpire con forza la terra e danneggerà chi ci sta intorno, o l’attivazione della tuta invisibile, tecnica che mette in risalto la mano capace di Arkane Studios. Grazie a quest’ultima potremo ricorrere alla strategia prima della carneficina e sentirci dei veri assassini; aggireremo i nazisti e li pugnaleremo alle spalle o lanceremo loro un’ascia o un coltello dalla lontananza per non farci sentire. Insomma, con un po’ di impegno potremo completare sezioni intere senza premere il grilletto. La meccanica è strettamente collegata all’abilità della motivazione, che con un gesto rivolto alla sorella (cose come pollice in su, corna metal o danza del robot con tanto di complimenti) garantirà un bonus a entrambi i giocatori. Ma proprio giocando stealth viene fuori quel che è probabilmente il più grande difetto di Wolfenstein: Youngblood, l’intelligenza artificiale.

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L’IA nemica alcune volte si comporta in modo scandaloso, la ferocia dei colpi viene bilanciata da una scarsa intelligenza che ci farà sentire di star sparando a manichini. Spesso e volentieri l’IA nemica si volterà o guarderà le pareti anche nel mezzo di una battaglia e altre volte si fermerà davanti a una porta e ci consentirà di sparargli dall’altro lato senza rispondere. Ma la nostra compagna non sarà esente dalla deficienza artificiale: tante volte siamo stati in fin di vita e, nel tentativo di chiedere aiuto, abbiamo trovato l’IA alleata completamente immobile soggetta a una pioggia di colpi nemici, causandoci più di un game over.

Proprio per questa ragione non possiamo che consigliare di dedicarvi all’intera esperienza in modalità cooperativa online, la quale presenta un fortissimo netcode che mai, neanche in sessioni da più di un’ora, darà problemi di lag o connettività in generale. A tal proposito, fin dall’avvio, abbiamo temuto che l’accesso alle lobby online potesse comportarsi come accade in Shadow Warrior 2, senza alcuna restrizione o blocco sui livelli. Per fortuna, giocando online a Wolfenstein: Youngblood e unendosi a una partita casuale già avviata vi ritroverete sempre e comunque nelle stesse aree di gioco del vostro personaggio e accompagnati da giocatori del vostro stesso livello o giù di lì. Peccato segnalare l’impossibilità di comunicare con l’alleato se non via party su PlayStation 4; la chat vocale non è ottimizzata e non vi sono sticker o gesti.

Ammazzare con stile

Veniamo all’aspetto grafico di Wolfenstein: Youngblood, che ripropone lo stesso engine di Wolfenstein II. Nonostante non sia eccellente in quanto a volti ed espressioni facciali – buone, sì, ma c’è di meglio – è tutto il resto a brillare di luce propria. A cominciare dalle mappe ben realizzate e dai dettagli dell’ambiente studiati in ogni minimo dettaglio, che rispettano l’universo alternativo di Wolfenstein. Basti pensare all’alta tecnologia cibernetica implementata nei soldati, controbilanciata da schermi dei computer a tubo catodico, videocassette e floppy sparsi qua e là. Un ottimo modo di raccontare l’evoluzione di una nazione concentrata solo sul fronte bellico.

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Nota di merito va, come già evidenziato nelle recensioni degli altri titoli della serie, alla possibilità di esplorare parte dell’ambiente senza che essa serva effettivamente a qualcosa nel gioco. C’è, è dettagliatissima e puoi esplorarla, anche se non c’è nulla da fare lì, un po’ alla The Last Of Us o alla Max Payne 3 (ma senza esagerare). L’ultima creazione di MachineGames però perde punti in alcune aree del gioco. In particolar modo ci riferiamo al level design degli interni, forse un po’ troppo lineare a causa di una simmetria forzata e ad alcune zone specifiche, come le torri; da queste è possibile scorgere gli esterni e, purtroppo, ammirare un modello senza texture di Parigi con tanto di fine dello sky box in vista. Un pugno in un occhio. Per quanto riguarda il comparto sonoro non c’è molto da segnalare. Delle musiche, tolte le tracce per il menù principale, gli effetti di level up o di missione completata, non ve n’è traccia. Degno di menzione è solo il doppiaggio in italiano, ben curato e credibile.

Trofeisticamente parlando: la dura vita del collezionista

Wolfenstein: Youngblood presenta la bellezza di sessantuno trofei, cinquantaquattro di bronzo, cinque d’argento e uno d’oro che condurranno a un Platino molto sporco di sangue nazista. Riassumendo, bisognerà completare la breve storia e le tante quest secondarie, trovare tutte le videocassette, gli occhiali 3D e le casse rosse e raggiungere il livello di maestria massimo con tutte le armi. Un’operazione non troppo complicata, considerando l’abilità di livello 30 che permette di scovare facilmente tutti i collezionabili, ma che farà ripetere più e più volte le stesse aree di gioco, portando un’esperienza narrativa di sole dieci ore a un’avventura di una quarantina di ore circa. Leggete la nostra guida ai trofei per saperne di più!

VERDETTO

Wolfenstein: Youngblood è un FPS formidabile nonostante sia solo uno spin-off della saga. La componente narrativa, pur con qualche colpo di scena gradito, non è certo il fulcro del gioco, che scatena la sua vera essenza nel gameplay. Questo è fluido, immediato e appagante ai livelli delle scorse iterazioni, anche se riconosciamo che, essendo interamente in cooperativa, e quindi studiato per essere un'esperienza prettamente online, seppur godibilissima anche in singolo, l'offerta potrebbe far storcere il naso ai puristi, anche a causa della deriva RPG. Non si tratta del miglior Wolfenstein in circolazione, ma di sicuro è un gioco originale e da non farsi sfuggire.

Guida ai Voti

Andrea Letizia
Cresciuto a pane, Kamehameha e Crash Bandicoot, inglesizzato grazie a Kingdom Hearts. Grande amante degli action RPG e dei platform, dei cani e del wrestling.

2 Commenti

  1. […] Boom notevole, e forse anche un po’ inaspettato, per la new entry Fire Emblem: Three Houses, che guadagna la vetta della classifica settimanale. Seguono il bestseller Grand Theft Auto V, tornato in auge ancor più di prima grazie all’apertura del casinò, e il fenomeno dell’estate Crash Team Racing. Da segnalare infine il bel balzo in avanti di Days Gone e l’entrata in classifica, per la verità non molto entusiasmante, di Wolfenstein: Youngblood. […]

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